Page 218 - Microsoft Word - Libertas.doc
P. 218
e
del
corretto
bilanciamento
dei
valori
costituzionali
coinvolti.
Nel
caso
in
esame,
la
scelta
legislativa
di
imporre,
in
presenza
di
esigenze
cautelari,
la
custodia
in
carcere
nei
confronti
del
soggetto
gravemente
indiziato
del
delitto
di
cui
all’art.
416-‐bis
cod.
pen.
non
potrebbe
essere
ritenuta
irragionevole.
In
particolare,
non
sarebbe
arbitraria
–
e,
dunque,
contrastante
con
l’art.
3
Cost.
–
la
parificazione,
a
questi
fini,
tra
i
soggetti
“intranei”
all’associazione
mafiosa
e
coloro
i
quali,
senza
essere
inseriti
nel
sodalizio,
forniscano
un
contributo
causalmente
rilevante
alla
sua
conservazione
o
al
suo
rafforzamento.
La
condotta
del
concorrente
esterno,
pur
carente
del
requisito
dell’affectio
societatis,
condividerebbe,
infatti,
gli
elementi
strutturali
propri
della
condotta
ascrivibile
all’associato,
stante
la
necessità
della
sua
efficienza
causale
per
la
realizzazione
del
fatto
criminoso
collettivo
e
per
la
lesione
del
bene
giuridico
protetto
dalla
norma
incriminatrice,
costituito
dall’ordine
pubblico.
La
norma
denunciata
non
sarebbe,
altresì,
incompatibile
con
l’art.
13,
primo
comma,
Cost.,
essendo
stato
rispettato
il
principio
della
riserva
di
legge
in
materia
di
provvedimenti
restrittivi
della
libertà
personale.
Neppure,
da
ultimo,
sarebbe
prospettabile
la
violazione
dell’art.
27,
secondo
comma,
Cost.,
data
l’estraneità
di
tale
parametro
all’assetto
e
alla
conformazione
delle
misure
restrittive
della
libertà
personale
che
operano
sul
piano
cautelare,
piano
del
tutto
distinto
da
quello
concernente
la
condanna
e
l’irrogazione
della
pena.
Considerato
in
diritto
1.–
Il
Giudice
per
le
indagini
preliminari
del
Tribunale
ordinario
di
Lecce
dubita
della
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all’art.
416-‐bis
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
stati
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure,
e
ciò
«in
particolar
modo
in
relazione
alla
figura
del
concorso
esterno
in
associazione
di
tipo
mafioso».
Ad
avviso
del
giudice
a
quo,
la
norma
censurata
violerebbe
l’art.
3
della
Costituzione,
sottoponendo
al
medesimo
trattamento
cautelare
posizioni
tra
loro
diverse,
quali
quelle
dell’appartenente
all’associazione
mafiosa
e
del
concorrente
esterno
nella
stessa:
soggetto,
quest’ultimo,
in
rapporto
al
quale
la
presunzione
assoluta
di
adeguatezza
della
sola
custodia
in
carcere
a
soddisfare
le
esigenze
cautelari,
sancita
dalla
norma
denunciata,
risulterebbe
priva
di
sufficiente
base
giustificativa,
stante
la
sua
estraneità
al
sodalizio
criminoso.
Sarebbero
violati,
altresì,
l’art.
13,
primo
comma,
Cost.,
quale
referente
fondamentale
del
regime
ordinario
delle
misure
cautelari
limitative
della
libertà
personale,
ispirato
ai
principi
di
proporzionalità,
adeguatezza
e
del
“minimo
sacrificio
necessario”;
nonché
l’art.
27,
secondo
comma,
Cost.,
venendo
attribuiti
alla
coercizione
personale
cautelare
tratti
funzionali
tipici
della
pena,
in
contrasto
con
la
presunzione
di
non
colpevolezza.
2.–
La
questione
è
fondata.
Il
giudice
a
quo
chiede
che
alle
plurime
declaratorie
di
illegittimità
costituzionale
parziale
che
hanno
già
investito
il
censurato
art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.
ne
venga
aggiunta
una
ulteriore,
concernente
specificamente
la
figura
del
cosiddetto
concorso
esterno
nel
delitto
di
cui
all’art.
416-‐bis
cod.
pen.
(associazioni
di
tipo
mafioso
anche
straniere).
Il
thema
decidendum
impone,
dunque,
di
ripercorrere
preliminarmente
gli
approdi
cui
è
pervenuta
la
giurisprudenza
di
questa
Corte
in
materia.
218