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Tale
notevole
lasso
temporale
fra
separazione
e
divorzio
è
un
altro
tema
laico
che
fonda
un
drammatico
distacco,
tra
l'altro,
dagli
altri
Paesi
europei.
Ricordiamo
che
la
coesistenza
nello
stesso
ordinamento
dell'istituto
della
separazione
quale
presupposto
per
la
cessazione
degli
effetti
civili
del
matrimonio
–
il
divorzio
–
costituisce
un'eccezione
nello
scenario
normativo
europeo.
Questo
dualismo
è
presente
solo
in
Italia,
in
Irlanda
del
Nord
e
a
Malta.
La
gran
parte
degli
Stati
esteri
non
prevede
questa
duplicazione
dei
procedimenti
ma
solo
il
divorzio.
In
Finlandia,
in
Svezia,
in
Austria
il
dualismo
separazione-‐divorzio
non
esiste
proprio.
In
altri
Stati,
quali
la
Francia,
la
Germania,
la
Spagna
la
separazione,
pur
sopravvivendo
quale
istituto
giuridico,
non
costituisce
condizione
essenziale
per
richiedere
lo
scioglimento
definitivo
del
vincolo
matrimoniale.
La
separazione
si
sostanzia,
infatti,
in
una
mera
enunciazione
della
volontà
di
addivenire
al
divorzio.
La
necessità
di
una
rivisitazione
complessiva
dell'istituto
del
divorzio
in
Italia,
reso
farraginoso
soprattutto
dalle
sue
preclusioni
temporali
e
i
suoi
vincoli
procedurali,
in
primis
l'avvenuta
dichiarazione
della
separazione,
è
manifestata
inequivocabilmente
dal
gran
numero
di
coniugi
italiani
che
sempre
più
spesso
si
recano
all'estero
per
ottenere
in
tempi
brevi
lo
scioglimento
del
matrimonio,
applicando
la
normativa
più
favorevole
di
alcuni
Stati
dell'Unione
europea.
Tale
fenomeno
di
«forum
shopping»
o
viaggio
della
speranza
per
un
divorzio
breve
viene
legittimato
in
forza
della
facoltà
garantita
dal
regolamento
della
comunità
europea
n. 44
del
2001
del
Consiglio,
in
applicazione
del
quale
si
assiste
ad
un
flusso
di
coniugi
che
intendono
dividere
il
proprio
cammino
di
vita
scegliendo
di
recarsi
all'estero,
in
Spagna,
in
Bulgaria,
in
Romania,
per
ottenere,
in
un
massimo
di
sei
mesi,
un
più
rapido
e
meno
traumatico
scioglimento
del
matrimonio.
In
alcuni
altri
ordinamenti,
quali
ad
esempio
la
Francia,
il
Portogallo,
la
Svezia,
in
caso
di
divorzio
consensuale
e
in
assenza
di
figli
minori
si
ottiene
lo
scioglimento
del
vincolo
coniugale
senza
nemmeno
la
presenza
del
giudice.
Sebbene
anche
nell'ordinamento
italiano
da
qualche
mese
sia
consentito
ad
alcune
condizioni
separarsi
o
divorziare
consensualmente
dinnanzi
al
sindaco
e
al
segretario
comunale
del
proprio
comune
di
residenza,
anche
senza
l'assistenza
di
un
legale
e
senza
l'intervento
del
giudice,
resta
il
requisito
temporale
dei
tre
anni
per
la
definitiva
cessazione
degli
effetti
civili
del
matrimonio.
La
proposta
oggi
in
esame
costituisce,
quindi,
una
legge
da
lungo
tempo
attesa
e
offre
un
concreto
adeguamento
all'attuale
realtà
sociale
italiana,
avvicinandoci
al
contesto
divorzile
del
panorama
europeo.
La
norma
ha
sicuramente
più
pregi
che
difetti.
Tale
proposta
incide
solo
sui
tempi
della
separazione,
abbreviandoli,
senza
modificare
in
alcun
modo
la
competenza
del
giudice,
che
rimane
invariata.
Nel
corso
dell'iter
legislativo
della
proposta,
è
stata
raggiunta
un'ampia
intesa
per
la
formulazione
del
testo
base,
che
è
stata
sorretta
per
la
sua
approvazione
da
una
maggioranza
trasversale.
Vengono,
infatti,
ridotti
i
termini
per
chiedere
il
divorzio
da
tre
anni
a
12
mesi
in
caso
di
disaccordo
delle
parti
e
di
sei
mesi
in
caso
di
consenso
di
entrambi
i
coniugi.
Il
dimezzamento
dei
termini
da
dodici
a
sei
mesi
in
caso
di
consenso
delle
parti
rappresenta
un
notevole
incentivo
alla
composizione
transattiva
delle
rispettive
richieste,
con
gli
immaginabili
connessi
vantaggi
sul
piano
emozionale,
affettivo
e
quello
relativo
ai
rapporti
con
i
figli
minori.
Poiché
le
riconciliazioni
dei
coniugi
separati
–
come
ricordato
poc'anzi
–
sono
statisticamente
rarissime,
i
cittadini
avranno
modo
di
separarsi
consensualmente
in
un
termine
molto
più
breve
di
quello
attualmente
previsto.
Siamo
sicuri
che
la
previsione
premiale
dei
sei
mesi,
prevista
per
i
procedimenti
consensuali,
otterrà
anche
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