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fondamentali
dei
cittadini,
soprattutto
quando
va
a
toccare
la
libertà
personale.
Eppure
il
referendum
di
26
anni
fa
era
stato
un
"successone",
e
la
legge
Vassalli
era
stata
in
fretta
e
furia
confezionata
per
mettere
freno
a
questo
referendum
(quello
che
temiamo
succeda
al
nostro
referendum
sulla
questione
di
cui
alla
legge
Fornero).
Questa
legge
aveva
clamorosamente
sbianchettato
quello
che
formalmente
il
referendum
aveva
chiesto
e,
quindi,
il
risarcimento
formalmente
si
ammette,
ma
di
fatto
è
una
chimera,
scritta
solamente
fra
le
righe
di
questa
legge.
La
stessa
Commissione
europea
nel
rapporto
per
l'efficienza
della
giustizia
del
Consiglio
d'Europa
condanna
il
nostro
sistema
giudiziario.
Abbiamo
milioni
di
procedimenti
pendenti.
Da
noi
occorrono
circa
500
giorni
per
il
processo
civile
in
primo
grado,
contro
i
290
della
Spagna,
i
280
della
Francia
e
i
185
della
Germania:
poi
ci
chiediamo
perché
le
imprese
non
vengono
in
questo
Paese
ad
investire.
Da
noi
servono
circa
80
euro
per
abitante
all'anno
per
il
funzionamento
della
macchina
giudiziaria,
contro
una
media
europea
di
circa
58
euro.
Noi
della
Lega
ritenevamo
che,
con
questa
modifica
alla
legge,
si
dovesse
e
si
potesse
sicuramente
osare
di
più.
Il
tentativo
di
trovare
forme
di
mediazione
e
di
compromesso
porterà
a
risultati
che
scontenteranno
tutte
le
parti.
Quindi,
cari
colleghi,
tanto
fumo
per
pochissimo
arrosto.
Il
problema
vero,
di
cui
nessuno
parla,
non
è
chi
pagherà
per
l'errore
commesso
(se
sarà
lo
Stato,
che
si
rivarrà
sul
magistrato),
ma
se
e
quando
la
responsabilità
sarà
acclamata.
Questo
indurrà
il
meccanismo
ad
arrovellarsi
su
se
stesso
per
trovare
un
cavillo
per
non
essere
operativo.
Ciò
mi
porta
a
pensare
che
non
sia
giusto,
signor
Presidente,
che
ci
sia
responsabilità
senza
potere,
né
sia
giusto
che
ci
sia
potere
senza
responsabilità.
Le
due
cose
devono,
giocoforza,
andare
a
braccetto.
Signor
Presidente,
i
comuni
mortali,
nel
momento
in
cui
commettono
un
errore
(questo
vale
anche
per
tutte
le
categorie
professionali),
per
dolo
o
colpa
semplice
(quindi
arrecando
danno
ad
altri
cittadini),
giustamente
devono
pagare.
Per
i
magistrati
questo
non
sempre
vale:
se
il
magistrato
sbaglia
non
deve
essere
certificata
la
colpa
grave,
e,
quindi,
si
innesca
un
meccanismo
molto
complesso
per
la
verifica.
La
nostra
preoccupazione
è,
quindi,
che
poco
cambierà.
Non
chiamiamola,
quindi,
riforma
della
giustizia;
non
chiamiamola
riforma
innovativa,
né
riforma
risolutiva.
Diciamo
semplicemente,
signor
Presidente,
che
si
poteva
fare
di
più
e
questa
è
l'unica
cosa
certa.
(Applausi
dal
Gruppo
LN-‐Aut).
PRESIDENTE.
È
iscritta
a
parlare
la
senatrice
Mussini.
Ne
ha
facoltà.
MUSSINI
(Misto-‐MovX).
Signor
Presidente,
inizio
con
una
breve
premessa
a
beneficio
di
chi
desidera
essere
informato,
per
capire
di
cosa
stiamo
discutendo
ora.
Parliamo
di
responsabilità
civile
dei
magistrati,
disciplinata
dalla
cosiddetta
legge
Vassalli,
che
nacque
-‐
vale
la
pena
ricordarlo
-‐
in
seguito
all'espressione
della
volontà
popolare,
che
l'anno
prima
(1987)
venne
consultata
tramite
referendum.
Il
senso
è
il
seguente:
l'illecito
civile
del
magistrato
obbliga
verso
il
danneggiato
esclusivamente
lo
Stato,
che,
se
condannato,
esercita
la
rivalsa
nei
confronti
del
proprio
dipendente.
Si
tratta,
quindi,
di
una
responsabilità
indiretta.
Una
scelta
fatta
a
suo
tempo
dal
legislatore
per
armonizzare
due
distinti
principi,
validi
entrambi,
che
però
non
possono
confliggere
tra
loro:
da
un
lato,
la
tutela
del
cittadino
danneggiato
da
un
giudizio,
diciamo
così,
ingiusto
e,
dall'altra,
la
garanzia
del
valore
costituzionale
dell'indipendenza
e
dell'autonomia
della
giurisdizione.
Altro
-‐
ben
altro
-‐
sarebbe
invece
la
responsabilità
diretta,
in
cui,
cioè,
non
è
lo
Stato
a
rispondere,
ma
direttamente
e
personalmente
il
singolo
giudice:
una
forma
di
pressione
che
potrebbe
condizionare
ed
influenzare
il
giudizio,
soprattutto
quando
il
magistrato
fosse
chiamato
ad
esprimersi
in
una
controversia
che
dovesse
contrapporre
un
soggetto
influente,
e
magari
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