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violazione
alle
quali
i
ricorsi
in
questione
potrebbero
dare
luogo
(Maria
Atanasiu
e
altri
c.
Romania,
nn.
30767/05
e
33800/06,
§§
217-‐218,
12
ottobre
2010).
Essa
sottolinea
anche
il
bisogno
urgente
di
offrire
alle
persone
interessate
una
riparazione
appropriata
su
scala
nazionale
(Bourdov
(n.
2),
sopra
citata,
§§
129-‐130).
b)
Misure
di
carattere
generale
91.
La
Corte
rammenta
che
le
sue
sentenze
hanno
carattere
essenzialmente
declaratorio
e
che,
in
linea
di
principio,
spetta
allo
Stato
convenuto
scegliere,
sotto
il
controllo
del
Comitato
dei
Ministri,
i
mezzi
per
assolvere
il
suo
obbligo
giuridico
riguardo
all’articolo
46
della
Convenzione
(Scozzari
e
Giunta,
sopra
citata,
§
249).
92.
Essa
osserva
che,
recentemente,
lo
Stato
italiano
ha
adottato
misure
che
possono
contribuire
a
ridurre
il
fenomeno
del
sovraffollamento
negli
istituti
penitenziari
e
le
sue
conseguenze.
Essa
si
compiace
per
i
passi
compiuti
dalle
autorità
nazionali
e
non
può
far
altro
che
incoraggiare
lo
Stato
italiano
a
proseguire
gli
sforzi.
Tuttavia,
è
inevitabile
constatare
che,
nonostante
gli
sforzi
tanto
legislativi
quanto
logistici
intrapresi
dall’Italia
nel
2010,
il
tasso
nazionale
di
sovraffollamento
continuava
ad
essere
molto
elevato
nell’aprile
2012
(essendo
passato
dal
151%
nel
2010
al
148%
nel
2012).
La
Corte
osserva
che
questo
bilancio
moderato
è
tanto
più
preoccupante
in
quanto
il
piano
d’intervento
d’urgenza
elaborato
dalle
autorità
nazionali
ha
una
durata
limitata
nel
tempo,
dal
momento
che
la
fine
dei
lavori
di
costruzione
di
nuovi
istituti
penitenziari
è
prevista
per
la
fine
dell’anno
2012
e
le
disposizioni
in
materia
di
esecuzione
della
pena,
che
hanno
carattere
straordinario,
sono
applicabili
solo
fino
a
fine
2013
(paragrafo
27
supra).
93.
La
Corte
è
consapevole
della
necessità
di
sforzi
conseguenti
e
sostenuti
sul
lungo
periodo
per
risolvere
il
problema
strutturale
del
sovraffollamento
carcerario.
Tuttavia,
essa
rammenta
che,
stante
l’inviolabilità
del
diritto
tutelato
dall’articolo
3
della
Convenzione,
lo
Stato
è
tenuto
ad
organizzare
il
suo
sistema
penitenziario
in
modo
tale
che
la
dignità
dei
detenuti
sia
rispettata
(Mamedova
c.
Russia,
n.
7064/05,
§
63,
1°
giugno
2006).
94.
In
particolare,
quando
lo
Stato
non
è
in
grado
di
garantire
a
ciascun
detenuto
condizioni
detentive
conformi
all’articolo
3
della
Convenzione,
la
Corte
lo
esorta
ad
agire
in
modo
da
ridurre
il
numero
di
persone
incarcerate,
in
particolare
attraverso
una
maggiore
applicazione
di
misure
punitive
non
privative
della
libertà
(Norbert
Sikorski,
sopra
citata,
§
158)
e
una
riduzione
al
minimo
del
ricorso
alla
custodia
cautelare
in
carcere
(tra
l’altro,
Ananyev
e
altri,
sopra
citata,
§
197).A
quest’ultimo
riguardo,
la
Corte
è
colpita
dal
fatto
che
il
40%
circa
dei
detenuti
nelle
carceri
italiane
siano
persone
sottoposte
a
custodia
cautelare
in
attesa
di
giudizio
(paragrafo
29
supra).
95.
Non
spetta
alla
Corte
suggerire
agli
Stati
delle
disposizioni
riguardanti
le
loro
politiche
penali
e
l’organizzazione
del
loro
sistema
penitenziario.
Tali
processi
sollevano
un
certo
numero
di
questioni
complesse
di
ordine
giuridico
e
pratico
che,
in
linea
di
principio,
vanno
oltre
la
funzione
giudiziaria
della
Corte.
Tuttavia,
essa
desidera
rammentare
in
questo
contesto
le
raccomandazioni
del
Comitato
dei
Ministri
del
Consiglio
d’Europa
che
invitano
gli
Stati
ad
esortare
i
procuratori
e
i
giudici
a
ricorrere
il
più
possibile
alle
misure
alternative
alla
detenzione
e
a
riorientare
la
loro
politica
penale
verso
il
minimo
ricorso
alla
carcerazione
allo
scopo,
tra
l’altro,
di
risolvere
il
problema
della
crescita
della
popolazione
carceraria
(si
vedano,
in
particolare,
le
raccomandazioni
del
Comitato
dei
Ministri
Rec(99)22
e
Rec(2006)13).
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