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Abbiamo
tenuto
assieme
responsabili
di
reati
bagatellari
e
professionisti,
e
questo
è
stato
un
gravissimo
errore.
Migliaia
di
«borse
di
studio»
a
Poggioreale
come
a
San
Vittore.
La
crisi
non
ci
rende
più
generosi,
ma
riformare
la
carcerazione
preventiva
non
è
soltanto
un
atto
di
civiltà
che
riguarda
la
libertà
della
persona,
ma
è
anche
un
atto
di
intelligente
egoismo
per
la
nostra
sicurezza.
Quest'Aula
ha
affrontato
più
volte
il
tema
della
carcerazione
preventiva,
credo
fin
dal
1870
e
dintorni
con
l'onorevole
Lucchini.
A
volte
lo
ha
fatto
in
una
forma
organica,
altre
volte
seguendo
un
percorso
un
po’
erratico,
ovvero
di
legislazione,
con
vari
provvedimenti,
fino
alla
legislazione
emergenziale.
Vorrei
chiudere
questo
intervento
ricordando
certamente
Silvio
Scaglia,
il
manager
agli
onori
della
cronaca
–
purtroppo
per
lui
–
per
la
recente
e
non
fondata
carcerazione
preventiva,
ma
mi
piace
ricordare,
in
tempi
più
lontani,
anche
quel
Luciano
Ferrari
Bravo
che
si
fece
cinque
anni
e
mezzo
di
carcerazione
preventiva
(in
parte
anche
nel
tufo
del
carcere
di
Favignana),
prima
di
essere
assolto.
Queste
è
un
piccolo
ma
significativo
provvedimento,
è
meno
di
quanto
vorremmo,
ma
va
nella
direzione
giusta.
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
deputato
Marazziti.
Ne
ha
facoltà.
MARIO
MARAZZITI.
Signor
Presidente,
Governo,
colleghi
deputati,
limitare
la
custodia
cautelare
in
carcere,
questa
carcerazione
preventiva,
perché ?
È
una
responsabilità
costituzionale,
un
imperativo
indicato
dal
Presidente
della
Repubblica
Napolitano,
non
solo
da
oggi,
ma
già
tre
anni
fa,
il
quale
diceva
che
è
abnorme
il
ricorso
alla
custodia
cautelare:
questa
è
una
realtà
che
ci
umilia
in
Europa.
È
la
conferma
che
la
politica
deve
uscire
dall'ideologia
e
fare
la
cosa
giusta,
per
non
far
sentire
i
cittadini
prigionieri,
per
non
farli
essere
prigionieri
senza
motivo,
per
riguadagnarci
sul
campo
la
responsabilità
di
essere
leadership
e
non
solo
fellowship
di
sondaggi
e
umori,
o
di
una
sovraesposizione
mediatica
a
toni
forti.
È
una
richiesta
del
buonsenso
e
del
buon
gusto.
Personalmente,
come
forza
politica,
non
voglio
e
non
vogliamo
essere
tra
quelli
che
hanno
avuto
la
responsabilità
di
opporsi
a
un
piccolo
passaggio
di
civiltà
riconquistata.
Questo
Parlamento
ha
la
responsabilità
di
fare
la
cosa
giusta,
qualunque
sia
il
dibattito
sui
giornali,
qualunque
sia
l'ammontare
dei
click,
dei
«mi
piace»
o
«non
mi
piace»,
dei
pro
o
dei
contro,
qualunque
sia
il
linguaggio
–
blando
o
minaccioso
–
usato,
perché
sulla
vita,
sulla
giustizia,
sulla
dignità
umana
e
di
un
Paese
non
si
ragiona
mai
–
non
si
deve
mai
ragionare
in
realtà
–
con
la
pancia.
Dobbiamo
difendere
ciascuno
di
noi,
ogni
italiano,
da
questo
rischio,
perché
potrebbe
accadere
a
te,
a
me,
a
noi,
a
nostro
figlio
di
finire
in
carcere
senza
essere
colpevoli.
Non
voglio
e
non
vogliamo
far
parte
di
quelli
che
di
fronte
al
passaggio
pochi
mesi
fa
dell'approvazione
di
misure
alternative
al
carcere
in
quest'Aula,
cavalcando
in
maniera
immotivata
istinti
di
paura
o
cattiva
informazione,
una
predicazione
semplificata
sui
buoni
e
i
cattivi
o
un
interesse
politico
di
corto
respiro,
hanno
votato
per
articoli,
emendamenti
e
ordini
del
giorno
centocinquanta
«no»
alle
misure
alternative
al
carcere.
Per
questo
ho
ascoltato
con
interesse
anche
l'intervento
del
collega
del
MoVimento
5
Stelle
perché
mi
auguro
che
questa
volta
non
dobbiamo
assistere
a
quella
situazione
e
a
quello
spettacolo.
In
Italia
il
42
per
cento
dei
detenuti
si
trova
in
carcere
per
motivi
di
carcerazione
preventiva,
solo
la
Turchia
ci
supera
con
il
60
per
cento.
Abbiamo
il
23,5
per
cento
in
Francia,
il
20,8
in
Spagna,
il
16,7
nel
Regno
Unito,
che
però
ha
un
altro
tipo
di
codice
penale.
C’è
una
ossessione
carcerocentrica
che
purtroppo
in
Italia
accompagna
il
nostro
tempo
senza
grandi
ambizioni
ma
con
grandi
urlatori.
Di
chi
stiamo
parlando ?
Sappiamo
che
ci
sono
ancora
17
mila
detenuti
in
sovrannumero
rispetto
alla
capienza
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