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prassi
secondo
cui,
mentre
il
dispositivo
del
tribunale
del
riesame
viene
emesso
nel
rispetto
dei
brevi
termini
perentori
già
previsti
dalla
normativa
vigente
(si
parla
di
dieci
giorni
dalla
ricezione
degli
atti),
invece
la
motivazione
viene
depositata
solo
successivamente
alla
decisione,
ritenendosi
ordinatorio
il
termine
di
cinque
giorni
relativo
a
tale
deposito.
Ciò
determina
come
conseguenza
un
allungamento
dei
tempi
per
poter
proporre
ricorso
in
Cassazione,
non
potendo
tale
impugnazione
ovviamente
essere
presentata
fino
a
che
non
è
stata
depositata
la
motivazione
dell'ordinanza.
Anche
qui
il
progetto
di
legge
dà
una
risposta
e
pone
fine
a
tale
prassi.
Seguendo
l'orientamento
giurisprudenziale
il
legislatore
dice:
un
momento,
qui
occorre
ridurre
i
tempi
per
tutelare
chi
è
destinatario
di
tali
misure,
quindi
questo
orientamento
del
termine
ordinatorio
dei
cinque
giorni
non
può
essere
più
ammesso.
Si
dà
quindi
un
segnale
di
chiarezza
e,
per
porre
fine
a
tale
prassi
e
per
assicurare
il
diritto
dell'indagato
a
poter
rapidamente
ricorrere
in
Cassazione,
si
prevede
che
la
motivazione
debba
essere
depositata
dal
tribunale
del
riesame
entro
trenta
giorni
dalla
decisione,
stabilendo
altresì
che,
in
caso
di
superamento
di
tale
termine,
la
misura
perderà
efficacia.
Vi
sono
anche
altri
aspetti
che
meritavano
di
essere
sottolineati,
tuttavia
non
voglio
dilungarmi
e
rubare
il
tempo
previsto
da
regolamento.
Mi
riserverò
in
sede
di
replica
di
intervenire
nuovamente
e
seguirò
chiaramente
tutti
i
lavori
parlamentari.
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
deputato
Ermini.
Ne
ha
facoltà.
DAVID
ERMINI.
Signor
Presidente,
onorevoli
colleghi,
la
riforma
delle
misure
cautelari
si
inserisce
in
un
problema
ben
più
ampio,
che
è
quello
della
giustizia
penale
nel
nostro
Paese.
La
giustizia
penale
ha
subito
negli
ultimi
periodi
dei
tentativi
di
riforma
senza
peraltro
avere
un
successo
particolare.
Mi
ricordo
che
nel
1989,
quando
entrò
in
vigore
il
nuovo
codice
di
procedura
penale,
molti
dicevano
che
avremmo
risolto
tantissimi
problemi:
avremmo
risolto
il
problema
della
velocità
dei
processi,
avremmo
risolto
il
problema
dello
svuotamento
delle
carceri,
avremmo
risolto
il
problema
di
dare
ragione
alle
vittime
dei
reati
che
chiedevano
giustizia.
Bene,
con
il
passare
degli
anni
tutto
questo
si
è
trasformato
in
un
sogno.
È
necessario,
quindi,
da
parte
del
legislatore,
intervenire
nuovamente
nella
materia
processuale
penale.
Oggi
lo
facciamo
attraverso
una
parte,
la
riforma
delle
misure
cautelari.
Una
riforma
delle
misure
cautelari,
come
già
è
stato
illustrato
dai
relatori,
che
va
ad
incidere
su
alcuni
argomenti
particolari
e
che
sicuramente
aiuterà
nel
tentare
di
limitare
le
misure
cautelari
agli
episodi
che
veramente
necessitano
dell'applicazione
della
misura
cautelare,
ma,
soprattutto,
può
dare
una
mano
anche
al
fatto
che
la
misura
cautelare
non
diventi
una
pena
anticipata.
Tutto
questo,
però,
potrà
avvenire
soltanto,
in
modo
completo
ed
esauriente,
quando
finalmente
anche
in
Italia
saranno
dati
tempi
per
un
processo
penale
giusto
e
limitato
nel
tempo.
Oggigiorno
i
procedimenti
penali
occupano
un
quarto
o
un
quinto
della
vita
di
una
persona
e
ciò,
in
un
Paese
civile,
non
è
accettabile,
per
cui
dovremmo
cominciare
a
capire
che
la
misura
cautelare
dovrà
essere
rapportata
al
processo,
certo,
ma
se
il
processo
sarà
breve,
la
misura
cautelare
inciderà
in
modo
minimo,
ma
se
il
processo
continuerà
ad
essere
così
lungo,
evidentemente
si
può
anche
arrivare
ad
avere
una
misura
cautelare
che
va
oltre
quelle
che
sono
le
previsioni
e
quelle
che
sono
le
norme
che
secondo
noi
devono
essere
applicate.
Le
misure
carcerarie,
come
diceva
la
relatrice
Rossomando
in
modo
corretto
prima,
non
possono
essere
messe
in
correlazione
stretta
con
il
problema
dello
svuotamento
carcerario
perché
non
si
può
pensare
di
liberare
le
persone
dai
vincoli
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