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che
la
procedura
prevista
dalla
Convenzione
non
si
presta
sempre
ad
un’applicazione
rigorosa
del
principio
affirmanti
incumbit
probatio
(l’onere
della
prova
spetta
a
colui
che
afferma)
in
quanto,
inevitabilmente,
il
governo
convenuto
è
talvolta
l’unico
ad
avere
accesso
alle
informazioni
che
possono
confermare
o
infirmare
le
affermazioni
del
ricorrente
(Khoudoyorov
c.
Russia,
n.
6847/02,
§
113,
CEDU
2005-‐X
(estratti);
e
Benediktov
c.
Russia,
n.
106/02,
§
34,
10
maggio
2007;
Brânduşe
c.
Romania,
n.
6586/03,
§
48,
7
aprile
2009;
Ananyev
e
altri
c.
Russia,
sopra
citata,
§
123).
Ne
consegue
che
il
semplice
fatto
che
la
versione
del
Governo
contraddica
quella
fornita
dal
ricorrente
non
può,
in
mancanza
di
un
qualsiasi
documento
o
spiegazione
pertinenti
da
parte
del
Governo,
indurre
la
Corte
a
rigettare
le
affermazioni
dell’interessato
come
non
provate
(Ogică
c.
Romania,
n.
24708/03,
§
43,
27
maggio
2010).
73.
Pertanto,
poiché
il
Governo
non
ha
presentato
alla
Corte
informazioni
pertinenti
idonee
a
giustificare
le
sue
affermazioni,
la
Corte
esaminerà
la
questione
delle
condizioni
detentive
dei
ricorrenti
sulla
base
delle
affermazioni
degli
interessati
e
alla
luce
di
tutte
quante
le
informazioni
in
suo
possesso.
74.
Al
riguardo,
essa
nota
che
le
versioni
dei
ricorrenti
detenuti
a
Piacenza
sono
unanimi
quanto
alle
dimensioni
delle
loro
celle.
Inoltre,
la
circostanza
che
la
maggior
parte
dei
locali
di
detenzione
di
quell’istituto
misuri
9
mq
è
confermata
dalle
ordinanze
del
magistrato
di
sorveglianza
di
Reggio
Emilia
(paragrafo
11
supra).
Quanto
al
numero
di
persone
ospitate
nelle
celle,
il
Governo
non
ha
presentato
alcun
documento
pertinente
estratto
dai
registri
del
carcere,
nonostante
sia
l’unico
ad
avere
accesso
a
questo
tipo
d’informazioni,
pur
riconoscendo
che
la
situazione
di
sovraffollamento
nel
carcere
di
Piacenza
ha
reso
necessario
il
collocamento
di
una
terza
persona
in
alcune
celle
dell’istituto.
75.
In
mancanza
di
documenti
che
dimostrino
il
contrario
e
tenuto
conto
della
situazione
di
sovraffollamento
generalizzato
nel
carcere
di
Piacenza,
la
Corte
non
ha
alcun
motivo
di
dubitare
delle
affermazioni
dei
sigg.
Sela,
Ghisoni,
Hajjoubi
e
Haili,
secondo
le
quali
essi
hanno
diviso
le
celle
con
altre
due
persone,
disponendo
così,
proprio
come
i
sigg.
Torreggiani,
Bamba
e
Biondi
(si
veda
il
paragrafo
70
supra),
di
uno
spazio
vitale
individuale
di
3
mq.
Essa
osserva
che
tale
spazio
era
peraltro
ulteriormente
ridotto
dalla
presenza
di
mobilio
nelle
celle.
76.
Alla
luce
di
quanto
precede,
la
Corte
ritiene
che
i
ricorrenti
non
abbiano
beneficiato
di
uno
spazio
vitale
conforme
ai
criteri
da
essa
ritenuti
accettabili
con
la
sua
giurisprudenza.
Essa
desidera
rammentare
ancora
una
volta
in
questo
contesto
che
la
norma
in
materia
di
spazio
abitabile
nelle
celle
collettive
raccomandata
dal
CPT
è
di
quattro
metri
quadrati
(Ananyev
e
altri,
sopra
citata,
§§
144
e
145).
77.
La
Corte
osserva
poi
che
la
grave
mancanza
di
spazio
sperimentata
dai
sette
ricorrenti
per
periodi
variabili
dai
quattordici
ai
cinquantaquattro
mesi
(paragrafi
6
e
7
supra),
costitutiva
di
per
sé
di
un
trattamento
contrario
alla
Convenzione,
sembra
essere
stata
ulteriormente
aggravata
da
altri
trattamenti
denunciati
dagli
interessati.
La
mancanza
di
acqua
calda
nei
due
istituti
per
lunghi
periodi,
ammessa
dal
Governo,
nonché
l’illuminazione
e
la
ventilazione
insufficienti
nelle
celle
del
carcere
di
Piacenza,
sulle
quali
il
Governo
non
si
è
espresso,
non
hanno
mancato
di
causare
nei
ricorrenti
un’ulteriore
sofferenza,
benché
non
costituiscano
di
per
sé
un
trattamento
inumano
e
degradante.
78.
Anche
se
la
Corte
ammette
che
nel
caso
di
specie
niente
suggerisce
che
vi
sia
stata
intenzione
di
umiliare
o
di
degradare
i
ricorrenti,
l’assenza
di
un
tale
scopo
non
può
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