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profonda
attenzione
anche
alle
opinioni,
che
non
condivido
affatto,
espresse
stamattina
dalla
senatrice
Ricchiuti,
devo
dirle
che
la
Costituzione
non
prevede
o
non
prevede
ancora
la
glorificazione
permanente
degli
eroi
di
Mani
pulite
e
che
la
pagina
che
indusse
Mancuso
a
non
poter
esercitare
profili
di
responsabilità
disciplinare
non
fu
una
bella
pagina
della
nostra
storia
costituzionale.
Torniamo
allora
al
nostro
problema.
Il
senatore
Buemi
stamattina
ci
è
passato
vicino.
Esiste
un'organizzazione
burocratica
della
magistratura
ed
è
rappresentata
dal
modello
francese
e,
in
buona
parte,
anche
dal
modello
italiano,
che
stabilisce
che
alla
magistratura
si
acceda
per
concorso.
C'è
poi
il
modello
anglosassone,
che
prevede
che
la
magistratura
sia
un'entità
professionale.
Di
tale
condizione
però,
in
questo
caso,
fanno
parte
a
pieno
titolo
anche
gli
avvocati.
Ecco
perché
in
Gran
Bretagna
il
controllo
sull'operato
della
magistratura
si
svolge
grazie
all'unità
corporativa
tra
avvocati
e
magistrati,
mentre
invece
il
modello
costituzionale
italiano
è
tutto
un
altro.
Poi
però
questi
stessi
magistrati
italiani,
che
rivendicano
la
nostra
tradizione,
quella
del
concorso
e
dell'organizzazione
burocratica,
hanno
voluto
l'inefficacia
della
responsabilità
disciplinare.
Il
Consiglio
superiore
della
magistratura
venne
attuato
nel
1958.
Ci
fu
però
un
intervento
ammonitore
di
un
parlamentare
di
grande
prestigio
e
di
lungo
respiro,
l'onorevole
Scalfaro
che
alla
Costituente
propose
un
emendamento
sulla
composizione
del
Consiglio
superiore
della
magistratura,
in
cui
sovvertendo
le
proposte
originarie
di
Leone
e
Calamandrei,
chiese
cosa
mai
fosse
questa
libertà
all'occidentale,
affermando
che
quella
della
toga
è
libertas
corporata
medievale.
Furono,
cioè,
anticipati
da
destra
i
movimenti
corporativi
verso
sinistra
che
hanno
portato,
negli
anni
Sessanta
e
Settanta,
ad
una
deriva
sindacale
corporativa
come
quella
di
oggi.
Il
Consiglio
superiore
della
magistratura,
organo
che
non
ha
riscontro
in
alcun
modello
costituzionale
occidentale,
ha
posto
le
manette
-‐
è
il
caso
di
dire
-‐
all'istituto
della
responsabilità
disciplinare.
Ecco
perché
la
responsabilità
civile
si
è
caricata
di
tanta
importanza,
tensione
e
attenzione
dal
1987
in
poi.
Bisogna
dire
che
la
legge
Vassalli
si
è
rivelata
fallimentare,
e
lo
dico
con
tutto
il
rispetto
per
il
Ministro
proponente
-‐
credo
condiviso
anche
dal
senatore
Albertini
-‐
e
con
tutta
l'amicizia
e
l'affetto
per
il
relatore,
che
era
il
nostro
amico
Del
Pennino.
Rispetto
ad
allora
si
è
cercato
di
procedere
per
la
via
europea
e
il
senatore
Buemi
ha
fatto
valere,
con
considerazioni
intelligenti,
il
profilo
di
quella
strada
e
quanto,
invece,
sotto
il
profilo
legislativo,
sembra
più
soddisfacente
quella
alla
nostra
attenzione.
Si
è
cercato
di
tipizzare,
oltre
al
dolo,
alcune
forme
di
colpa
grave.
Il
senatore
Albertini
ha
sottolineato
il
caso
dell'imperizia.
Ecco,
forse
dietro
quella
discussione
in
Commissione
sull'emendamento
tra
il
collega
Albertini
e
il
ministro
Orlando,
c'era
una
oscillazione
continua
fra
due
modelli
di
magistratura:
il
modello
burocratico
e
il
modello
di
organizzazione
professionale,
che
forse
ritroveremo
in
quei
profili
di
responsabilità
contabile,
intesi
-‐
come
ha
detto
il
senatore
Albertini
-‐
come
emendamenti
ricognitivi,
ai
quali
credo
il
Gruppo
rappresentato
dai
senatori
Albertini
e
Giovanardi,
con
tanto
prestigio,
in
Commissione
giustizia,
farà
oggetto
anche
in
quest'Aula
del
proprio
contributo.
Quello
che
è
certo
è
che
dovremmo
arrivare
ad
un
provvedimento
che
superi
le
barriere
corporative
che
fuori
di
quest'Aula
si
fanno
sentire
con
protervia,
arroganza
e
ricatto.
Come
odioso
-‐
da
questo
punto
di
vista
i
miei
sentimenti
sono
abbastanza
analoghi
a
quelli
del
senatore
D'Anna
-‐
fu
il
comportamento
della
magistratura
nella
poco
gloriosa
epopea
di
Mani
pulite,
ai
danni
della
Costituzione.
Detto
questo,
penso
che
ci
siano
finora
tutte
le
premesse
per
arrivare
ad
una
soluzione
equilibrata
senza
spiriti
punitivi
e
di
vendetta,
come
teme
la
senatrice
Ricchiuti.
Stia
tranquilla,
senatrice:
non
c'è
assolutamente
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