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sono
arbitrarie
e
irrazionali,
cioè
se
non
rispondono
a
dati
di
esperienza
generalizzati,
riassunti
nella
formula
dell’id
quod
plerumque
accidit»
e
che
«l’irragionevolezza
della
presunzione
assoluta
si
può
cogliere
tutte
le
volte
in
cui
sia
“agevole”
formulare
ipotesi
di
accadimenti
reali
contrari
alla
generalizzazione
posta
a
base
della
presunzione
stessa»
(sentenza
n.
139
del
2010,
richiamata
dalle
decisioni
sopra
citate).
5.–
Il
delitto
di
violenza
sessuale
di
gruppo
è
stato
configurato
quale
fattispecie
autonoma
rispetto
al
delitto
di
violenza
sessuale
con
la
legge
15
febbraio
1996,
n.
66
(Norme
contro
la
violenza
sessuale);
come
ha
rilevato
questa
Corte,
«l’esigenza
di
prevedere
un’autonoma
ipotesi
di
reato
rispetto
alla
violenza
sessuale
monosoggettiva
e
di
sanzionarla
con
una
pena
più
severa
trova
ragione,
sul
terreno
della
politica
criminale,
nella
constatazione
che
l’aggressione
commessa
da
più
persone
riunite,
oltre
a
comportare
una
più
intensa
lesione
del
bene
della
libertà
sessuale
a
causa
della
prevedibile
reiterazione
degli
atti
di
violenza,
vanifica
le
possibilità
di
difesa
e
di
resistenza
della
vittima
e
la
espone
a
forme
di
degradazione
e
di
reificazione
che
rendono
più
grave
e
profondo
il
trauma
psichico
che
comunque
consegue
a
qualsiasi
episodio
di
violenza
sessuale»
(sentenza
n.
325
del
2005).
Vale
dunque,
a
maggior
ragione,
per
il
delitto
di
violenza
sessuale
di
gruppo
la
considerazione
svolta
a
proposito
dei
reati
di
induzione
alla
prostituzione
minorile,
di
favoreggiamento
o
sfruttamento
della
stessa,
di
violenza
sessuale
e
di
atti
sessuali
con
minorenne
(artt.
600-‐bis,
primo
comma,
609-‐ bis
e
609-‐quater
cod.
pen.)
dalla
sentenza
n.
265
del
2010
di
questa
Corte,
ossia
che
si
tratta
di
delitti
«odiosi
e
riprovevoli».
Del
resto,
il
rilievo
che
quella
determinata
dalla
violenza
sessuale
di
gruppo
è
una
«lesione
particolarmente
grave
e
traumatica
della
sfera
di
autodeterminazione
della
libertà
sessuale
della
vittima»
ha
contribuito
a
condurre
questa
Corte
ad
escludere
che
l’omessa
previsione
dell’attenuante
dei
“casi
di
minore
gravità”,
prevista
per
il
delitto
di
violenza
sessuale
dall’ultimo
comma
dell’art.
609-‐bis
cod.
pen.,
possa
essere
ritenuta
«espressione
di
una
scelta
del
legislatore
palesemente
irragionevole,
arbitraria
o
ingiustificata»
(sentenza
n.
325
del
2005).
6.–
La
particolare
intensità
della
lesione
del
bene
della
libertà
sessuale
determinata
dalla
violenza
sessuale
di
gruppo
ha,
quindi,
indotto
il
legislatore,
per
un
verso,
a
configurare
un’autonoma
fattispecie
incriminatrice,
delineata
dall’art.
609-‐octies
cod.
pen.,
e
a
comminare
una
pena
di
maggior
rigore
rispetto
a
quella
di
cui
all’art.
609-‐bis
cod.
pen.,
e,
per
altro
verso,
a
non
prevedere
la
circostanza
attenuante
dei
“casi
di
minore
gravità”.
Tuttavia,
la
«più
intensa
lesione
del
bene
della
libertà
sessuale»
(sentenza
n.
325
del
2005)
ricollegabile
alla
violenza
sessuale
di
gruppo
–
se
ha
orientato
le
opzioni
del
legislatore
nella
prospettiva
della
definizione
di
un
severo
trattamento
sanzionatorio
–
non
offre
un
fondamento
giustificativo
costituzionalmente
valido
al
regime
cautelare
speciale
previsto
dalla
norma
censurata.
Infatti,
sono
riferibili
anche
alla
fattispecie
in
esame
le
considerazioni
svolte
da
questa
Corte
a
proposito
della
presunzione
de
qua
in
rapporto
al
delitto
di
omicidio
volontario:
nonostante
l’indiscutibile
gravità
del
fatto,
che
«peserà
opportunamente
nella
determinazione
della
pena
inflitta
all’autore,
quando
ne
sia
riconosciuta
in
via
definitiva
la
colpevolezza»,
anche
nel
caso
della
violenza
sessuale
di
gruppo,
così
come
in
quello
dell’omicidio,
la
presunzione
assoluta
di
cui
si
discute
non
è
rispondente
a
un
dato
di
esperienza
generalizzato,
ricollegabile
alla
«struttura
stessa»
e
alle
«connotazioni
criminologiche»
della
figura
criminosa,
non
trattandosi
di
un
«reato
che
implichi
o
presupponga
necessariamente
un
vincolo
di
appartenenza
permanente
a
un
sodalizio
criminoso
con
accentuate
caratteristiche
di
pericolosità
–
per
radicamento
nel
territorio,
intensità
dei
collegamenti
personali
e
forza
intimidatrice
–
vincolo
che
solo
la
misura
più
severa
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