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coraggiose
di
radicamento
dell'affettività
e
delle
relazioni
di
cura
per
i
minori
credo
possano
essere
l'esempio
migliore
che
la
politica,
trovando
accordo
appunto
al
proprio
interno,
possa
dare.
GIOVANNI
CARLO
FRANCESCO
MOTTOLA.
Signor
Presidente,
sottosegretari,
colleghi,
nel
nostro
ordinamento
è
stata
introdotta,
il
1o
dicembre
1970,
con
la
legge
n. 898,
la
possibilità
di
divorziare.
Nel
1974
il
popolo
italiano
ha
scelto
di
mantenere
questa
norma.
Hanno
partecipato
alla
consultazione
referendaria
l'87,7
per
cento
degli
aventi
diritto
(quindi
un
numero
assolutamente
molto
rilevante)
e
la
proposta
referendaria
è
stata
bocciata
con
il
59,3
per
cento
dei
consensi,
rispetto
al
40,7
per
cento
di
favorevoli.
Un
risultato,
quindi,
che
conferma
che
già
una
quarantina
d'anni
fa
il
popolo
italiano
era
favorevole
senza
ombra
di
dubbio
all'esistenza
nel
nostro
ordinamento
della
normativa
sul
divorzio.
Nel
1987
il
Parlamento
ha
ridotto
da
cinque
a
tre
anni
il
tempo
previsto
per
poter
introdurre,
dopo
la
pronuncia
di
separazione,
la
domanda
di
divorzio.
Già
nel
2003
questa
Camera
aveva
affrontato
la
tematica
di
una
contrazione
di
tale
termine,
ritenendo
di
non
poter
accogliere
la
proposta
di
legge
che
portava
da
tre
anni
a
un
anno
il
termine
per
ottenere
il
divorzio.
Anche
nella
scorsa
legislatura
la
Commissione
giustizia
aveva
approvato
un
testo
per
ridurre
tale
termine,
senza
però
giungere
ad
un'approvazione
da
parte
dell'Aula.
Oggi,
nuovamente,
la
Camera
dei
deputati
è
chiamata
ad
esaminare
un
testo
unificato
che
prevede,
attraverso
un
intervento
mediatorio,
sul
quale
si
sono
spesi
in
molti,
di
ridurre
a
dodici
mesi
la
durata
del
periodo
di
separazione
ininterrotta
dei
coniugi
che
legittima
la
domanda
di
divorzio.
Il
testo,
inoltre,
riduce
a
sei
mesi
il
periodo
di
separazione
ininterrotta
dei
coniugi
che
permette
la
proposizione
della
domanda
di
divorzio
nel
caso
in
cui
la
separazione
non
sia
giudiziale
ma
consensuale.
Questa
normativa
si
inserisce
in
un
quadro
statistico
che
è
profondamente
cambiato
nel
panorama
nazionale.
È
bene
ricordare,
infatti,
che
nel
1971,
anno
immediatamente
successivo
all'entrata
in
vigore
della
legge
sul
divorzio,
in
Italia
sono
stati
celebrati
415.478
matrimoni;
il
numero
dei
matrimoni
è
andato
progressivamente
calando:
nel
1980
erano
già
323
mila;
nel
1999,
275
mila
circa;
nell'anno
2010
sono
scesi
a
217
mila.
Nel
2012
sono
stati
celebrati
in
Italia
207.138
matrimoni
(3,5
ogni
mille
abitanti),
2.308
in
più
rispetto
al
2011.
Questo
lieve
aumento
si
inserisce
in
una
tendenza
alla
diminuzione
dei
matrimoni
in
atto
dal
1972.
In
particolare,
negli
ultimi
vent'anni
il
calo
annuo
è
stato
in
media
dell'1,2
per
cento,
mentre
dal
2008
al
2011
si
sono
avute
oltre
45
mila
celebrazioni
in
meno;
in
termini
relativi
meno
4,8
per
cento
annuo
tra
il
2007
e
il
2011.
L'aumento
del
numero
delle
nozze
rispetto
al
2011
è
dovuto
alla
ripresa
dei
matrimoni
in
cui
uno
o
entrambi
è
di
cittadinanza
straniera.
Nel
2012
sono
state
celebrate
30.724
nozze
di
questo
tipo,
pari
al
15
per
cento
del
totale,
oltre
4
mila
in
più
rispetto
al
2011,
ma
ancora
inferiore
di
oltre
6
mila
rispetto
al
picco
massimo
del
2008.
I
matrimoni
misti
con
un
coniuge
italiano
e
l'altro
straniero
sono
stati
20.764
nel
2012
e
rappresentano
la
tipologia
prevalente:
68
per
cento
dei
matrimoni
con
almeno
uno
sposo
straniero.
Diminuiscono
ancora,
invece,
le
prime
nozze
tra
sposi
entrambi
di
cittadinanza
italiana,
che
sono
state
153
mila
nel
2012
e
negli
ultimi
cinque
anni
il
loro
numero
è
diminuito
di
oltre
39
mila
unità.
Questa
diminuzione
spiega
da
sola
il
91
per
cento
del
calo
totale
dei
matrimoni
nel
periodo
dal
2008
al
2012.
I
secondi
matrimoni
calano
da
34
mila
del
2008
a
32
mila
del
2012;
la
loro
quota
sul
totale
è
tuttavia
in
crescita,
dal
13,8
per
cento
del
2008
al
15,7
del
2012.
Nel
2012
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