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a
tutto
il
Parlamento
su
cosa
dovrebbe
e
potrebbe
fare
questo
Parlamento,
io
dichiaro
il
voto
favorevole
del
MoVimento
5
Stelle
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
MoVimento
5
Stelle).
MICHELA
MARZANO.
Grazie,
signora
Presidente.
Colleghe,
colleghi,
rappresentanti
del
Governo,
finalmente
ci
siamo:
oggi
anche
in
Italia
i
tempi
per
ottenere
il
divorzio
si
accorciano
notevolmente,
e
votiamo
oggi
una
norma
per
la
quale
sono
stati
necessari
ben
dodici
anni,
visto
che
è
nel
2003
che
fu
presentato
per
la
prima
volta
un
progetto
di
legge
per
arrivare
al
divorzio
breve.
Certo,
le
cose
si
sarebbero
potute
fare
meglio
e
adeguare,
ad
esempio,
la
legislazione
italiana
a
quella
di
tanti
altri
Paesi
europei
in
cui
per
chiedere
il
divorzio
non
è
necessario
passare
per
la
fase
della
separazione.
Difficile
però
fare
meglio
in
un
contesto
ideologico
e
culturale
come
il
nostro,
in
un
contesto
nel
quale
ancora
esistono
troppi
pregiudizi,
troppe
arretratezze,
troppe
chiusure,
al
punto
da
presentare
queste
modifiche,
le
modifiche
che
stiamo
per
votare
oggi,
come
una
prova
del
fatto
che
saremmo
ormai
in
una
società
priva
di
valori,
che
saremmo
ormai
in
una
società
in
cui
si
sarebbe
perso
il
senso
della
responsabilità,
che
saremmo
ormai
in
una
società
ludica,
una
società
in
cui
tutto
si
fa
e
in
cui
tutto
si
disfa
senza
problemi,
come
se
si
trattasse
di
un
gioco.
Ecco
allora
che
questa
norma
è
stata
definita
come
la
norma
del
divorzio
brevissimo,
del
divorzio
lampo,
del
divorzio
istantaneo.
Ecco
che
è
stata
presentata
come
la
norma
che
avrebbe
trasformato
il
matrimonio
in
un
matrimonio
usa
e
getta.
Ma
è
di
questo
che
si
tratta ?
Ovviamente
no,
signora
Presidente.
Ovviamente
non
si
tratta
né
di
una
norma
immorale
né
di
una
norma
nemmeno
rivoluzionaria.
Si
tratta
semplicemente
di
una
norma
di
senso
comune,
e
quando
dico
norma
di
senso
comune
faccio
riferimento
alla
tradizione
filosofica
anglosassone,
quella
che
affonda
le
radici
nel
XVII
e
nel
XVIII
secolo:
una
norma
di
common
sense.
In
che
senso ?
Perché
si
tratta
semplicemente
di
una
norma
di
common
sense ?
Perché
si
tratta
di
adeguare
la
legislazione
non
ai
cambiamenti
della
società
contemporanea
–
e
questo
ci
tengo
a
ripeterlo
–,
si
tratta
semplicemente
di
adeguare
la
legislazione
alla
realtà,
alla
complessità
della
realtà,
alla
realtà
nel
senso
antologico
del
termine.
Ovviamente
nessuno
ha
intenzione
di
picconare
la
famiglia,
di
distruggerla,
di
metterla
in
discussione,
si
tratta
semplicemente
di
non
illudersi
e
di
non
immaginare
che
la
famiglia
possa
tenere,
cioè
possa
durare,
possa
trascinarsi
semplicemente
perché
la
legge
imponga
di
temporeggiare
a
chi,
dopo
aver
già
preso
atto
della
fine
di
una
relazione,
decide
semplicemente
di
mettere
un
punto
e
di
andare
a
capo.
Naturalmente
sul
«semplicemente»
vorrei
anche
tornare,
perché
le
cose
non
sono
mai
così
semplici,
data
appunto
la
complessità
della
realtà.
Dicevo:
una
norma
di
common
sense
per
adeguarsi
alla
realtà
e
alla
complessità
della
realtà.
E
cos’è
che
ci
dice
la
realtà ?
Ci
dice
che
una
storia,
una
storia
d'amore
può
finire,
finisce
talvolta,
è
così.
È
triste
ma
è
la
vita.
Quando
dico
che
è
la
vita
non
mi
riferisco
alla
vita
oggi,
mi
riferisco
alla
vita
sempre,
perché
la
vita,
che
lo
si
voglia
o
no
è
caratterizzata
dal
movimento,
dall'incessante
movimento,
a
meno
che
non
ci
si
illuda
di
paralizzarsi
in
un
immobilismo
mortifero.
Una
storia,
signora
Presidente,
può
finire,
talvolta
finisce.
È
triste,
ma
è
così,
perché
la
realtà
è
sempre
e
comunque
più
complessa
della
semplice
teoria.
La
realtà
è
impastata
di
sfumature,
la
realtà
è
fatta
di
contraddizioni,
la
realtà
è
fatta
di
una
parola
che
balbetta.
Ce
lo
ricorda
un
grande
psicanalista,
Jacques
Lacan,
quando
dice
che
la
verità
dell'uomo
emerge
proprio
laddove
il
discorso
comincia
a
balbettare.
È
lì
che
emerge,
è
lì
che
si
incarna,
è
lì
che
si
manifesta
in
tutta
la
sua
difficoltà
e
in
tutta
la
sua
intrinseca
contraddizione.
Ma
ritorno.
Una
storia,
dicevo,
può
finire,
finisce.
È
triste,
certo,
ma
non
è
un
dramma.
Non
è
un
dramma,
come
hanno
tendenza
a
dire
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