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dolo,
di
colpa,
si
sia
pur
verificato;
ebbene,
come
è
stato
ricordato,
in
questo
contesto
esponenziale
di
numeri,
soltanto
sette
magistrati
sono
arrivati
al
punto
di
essere
chiamati
a
rispondere,
con
loro
responsabilità,
dei
loro
errori.
A
questo
dato,
di
per
sé
macroscopico
-‐
che
non
avrebbe
bisogno
di
altri
commenti
per
un
intervento
urgente
e
incisivo
della
legislazione
per
correggerlo
-‐
vanno
aggiunte
tre
procedure
di
infrazione,
che
si
sono
succedute
negli
anni,
da
parte
dell'Unione
europea,
che
attestano
l'assoluta
incongruità
e
la
grave
inadempienza
dello
Stato
italiano
nei
riguardi
di
questo
argomento.
D'altra
parte,
non
si
tratta
di
un
argomento
opinabile,
nel
senso
che
si
possono
avere
opinioni
divergenti
se
si
rispettano
le
regole
del
diritto
e
l'affermazione
del
principio
fondamentale
che
tutti
siamo
uguali
davanti
alla
legge:
anche
i
magistrati
sono
uguali
davanti
alla
legge,
o
dovrebbero
esserlo.
A
tal
proposito
mi
permetto
di
citare
un
grande
statista
italiano,
di
cui
non
faccio
il
nome
ma
che
alcuni
di
voi
ricorderanno
anche
per
questa
frase
(oltre
che
per
altre
di
cui
era
solito
essere
estensore;
quindi
era
ricordato
per
questa
sua
incisività),
che
consigliava
che
il
lodevole,
riconoscibile
e
ampiamente
condiviso
principio
secondo
cui
la
legge
è
uguale
per
tutti
dovesse
essere
ricordato
nelle
aule
giudiziarie
non
solo
con
scritte
dietro
le
spalle
del
collegio
giudicante
dei
magistrati
ma
anche
davanti
a
loro,
perché
se
ne
potessero
ricordare
nel
momento
dell'adempimento
alla
loro
alta
funzione
di
giurisdizione.
(Applausi
dal
Gruppo
NCD).
Vengo
ora
a
qualche
elemento
più
puntuale
del
testo
che
stiamo
esaminando.
In
Commissione
giustizia
l'abbiamo
ampiamente
dibattuto
in
una
serie
di
interventi
che
si
sono
succeduti
nell'ambito
di
diverse
fasi.
È
ormai
dall'inizio
di
questa
legislatura
che
ce
ne
stiamo
occupando
e
sono
stati
affrontati
temi
delicati
e
posizioni
controverse
secondo
le
sensibilità
di
ognuno.
Siamo
comunque
arrivati
ad
un
punto
con
alcuni
capisaldi
in
cui
ci
riconosciamo
pienamente,
anche
chi
vi
parla
e
il
Gruppo
che
rappresenta.
Un
principio
fondamentale
cui
vogliamo
attenerci,
per
quanto
riguarda
gli
errori
della
giurisdizione,
o
nelle
indagini
da
parte
del
giudice
delle
udienze
preliminari
o
delle
indagini
preliminari,
è
che
agli
stessi
possono
porre
rimedio
i
gradi
di
giudizio
ulteriori
rispetto
al
primo
(magistrature
di
secondo
e
terzo
grado).
Oltre
a
ciò,
siamo
convinti
che
per
consentire
l'indipendenza
della
magistratura
-‐
un
valore
giuridico
cui
vogliamo
attenerci
e
in
cui
ci
riconosciamo
-‐
la
responsabilità
diretta
non
sia
del
singolo
magistrato
ma
dello
Stato,
quasi
ad
assorbire
la
funzione
del
giudice
singolo
in
quella
dello
Stato
in
sé
che
tra
le
sue
funzioni
amministra
anche
la
giurisdizione.
Ma
in
questa
normativa
trova
un
allargamento,
rispetto
al
dato
preesistente
della
legge
n.
117,
la
responsabilità
dello
Stato
nei
riguardi
degli
errori
giudiziari,
delle
scorrettezze,
delle
inadempienze
o
delle
negligenze
compiute
dai
magistrati.
In
questo
ci
riconosciamo
e
vogliamo
aggiungere
che
abbiamo
tipicizzato,
oltre
al
caso
del
dolo,
sul
quale
non
c'è
stata
discussione
come
motivo
di
corresponsabilizzazione
del
singolo
giudice,
una
volta
accertata
la
responsabilità
patrimoniale
dello
Stato
per
risarcire
l'errore,
alcune
fattispecie
della
cosiddetta
colpa
grave,
allargandola
anche
alla
negligenza
inescusabile
e,
per
quanto
riguarda
il
nostro
Gruppo,
anche
all'imperizia.
Su
questo
punto
mi
permetto
di
portare
all'attenzione
dell'Aula
un
breve
scorcio
notturno
di
un
dibattito
tra
chi
vi
parla
e
il
Ministro
della
giustizia
proprio
sul
tema
dell'imperizia.
Il
Ministro
aveva
esposto
il
parere
contrario
su
un
emendamento,
da
me
sottoscritto
con
altri
colleghi
e
che
prevedeva
la
responsabilità
del
giudice
anche
per
imperizia
inescusabile,
giustificandolo
con
una
tesi
che,
a
mio
modo
di
vedere
e
con
tutto
il
rispetto
per
la
persona
e
l'istituzione
che
rappresenta
il
Guardasigilli,
aveva
un
connotato
abbastanza
curioso:
egli
disse
che
non
si
poteva
ammettere
che
potesse
essere
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