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veri
problemi
e
difetti
endemici
del
nostro
sistema
penale;
e
cioè,
oltre
appunto
al
problema
delle
misure
cautelari,
all'eccessiva
lentezza
dei
processi,
alla
distanza
temporale
tra
condanna
ed
esecuzione
della
pena,
all'inadeguatezza
di
un
carico
sanzionatorio
severo
per
talune
fattispecie
di
reato
che
il
contesto
sociale
non
ritiene
oggi
così
gravi.
siamo
stati
costretti
a
sentire,
pur
nella
loro
evidente
falsità.
Noi
lavoriamo
in
realtà
lungo
quella
presunzione
di
non
colpevolezza
che
incardina
una
parte
importante
dell'articolo
27
della
Costituzione.
Questo
è
uno
strano
Paese,
che
non
ha
risorse
per
garantire
un
futuro
ai
propri
figli,
tamponare
le
frane
o
limitare
le
alluvioni;
eppure
si
permette
la
galera
anche
quando
essa
non
serve.
E
poi,
quanti
sono
–
mi
chiedo
–
i
carcerati
preventivi
(per
rispondere
a
qualche
obiezione
che
penso
interverrà
nel
nostro
dibattito)
per
corruzione
o
frode ?
Il
Ministero
ci
informa:
nessuno.
E
già
questo
ci
racconta
parecchio
di
che
cosa
e
di
chi
stiamo
parlando.
Per
identificare
meglio
uso
le
parole
di
una
relazione,
di
un
richiamo,
che
è
quello
già
citato
nel
nostro
dibattito
generale
del
primo
presidente
uscente
della
Corte
di
Cassazione,
Ernesto
Lupo.
Egli
ad
un
certo
punto
segnala
la
necessità
ormai
inderogabile
della
rivisitazione
del
catalogo
dei
reati
per
i
quali
è
imposto
l'arresto;
con
particolare
riguardo
a
due
settori
che
contribuiscono
grandemente
all'affollamento
carcerario;
quello
della
materia
dell'immigrazione
clandestina,
e
quello
del
piccolo
spaccio
di
sostanze
stupefacenti,
anche
leggere
(parliamo
del
comma
5
dell'articolo
73).
Ecco
di
cosa
stiamo
essenzialmente
parlando !
E
a
fianco
di
queste
misure,
e
di
questa
riforma
modesta
(usiamo
questa
terminologia)
che
ci
accingiamo,
spero,
ad
approvare,
noi
dovremo
con
norme
di
diritto
sostanziale
intervenire
su
queste
specifiche
materie,
che
il
presidente
Lupo
ci
ricordava.
Le
ultime
legislature
hanno
infatti
«infarcito»
il
codice
penale
di
nuove
fattispecie
di
reato,
e
modellato
in
quella
misura
anche
il
codice
di
procedura,
nella
credenza
che
più
gente
mandavamo
in
galera,
e
più
ce
la
tenevamo,
e
più
saremmo
stati
sicuri.
Il
risultato,
il
bilancio
di
questa
che
io
chiamo
follia,
è
sconfortante:
abbiamo
infarcito
le
carceri
spesso
di
colpevoli
di
reati
di
modestissima
pericolosità
sociale;
e
in
carcere
sappiamo
tutti
cosa
si
fa:
si
«impara».
PRESIDENTE.
Dovrebbe
concludere.
TANCREDI
TURCO.
Concludo.
Lo
scarso
utilizzo
di
percorsi
educativi
alternativi
alla
pena,
e
infine
l'eccessivo
ricorso
all'uso
dell'appello.
deputato
Daniele
Farina.
Ne
ha
facoltà.
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
DANIELE
FARINA.
Signor
Presidente,
noi
siamo
chiamati
a
parlare
di
custodia
cautelare,
di
misure
cautelari
personali,
e
credo
che
i
colleghi
che
mi
hanno
preceduto
hanno
illustrato
in
maniera
anche
abbastanza
dettagliata
il
contenuto
di
questo
provvedimento.
Ai
fini
però
della
comprensione
di
chi
ci
sta
ascoltando,
di
chi
leggerà
i
nostri
atti,
preferisco
chiamare
tutto
questo
col
proprio
nome
di
battesimo,
e
cioè
con
una
terminologia
che
gli
italiani
capiscono
e
ricordano
assai
meglio:
parlo
di
carcerazione
preventiva,
essenzialmente
del
nucleo
«industriale»
delle
misure
di
cui
stiamo
parlando.
Parliamo
di
cittadini
in
carcere
in
attesa
di
giudizio
definitivo,
spesso,
come
è
stato
già
detto,
in
attesa
di
un
primo
grado
di
giudizio:
24
mila
sono
attualmente
questi
cittadini,
e
le
statistiche
ci
dicono
che
in
buona
parte
essi
risulteranno
assolti,
ovvero
stiamo
parlando
di
innocenti.
Non
credo
che,
se
guardiamo
il
nostro
lavoro
da
questa
prospettiva,
si
possa
far
«abboccare»
gli
italiani
alle
sirene,
come
in
quest'Aula
è
successo
a
volte
parlando
dei
temi
di
giustizia.
Non
credo
che
gli
italiani
infatti
crederanno
che
stiamo
lavorando
ad
un'amnistia
mascherata,
ad
un
indulto
mascherato:
cose
che
pure
nostro
malgrado
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