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designato
in
sostituzione
che
ne
fa
richiesta
è
dato
un
termine
congruo,
di
norma
non
inferiore
a
tre
giorni,
per
prendere
cognizione
degli
atti
e
per
informarsi
sui
fatti
oggetto
del
procedimento.
Indubbiamente
l'enunciazione
contenuta
nell'articolo,
con
la
elencazione
di
quattro
fattispecie
precise
(rinuncia,
revoca,
incompatibilità
e
abbandono
della
difesa),
ha
formalmente
tutti
i
caratteri
tipici
delle
enunciazioni
tassative.
Tuttavia
è
necessario
domandarsi
se
vi
sia
una
ratio
comune
a
queste
ipotesi
e
perché
non
figuri
accanto
ad
esse
quella
ipotesi
dell'assenza
(per
mancata
comparizione
o
per
non
reperibilità),
che
il
legislatore
ha
disciplinato
per
varie
altre
conseguenze
e
a
fianco
della
quale,
fra
l'altro,
nell'art.
97,
comma
4,
tra
i
presupposti
della
designazione
di
un
sostituto
d'ufficio
figura
proprio
l'abbandono
della
difesa.
E'
facile
avvedersi
della
ratio
comune
alle
quattro
ipotesi
contemplate
nell'art.
108
se
si
pensa
che
in
ognuna
di
esse
l'imputato
rimane
privo
di
difensore.
Nei
casi
di
rinuncia,
di
revoca
o
di
incompatibilità
del
difensore
la
privazione
è
definitiva,
mentre
nel
caso
dell'abbandono
la
privazione
può
essere
temporanea,
tanto
che
il
difensore
che
abbia
abbandonato
la
difesa
dell'imputato
può
riprendere
il
proprio
ruolo
ogniqualvolta
ricompaia.
Ma
ciò
non
basta
per
assimilare
la
semplice
assenza
non
motivata
all'abbandono
perché
in
quest'ultimo
vi
è
sempre
qualche
elemento,
anche
se
non
formale,
di
certezza,
che
permette
di
asserire
che
l'imputato
è
rimasto
privo
di
difensore,
e
ciò
anche
se
in
alcune
fattispecie
concrete
tale
privazione
può
rivelarsi
come
solamente
temporanea.
L'abbandono,
considerato
anche
come
illecito,
è
comunque
un
istituto
per
il
quale
(così
come
per
il
rifiuto
di
assumere
la
difesa
di
ufficio)
è
dettata
dall'art.
105
una
apposita
disciplina,
la
quale
investe
anche
i
motivi
dell'abbandono
e
dà
con
questo
a
tale
fattispecie
una
sua
configurazione
del
tutto
particolare.
Nel
dettare
la
disciplina
generale
per
il
termine
a
difesa,
la
legge
ha
preferito
collocare
l'abbandono
accanto
alla
rinuncia,
alla
revoca,
all'incompatibilità
proprio
per
questo
comune
risultato
che
in
tutte
si
verifica
di
lasciare
l'imputato
privo
di
difensore,
e
dare
così
la
prevalenza
a
questo
carattere
rispetto
a
quei
caratteri
che
l'abbandono
ha
invece
in
comune
con
l'assenza
e
che
si
riducono,
in
definitiva,
alla
possibilità
di
riassumere
in
ogni
momento
l'effettività
della
difesa
senza
bisogno
di
alcuna
nuova
nomina
o
d'altra
formalità.
La
semplice
assenza
è
invece
una
ipotesi
molto
diversa,
che
può
risalire
ai
più
diversi
motivi
ed
essere
espressiva
di
situazioni
assai
diverse
tra
loro:
può
essere
dovuta
ad
un
impedimento
improvviso
non
potuto
comunicare
né
all'imputato
né
al
magistrato
procedente,
può
essere
dovuta
ad
un
semplice
ritardo,
può
essere
espressione
di
una
scelta
deliberata
nel
quadro
di
una
strategia
difensiva,
e
perfino
di
una
strategia
comunicata
all'imputato
o
ad
altri
difensori.
Di
essa
non
si
può
dire,
come
per
le
fattispecie
espressamente
contemplate
nell'art.108,
che
privi
l'imputato
della
difesa
né
che
si
formalizzi
in
modo
analogo
a
quello
proprio
delle
fattispecie
suddette.
La
Corte
di
cassazione,
anche
con
una
sentenza
delle
Sezioni
unite
(11
novembre-‐19
dicembre
1994,
Nicoletti),
ha
avuto
modo
di
precisare
che
nelle
situazioni
che
di
per
sé
non
comportano
la
revoca
del
mandato
per
il
difensore
di
fiducia
o
la
dispensa
dall'incarico
per
il
difensore
d'ufficio
(situazioni
alle
quali
la
legge
sopperisce
a'
sensi
dell'art.
97,
comma
4,
con
la
designazione
di
un
sostituto),
"il
titolare
dell'ufficio
di
difesa
rimane
sempre
l'originario
difensore
designato,
il
quale,
cessata
la
situazione
che
alla
sostituzione
ha
dato
causa,
può
riprendere
immediatamente
il
suo
ruolo
e
ricominciare
le
sue
funzioni,
non
richiedendo
la
legge,
proprio
per
la
immutabilità
della
difesa
e
per
l'automatismo
della
reintegrazione,
comunicazioni
o
preavvisi
di
sorta".
Per
questo
il
legislatore
ha
ritenuto
(eccezion
fatta
per
l'assenza
in
dibattimento
motivata
50