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detto
prima,
però,
il
procedimento
non
è
stato
di
certo
lineare
e
ha
dimostrato
quanto
complessa
e
difficile
sia
la
situazione:
ricordavo
infatti,
poco
fa,
i
termini
per
la
presentazione
di
emendamenti
e
subemendamenti,
nonché
l'emendamento
Pini
presentato
alla
Camera
dei
deputati;
è
stato
poi
preannunciato
e
presentato
alla
fine
di
settembre
-‐
quindi
poco
tempo
fa
-‐
un
disegno
di
legge
governativo,
il
quale
interveniva
sostanzialmente
ed
enormemente
sulla
portata
di
quello
originario
ed
è
poi
diventato
la
base
degli
emendamenti
presentati
dal
Governo
stesso
in
Commissione
giustizia.
Per
fare
dunque
un'analisi
della
portata
del
lavoro
svolto,
vi
sono,
da
una
parte,
l'attività
del
Parlamento,
e,
dall'altra,
per
l'ennesima
volta,
una
grande,
importante
ingerenza
da
parte
del
Governo,
il
quale
suggerisce
un'ipotesi
-‐
o
la
impone,
visto
che
la
maggioranza
dovrebbe
essere
la
stessa,
lo
sottolineo
-‐
su
tematiche
che
ribadisco
non
essere
facili.
Ugualmente
non
lo
è
stato
il
compito
del
senatore
Buemi,
nel
trattare
la
questione
cercando
di
mantenere
la
propria
indipendenza
di
relatore
rispetto
alle
posizioni
governative,
a
dimostrazione
del
fatto
che
su
questo
tema
si
possono
fare
molti
pensieri,
opinioni
e
valutazioni.
Alla
fine,
però,
anche
il
ministro
Orlando
ha
cercato
di
fare
un'opera
di
mediazione,
se
possiamo
chiamarla
così:
sono
note,
infatti,
le
rimostranze
poste
in
essere
dall'Associazione
nazionale
magistrati
in
merito
a
questo
disegno
di
legge,
le
quali
sono
arrivate
addirittura
al
punto
di
preannunciare
scioperi.
Il
motivo
è
che
per
il
cittadino,
nel
trovarsi
di
fronte
ad
una
decisione
contraria
alle
proprie
idee,
è
facile
avere
la
sensazione
di
aver
subito
un'ingiustizia
in
un
processo.
Non
è
facile
però
nemmeno
far
comprendere
che,
a
volte,
quella
sensazione
di
ingiustizia
possa
essere
determinata
da
un'interpretazione
della
legge
effettivamente
condivisibile.
Vi
è
poi
spesso
la
sensazione
che
possano
esservi
degli
errori:
è
terribile
pensare
che
nella
giustizia
-‐
che
dovrebbe
essere
quell'istituto
tale
da
salvaguardarci
da
tutte
le
nostre
operazioni
e
da
darci
la
possibilità
di
dirimere
liti,
risolvere
problemi
e
condannare
delinquenti
-‐
possa
annidarsi
un
errore,
e
ci
si
domanda
di
quale
natura
esso
possa
essere.
Non
è
facile
pensare
alla
funzione
del
magistrato
come
paragonabile
a
quella
di
un
professionista:
l'attività
di
un
magistrato
può
essere
paragonabile
a
quella
di
un
professionista?
Un
medico,
ad
esempio,
che
incide
su
uno
dei
beni
più
importanti,
come
la
vita,
è
responsabile
e
dunque
sanzionabile
non
solo
penalmente,
ma
anche
civilmente
per
i
danni
subiti
da
un
paziente.
Ci
si
domanda
allora
come
mai
il
magistrato
non
lo
sia.
È
allora
difficile
intervenire
con
questa
normativa
per
incidere
proprio
sull'indipendenza
della
magistratura:
fino
a
che
punto
può
spingersi
quest'ultima?
Può
essere
un'attività
del
tutto
esente
da
responsabilità
o
deve
rispettare
alcuni
paletti?
Deve
rispettare
soprattutto
quelli
della
legge:
in
questo
senso,
la
proposta
avanzata
dal
disegno
di
legge
in
esame
tenta
di
migliorare
la
situazione,
incidendo
sulla
normativa
esistente.
Nutriamo
grandi
perplessità
circa
il
fatto
che
questa
si
riveli
come
una
norma
fondamentale,
essenziale,
indispensabile
e
assolutamente
risolutiva
delle
problematiche
che
ruotano
attorno
alla
giustizia
italiana,
i
cui
problemi
forse
non
sono
solo
quelli
della
responsabilità
civile
o
disciplinare
dei
magistrati.
Ci
rivolgiamo
a
tutti
i
cittadini
nell'esortarli
a
non
cercare
di
far
passare
questo
come
un
intervento
fondamentale
per
la
riforma
della
giustizia.
Ricordiamoci
che
anche
questo
provvedimento
non
è
«la»
riforma
della
giustizia:
la
riforma
della
giustizia
vera
è
quella
sistematica,
complessiva
e
funzionale
che
deve
essere
realizzata
e
di
cui
si
avverte
una
urgenza
assoluta.
Saranno
questi
passaggi,
discussioni
e
approfondimenti
dottrinari
sulle
varie
posizioni
e
sui
poteri
esecutivo,
legislativo
e
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