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vendetta
in
chi
ha
subito
violenze
e
protervie
altrui
e
le
vuole
dimenticare
in
nome
di
valori
politici
che
ebbero
nella
tradizione
liberale
-‐
visto
che
se
ne
è
parlato
-‐
un
punto
di
riferimento,
nel
quale
è
onore
dell'Italia
che
si
sia
riconosciuta
-‐
parlo
del
disegno
di
legge
di
allora
-‐
la
tradizione
socialista,
nel
pieno
rispetto
degli
sconfitti
(il
senatore
Pecchioli).
Non
però
sconfitti
dalla
storia;
in
questo
sono
liberale
fino
in
fondo:
non
userò
mai
per
un
comunista,
pur
essendo
sempre
stato
anticomunista,
l'espressione
«tu
sei
stato
sconfitto
dalla
storia».
La
storia
non
giudica,
semmai
giustifica,
e
speriamo
di
interpretarla
bene
in
questa
discussione
e
nel
voto
di
questo
provvedimento.
(Applausi
dei
senatori
Albertini,
Giovanardi
e
Liuzzi).
Saluto
ad
una
rappresentanza
di
studenti
PRESIDENTE.
Saluto
gli
studenti
e
i
docenti
dell'Istituto
comprensivo
«Luigi
Fantappiè»
di
Viterbo,
che
stanno
assistendo
ai
nostri
lavori
dalle
tribune.
(Applausi).
Ripresa
della
discussione
dei
disegni
di
legge
nn.
1070,
315
e
374
(ore
11,45)
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
senatore
Consiglio.
Ne
ha
facoltà.
CONSIGLIO
(LN-‐Aut).
Signor
Presidente,
onorevoli
colleghi,
che
la
disciplina
della
responsabilità
civile
degli
appartenenti
all'ordine
giudiziario
sia
materia
spinosa
è
cosa
ben
chiara;
lo
è
ancora
di
più
dopo
aver
ascoltato
gli
interventi
che
mi
hanno
preceduto.
Che
dal
1988,
anno
in
cui
il
Parlamento
approvò
la
legge
Vassalli,
sull'onda
del
referendum
popolare
che
introdusse
la
responsabilità
civile
dei
giudici,
si
percepisse
la
necessità
di
modificarla
era
cosa
altrettanto
chiara.
Che
nonostante
le
sanzioni
dell'Unione
europea
finora
lo
Stato
non
sia
chiamato
a
rispondere
dei
danni
nemmeno
in
caso
di
manifesta
violazione
del
diritto
europeo
è
tema
decisamente
attuale
e
che
questa
lacuna
giudiziaria
ci
sia
costata
una
dura
sanzione
nel
2011
da
parte
della
Corte
europea
è
cosa
agli
atti
di
questo
Parlamento.
Ne
deriva
signor
Presidente,
che,
di
fronte
ai
risultati
prodotti
dalla
legge
Vassalli,
che
sono
stati
da
più
parti
giudicati
non
rispondenti
agli
obiettivi
originari
posti
con
l'esito
referendario,
sono
stati
presentati
nel
tempo
svariati
progetti
di
legge
volti
a
introdurre
modifiche
sia
sotto
il
profilo
sostanziale
che
sotto
quello
procedurale
al
fine
di
contemperare,
da
un
lato,
l'esigenza
di
una
reale
applicabilità
della
responsabilità
civile
dei
magistrati
e,
dall'altro,
di
non
compromettere
la
necessaria
autonomia
e
indipendenza
degli
stessi.
Nel
difficile
dibattito
sul
tema
si
è
fortemente
inserita
la
Corte
di
giustizia
dell'Unione
europea
che
si
è
pronunciata
in
più
occasioni
riguardo
alla
mancata
rispondenza
della
legge
Vassalli
alle
norme
del
diritto
comunitario.
Con
il
disegno
di
legge
n.
1070
e
connessi
si
è
fatto
un
ulteriore
tentativo:
erano
in
piena
discussione
in
Commissione
giustizia
al
Senato
già
all'inizio
di
questo
anno,
tanto
che
a
febbraio
erano
già
stati
fissati
termini
per
gli
emendamenti.
Dato
però
che
in
questo
Paese,
signor
Presidente,
c'è
sempre
qualche
"ma",
questa
accesa
e
complessa
discussione
ha
subito
la
doccia
ghiacciata
dell'approvazione
dell'emendamento
Pini
alla
Camera
in
sede
di
esame
della
legge
europea.
Ne
è,
quindi,
derivato
un
leggero
smarrimento
del
Governo
che
ha
fatto
annunciare
la
presentazione
di
un
proprio
disegno
di
legge,
cosa
che
ha
congelato
di
fatto
la
discussione
fino
al
24
settembre
di
questo
anno,
data
in
cui
il
Governo
ha
presentato
un
suo
disegno
di
legge
in
cui
dà
un'impronta
diversa,
una
propria
linea
sicuramente
differente
da
quella
elaborata
nei
lavori
parlamentari.
Come
dicevo,
la
tematica
è
assolutamente
complessa
e,
come
ben
noto,
il
potere
giudiziario
non
deve
e
può
subire
limitazioni
o
interferenze
tali
da
menomare
la
posizione
di
assoluta
indipendenza
della
magistratura.
Se
per
giudicare
occorre
essere
imparziali
e
indipendenti,
un
magistrato,
al
pari,
non
può
essere
considerato
esente
da
ogni
tipo
di
conseguenza
rispetto
al
proprio
operato,
perché
ogni
suo
errore
si
riverbera
sui
diritti
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