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96.
Quanto
alla
o
alle
vie
di
ricorso
interne
da
adottare
per
far
fronte
al
problema
sistemico
riconosciuto
nella
presente
causa,
la
Corte
rammenta
che,
in
materia
di
condizioni
detentive,
i
rimedi
«preventivi»
e
quelli
di
natura
«compensativa»
devono
coesistere
in
modo
complementare.
Così,
quando
un
ricorrente
sia
detenuto
in
condizioni
contrarie
all’articolo
3
della
Convenzione,
la
migliore
riparazione
possibile
è
la
rapida
cessazione
della
violazione
del
diritto
a
non
subire
trattamenti
inumani
e
degradanti.
Inoltre,
chiunque
abbia
subito
una
detenzione
lesiva
della
propria
dignità
deve
potere
ottenere
una
riparazione
per
la
violazione
subita
(Benediktov
c.
Russia,
sopra
citata,
§
29;
e
Ananyev
e
altri,
sopra
citata,
§§
97-‐98
e
210-‐240).
97.
La
Corte
osserva
di
avere
constatato
che
il
solo
ricorso
indicato
dal
governo
convenuto
nelle
presenti
cause
che
possa
migliorare
le
condizioni
detentive
denunciate,
vale
a
dire
il
reclamo
rivolto
al
magistrato
di
sorveglianza
in
virtù
degli
articoli
35
e
69
della
legge
sull’ordinamento
penitenziario,
è
un
ricorso
accessibile,
ma
non
effettivo
nella
pratica,
dato
che
non
consente
di
porre
fine
rapidamente
alla
carcerazione
in
condizioni
contrarie
all’articolo
3
della
Convenzione
(paragrafo
55
supra).
D’altra
parte,
il
Governo
non
ha
dimostrato
l’esistenza
di
un
ricorso
in
grado
di
consentire
alle
persone
incarcerate
in
condizioni
lesive
della
loro
dignità
di
ottenere
una
qualsiasi
forma
di
riparazione
per
la
violazione
subita.
Al
riguardo,
essa
osserva
che
la
recente
giurisprudenza
che
attribuisce
al
magistrato
di
sorveglianza
il
potere
di
condannare
l’amministrazione
a
pagare
un
indennizzo
pecuniario
è
lungi
dal
costituire
una
prassi
consolidata
e
costante
delle
autorità
nazionali
(paragrafi
20-‐22
supra).
98.
La
Corte
non
deve
suggerire
quale
sarebbe
il
modo
migliore
di
instaurare
le
vie
di
ricorso
interne
necessarie
(Hutten-‐ Czapska,
sopra
citata,
§
239).
Lo
Stato
può
modificare
i
ricorsi
esistenti
o
crearne
di
nuovi
in
modo
tale
che
le
violazioni
dei
diritti
tratti
dalla
Convenzione
possano
essere
riparate
in
maniera
realmente
effettiva
(Xenides-‐Arestis
c.
Turchia,
n.
46347/99,
§
40,
22
dicembre
2005).
Ad
esso
spetta
anche
garantire,
sotto
il
controllo
del
Comitato
dei
Ministri,
che
il
ricorso
o
i
ricorsi
di
recente
attuazione
rispettino,
nella
teoria
come
nella
pratica,
le
esigenze
della
Convenzione.
99.
La
Corte
ne
conclude
che
le
autorità
nazionali
devono
creare
senza
indugio
un
ricorso
o
una
combinazione
di
ricorsi
che
abbiano
effetti
preventivi
e
compensativi
e
garantiscano
realmente
una
riparazione
effettiva
delle
violazioni
della
Convenzione
risultanti
dal
sovraffollamento
carcerario
in
Italia.
Tale
o
tali
ricorsi
dovranno
essere
conformi
ai
principi
della
Convenzione,
come
richiamati
in
particolare
nella
presente
sentenza
(si
vedano,
tra
l’altro,
i
paragrafi
50
e
95
supra),
ed
essere
posti
in
essere
nel
termine
di
un
anno
dalla
data
in
cui
questa
sarà
divenuta
definitiva
(si
veda,
a
titolo
di
confronto,
Xenides-‐Arestis,
sopra
citata,
§
40,
e
il
punto
5
del
dispositivo).
c)
Procedura
da
seguire
nelle
cause
simili
100.
La
Corte
rammenta
di
potersi
pronunciare,
nella
sentenza
pilota,
sulla
procedura
da
seguire
nell’esame
di
tutte
le
cause
simili
(si
vedano,
mutatis
mutandis,
Broniowski,
sopra
citata,
§
198;
e
Xenides-‐ Arestis,
sopra
citata,
§
50).
101.
Al
riguardo,
la
Corte
decide
che,
in
attesa
dell’adozione
da
parte
delle
autorità
interne
delle
misure
necessarie
sul
piano
nazionale,
l’esame
dei
ricorsi
non
comunicati
aventi
come
unico
oggetto
il
sovraffollamento
carcerario
in
Italia
sarà
rinviato
per
il
periodo
di
un
anno
a
decorrere
dalla
data
in
cui
la
presente
sentenza
sarà
divenuta
definitiva.
La
Corte
si
riserva
la
facoltà,
in
qualsiasi
momento,
di
dichiarare
irricevibile
una
causa
di
questo
tipo
o
di
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