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fine
di
conflitti
e
disagi
non
utili
alla
salvaguardia
della
vita
delle
persone
coinvolte.
Ribadisco
la
mia
personale
convinzione
che
si
tratti
di
una
norma
utile
e
necessaria,
che
completa
la
riforma
della
legislazione
sul
divorzio.
Sono
convinta
che
quantomeno
la
maggioranza
di
quest'Aula
sia
su
questa
linea,
in
considerazione
della
responsabilità
che
abbiamo
come
legislatori,
attenti
alle
istanze
sociali
e
ai
principi
costituzionali
sottesi
al
nostro
vivere
civile.
Ciò
nonostante,
conscia
del
fatto
che
questo
voto
giunge
alla
fine
di
un
percorso,
che
ha
visto
sostanziali
modifiche
del
testo
iniziale
nel
suo
passaggio
anche
al
Senato,
e
consapevole
anche
della
delicatezza
di
queste
tematiche
e
delle
diverse
sensibilità
esistenti
in
merito,
dico
che
su
questi
argomenti
è
naturale
e
dovuto
il
richiamo
alla
libertà
di
coscienza.
Con
questo
dichiaro
il
voto
favorevole
del
gruppo
di
Area
Popolare
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
Area
Popolare
(NCD-‐ UDC)).
LUCA
D'ALESSANDRO.
Signora
Presidente,
onorevoli
colleghi,
è
la
volta
buona,
finalmente
ci
siamo:
oggi
arriva
a
compimento
un
percorso
lungo
quasi
trent'anni.
Tanto,
infatti,
è
passato
da
quando
il
Parlamento
approvò
l'ultimo
intervento
degno
di
nota
in
tema
di
divorzio,
riducendo
da
cinque
a
tre
gli
anni
di
separazione
necessari
per
poter
ottenere
lo
scioglimento
degli
effetti
civili
del
matrimonio.
Se
poi
andiamo
ancora
più
a
fondo
e
partiamo
da
quando
questo
tortuoso
cammino
ha
avuto
inizio,
vediamo
che
c’è
voluto
quasi
mezzo
secolo
per
trasformare
l'Italia
da
Paese
arretrato
sotto
il
profilo
dei
temi
etici
a
Paese
che
si
sta
pian
piano
risvegliando:
oggi
con
il
divorzio
(primo
straordinario
e
necessario
passo),
domani
con
le
unioni
civili
e
con
altre
questioni
che
sono
care
ai
nostri
cittadini
molto
più
di
quei
temi
che,
invece,
riempiono
le
pagine
dei
giornali,
i
talk
show
e
ogni
genere
di
trasmissione
televisiva.
Come
detto,
l'istituto
del
divorzio
vede
la
luce
nel
nostro
ordinamento
il
1o
dicembre
1970,
con
la
legge
n. 898.
Pochi
anni
dopo,
nel
1974,
gli
italiani,
per
mezzo
di
un
referendum,
hanno
deciso
di
mantenere
in
vigore
questa
norma.
Non
può
essere
sottovalutato,
specialmente
in
questa
sede,
il
fatto
che
si
trattò
del
primo
referendum
abrogativo
della
storia
repubblicana,
che
tra
l'altro
ha
raggiunto
il
quorum
più
alto
dei
votanti.
Il
risultato
ottenuto
nel
referendum
del
1974,
considerata
l'ampia
partecipazione
popolare,
sancì
la
vittoria
di
una
grande
battaglia
di
civiltà
che
mostrò
senza
ombra
di
dubbio
la
volontà
da
parte
dei
cittadini
italiani
di
vedere
riconosciuto
il
divorzio
come
un
vero
e
proprio
diritto.
Successivamente,
nel
1987,
è
stata
modificata
non
solo
la
parte
della
legge
che
regola
la
solidarietà
coniugale,
ma
anche
quella
relativa
al
periodo
di
separazione,
riducendo
da
cinque
a
tre
anni
il
tempo
previsto
per
poter
introdurre,
dopo
la
pronuncia
di
separazione,
la
domanda
di
divorzio.
Già
nel
2003
questa
Camera
aveva
affrontato,
senza
successo,
la
tematica
di
una
ulteriore
contrazione
di
tale
termine.
Anche
nella
scorsa
legislatura
la
Commissione
giustizia
aveva
approvato
un
testo
per
ridurre
tale
termine,
senza
però
giungere
ad
un'approvazione
da
parte
dell'Aula.
In
queste
occasioni,
abbiamo
assistito
non
ad
un
dibattito
parlamentare
chiaro,
franco
e
aperto,
stante
l'ampia
maggioranza
che
avrebbe
sostenuto
la
riforma
in
sede
di
votazione,
ma
a
mezzi
e
mezzucci
che
hanno
avuto
come
solo
scopo,
purtroppo
andato
a
segno,
quello
di
insabbiare
la
legge
nei
meandri
del
Parlamento,
facendola
sparire
dall'ordine
del
giorno,
senza
possibilità
di
vederla
approdare
in
Aula.
Oggi,
finalmente,
la
Camera
dei
deputati
è
chiamata
a
mettere
la
parola
fine
a
questo
percorso
ad
ostacoli.
Non
senza
qualche
difficoltà
e
isolato
tentativo
di
ostracismo,
frutto
dei
soliti
metodi
di
un
passato
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