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sul
figlio
di
un
carissimo
amico
che
in
quest'Aula
abbiamo
l'onore
di
avere
come
Vice
Ministro...
D'ANNA
(GAL).
Che
porta
queste
fetenzie
in
Aula!
COMPAGNA
(NCD).
E
che
col
profondo
rispetto
dell'Aula...
D'ANNA
(GAL).
Queste
cose
non
le
può
fare!
COMPAGNA
(NCD).
...e
del
Governo
ha
svolto
finora
le
sue
funzioni.
Poi,
sul
parere
sugli
emendamenti
ovviamente
il
discorso
è
aperto,
anche
se
mi
è
parso
che
l'amico
D'Anna
abbia
un
po'
slittato
lessicalmente.
Ecco,
quel
referendum
ebbe
un
risultato
che
sembrava
abbastanza
cogente:
venti
milioni
i
cittadini
che
si
sono
espressi
allora
in
favore
del
quesito.
Questa
mattina
ho
sentito
dire
-‐
mi
sembra
lo
abbia
detto
la
senatrice
Ricchiuti
-‐
che
questo
argomento
sarebbe
lontano
dalle
priorità
dei
cittadini,
ma
quel
risultato
e
quei
venti
milioni
non
possono
considerarsi
subalterni
alla
sua
fiducia
nelle
affermazioni
di
Saviano
intervistato
da
Fazio.
Il
Governo
è
quello
che
ha
avuto
la
fiducia
in
Parlamento,
non
quello
di
Saviano
alla
televisione.
Nel
Governo
c'è
un
Ministro
della
giustizia
che
va
rispettato,
così
come
c'è
un
Vice
Ministro
che
va
rispettato
allo
stesso
modo;
la
questione,
poi,
di
un
Presidente
di
una
Commissione
che
opera
in
via
Arenula,
volenteroso
e
attivo
come
il
dottor
Gratteri,
non
è
all'ordine
giorno
di
quest'Aula.
Mi
pare
che
nella
relazione
al
disegno
di
legge
il
senatore
Buemi,
con
patriottismo
socialista
-‐
se
così
posso
dire
-‐
ha
rivendicato
la
grande
opposizione
a
quella
deterrenza
di
un
disegno
di
legge
del
PCI,
d'iniziativa
del
senatore
Pecchioli.
Nella
relazione
Pecchioli
diceva
che
il
referendum
promosso
sugli
articoli
55,
56
e
74
del
codice
di
procedura
civile
enfatizzava
inutilmente
il
significato
di
quel
tipo
di
responsabilità.
Quella
imperniata
sulla
minaccia
della
sanzione
di
professionalità
-‐
diceva
il
volenteroso
senatore
Pecchioli
-‐
è
«una
visione
angusta
della
politica
della
giustizia».
Eh
già,
ma
questi
argomenti
tendono
a
tornare
oggi
di
attualità
corporativa,
non
parlamentare.
Il
che
è
ancora
peggio,
se
si
considera
che
il
partito
di
Pecchioli
la
battaglia
contro
il
referendum
la
fece
a
viso
aperto,
mentre
tanti
inserimenti
in
politica
della
giustizia
sono
molto
più
viscidi,
più
vili
e
più
impropri,
proprio
perché
meno
politici
e
più
corporativi.
L'avversione
alla
responsabilità
civile
dei
magistrati
non
si
è
però
mai
ribellata
al
fatto
che
la
deterrenza
di
responsabilità
funzioni
da
sempre
per
la
professionalità
degli
ingegneri
o
dei
medici,
i
quali
-‐
e
veniamo
ad
un'altra
anomalia
italiana
e
soltanto
italiana
-‐
dispongono
di
organismi
autonomi
appartenenti
al
loro
ordine
professionale.
La
Costituzione
italiana,
invece,
ha
previsto
il
Consiglio
superiore
della
magistratura,
che
svolgeva
un'antica
idea
sviluppata
da
Vittorio
Emanuele
Orlando
quando
fu
Ministro
della
giustizia,
escludendo
però,
in
nome
della
sua
tradizione
di
diritto
anglosassone,
che
il
potere
di
giustizia,
il
potere
giurisdizionale,
fosse
ordine
corporato.
Qual
è
allora
la
maledetta
contraddizione
della
condizione
istituzionale
della
magistratura
italiana?
Erano
previsti
due
sentieri:
quello
della
responsabilità
civile
e
quello
della
responsabilità
disciplinare.
Quello
della
responsabilità
disciplinare,
già
ai
tempi
del
referendum
promosso
dai
socialisti,
era
caduto
in
profonda
desuetudine,
perché
la
responsabilità
disciplinare
è
ormai
possibile
soltanto
qualora
al
Consiglio
superiore
si
determini
una
convergenza
di
correnti
che
la
possa
attuare,
altrimenti
la
responsabilità
disciplinare
è
caduta
in
tremenda
desuetudine.
Il
ministro
Mancuso
cercò
di
recuperarla
nel
Governo
Dini,
ma
fu
sconfitto
da
una
maggioranza
parlamentare
che
rivendicò
al
proprio
controllo
l'esercizio
di
quel
potere
costituzionale
e
si
pronunziò
contro
l'iniziativa
che
aveva
assunto
il
Guardasigilli,
determinando
le
sue
dimissioni
con
lo
strumento
della
sfiducia
ad
personam.
Ecco
perché,
con
profondo
rispetto
e
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