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danni
che
può
provocare
allo
Stato
una
sua
decisione
errata.
Cito
un
caso
di
estrema
attualità,
che
ha
avuto
gli
onori
della
cronaca
per
un
conflitto
violento
tra
il
procuratore
capo
della
Repubblica
di
Milano
e
uno
dei
suoi
otto
procuratori
aggiunti
e
riguarda
proprio
il
caso
di
una
responsabilità
contabile.
Il
procuratore
capo
avrebbe
segnalato
alla
Corte
dei
conti
il
danno
di
circa
un
milione
di
euro
per
consulenze,
erogate
ai
custodi
giudiziali,
relative
ad
un
sequestro
di
170
milioni
di
euro
ad
alcune
banche
sottoposte
a
un'indagine
e
poi
a
un
processo
(finito
con
la
piena
assoluzione
e
la
cancellazione
di
qualsiasi
addebito
-‐
il
fatto
non
sussiste
-‐
e
poi
passato
in
giudicato).
Un
milione
di
euro
di
danni
erariali
per
aver
pagato
a
dei
professionisti
una
custodia
giudiziale,
che
sarebbe
stata
completamente
gratuita
se
il
magistrato
in
questione
avesse
affidato
la
gestione
delle
somme
sequestrate
al
Fondo
unico
giustizia.
Vorrei
riportare
l'esempio
del
Comune
di
Milano
che
dall'operazione
in
cui
compariva
come
parte
lesa
per
truffa
aggravata
ha
guadagnato
950
milioni
di
euro;
una
truffa
aggravata
che
porta
un
vantaggio
di
950
milioni
di
euro
mi
sembra
un
buon
argomento
per
farsi
truffare
quasi
ogni
giorno.
Tuttavia,
su
un
argomento
serio
non
voglio
estendere
il
mio
modesto
pensiero
a
qualcosa
di
fuorviante.
Dico
soltanto
che
le
banche,
dopo
essere
state
riconosciute
pienamente
innocenti
rispetto
a
qualsiasi
truffa,
potrebbero
legittimamente
chiedere
allo
Stato
il
riconoscimento
di
una
vicenda
che
può
aver
provocato
dei
danni
patrimoniali
e
su
cui
forse
ci
può
essere
qualche
riserva
in
merito
al
tipo
di
indagini,
su
come
sono
state
svolte
e
sui
provvedimenti
adottati.
In
questo
caso
(che
ho
portato
solo
ad
esemplificazione
perché
è
un
elemento
di
cronaca
conosciuto),
come
in
altri,
non
vedo
perché
la
responsabilità
contabile
nei
riguardi
dello
Stato
debba
essere
surrogata
come
esimente
della
responsabilità
civile
nei
riguardi
dei
privati
(siano
essi
singoli
cittadini,
o
persone
giuridiche)
che
possono
essere
stati
danneggiati
da
comportamenti
scorretti.
Concludo
dicendo
che,
seppur
vi
sarebbero
questi
correttivi
che
vorremmo
fossero
introdotti
nella
legislazione,
riconosciamo
che
rispetto
al
caso
costituito
dalla
legislazione
vigente
(sette
magistrati
su
decine
di
milioni
di
casi
in
ventisei
anni
di
totale
irresponsabilità
di
un'intera
categoria)
quello
che
stiamo
votando,
ancorché
migliorabile
(come
ho
cercato
di
dire),
è
un
provvedimento
migliore
di
quello
che
lasciamo.
(Applausi
dal
Gruppo
LN-‐Aut
e
del
senatore
D'Anna).
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
senatore
D'Anna.
Ne
ha
facoltà.
D'ANNA
(GAL).
Signor
Presidente,
onorevoli
colleghi,
come
è
ormai
consuetudine,
le
discussioni
generali
sugli
argomenti
che
si
caratterizzano
per
una
rilevante
importanza
avvengono
in
un'Aula
semivuota
e,
per
lo
più,
distratta,
tanto
per
consolidare
quello
che
ormai
è
il
tratto
distintivo
di
questo
Governo,
che
si
presenta
con
dei
provvedimenti
che
o
vengono
imposti
con
l'apposizione
della
fiducia,
o
sono
del
tutto
modificati
in
itinere,
o
sono
manchevoli
di
documentazione
perché
l'Aula
li
possa
conoscere
nel
pieno
della
loro
struttura.
Ci
troviamo
quindi
nel
caso
di
una
discussione
che
riguarda
uno
degli
elementi
di
massima
garanzia
in
uno
Stato
libero
e
di
diritto,
ossia
la
responsabilità
di
quell'ordine
giudiziario
che
in
questo
Stato
si
è
fatto
potere
e
contraltare
della
stessa
potestà
legislativa,
che
interviene
attraverso
il
Consiglio
superiore
della
magistratura
emettendo
giudizi
sulle
leggi
in
itinere
e
che
è
fatto
di
magistrati
che,
per
quanto
autorevoli,
criticano
o
suggeriscono
emendamenti
a
proposte
che
il
Governo
o
il
Parlamento
avanzano
nel
tentativo
di
andare
verso
una
giustizia
più
giusta
e
magistrati
più
sereni,
ma
soprattutto
responsabili
dei
loro
errori.
Siamo
dunque
qui
a
proporre
-‐
non
già
motu
proprio
o
per
nostro
convincimento
-‐
un
provvedimento
che
riporti
nell'alveo
della
legittimità
e
della
responsabilità
l'esercizio
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