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per
cui
viene
sempre
fatta
salva
l'attività
di
interpretazione
del
diritto
e
quella
della
valutazione
del
fatto
e
delle
prove:
un
concetto
che
viene
mantenuto
anche
nel
testo
che
discutiamo
oggi
in
Aula.
Veniamo
alle
necessità
di
oggi,
che
ci
portano
a
discutere
delle
modifiche
di
quel
testo
del
1988.
Le
ragioni
per
una
sua
revisione
sono
sostanzialmente
due:
la
prima
è
la
scarsa
applicazione
di
questa
legge.
Effettivamente
il
documento
che
ci
venne
consegnato
a
suo
tempo,
il
resoconto
dell'efficacia
dal
1988
ad
oggi,
mostra
che
le
proposte
sono
state
410;
71
quelle
in
attesa
di
ammissibilità,
266
le
inammissibili
definitive,
25
quelle
inammissibili
impugnate,
35
le
ammissibili
definitive,
7
quelle
accolte,
17
quelle
respinte
e
44
pendenti.
Possiamo
ammettere
che
sicuramente
il
filtro
agisce
in
modo
estremamente
potente.
Quindi,
la
scarsa
applicazione
di
questa
legge
si
suppone
sia
soprattutto
in
relazione
all'esistenza
del
filtro
di
ammissibilità,
che
è
il
vaglio
preliminare
che
la
richiesta
del
cittadino
deve
superare
perché
si
possa
dare
corso
alla
sua
istanza.
La
procedura
di
infrazione,
invece,
è
la
seconda
ragione.
È
stata
aperta
dalla
Commissione
europea
una
procedura
di
infrazione
nei
nostri
confronti
con
cui
si
richiama
l'Italia
ad
integrare
la
normativa
vigente,
inserendo
il
diritto
per
il
privato
cittadino
a
chiedere
il
risarcimento
allo
Stato,
nel
caso
in
cui
il
danno
che
ha
subito
sia
frutto
di
una
errata
interpretazione
delle
norme
europee,
di
un'
erronea
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove
operata
nell'ultimo
grado
di
giudizio
o
di
una
violazione
manifesta
del
diritto
europeo
vigente.
Ora,
questo
è
certo,
ma
sgombriamo
subito
il
campo
da
una
leggenda:
l'Europa
non
ci
chiede
di
introdurre
una
responsabilità
diretta;
anzi,
la
Corte
di
giustizia
dell'Unione
europea
ha
confermato
che
tale
responsabilità
deve
ricadere
sullo
Stato.
Il
testo
che
giunge
ora
in
Aula,
per
la
verità,
assomiglia
molto
a
quello
che
noi
filologi
chiameremmo
un
passo
corrotto
-‐
absit
iniuria
verbis
-‐
in
cui
"corrotto"
si
spiega
in
ragione
di
un
percorso
assai
accidentato
che
ha
tenuto
impegnata
a
lungo
la
Commissione
in
un
difficile
e
delicato
lavoro
di
riflessione,
composizione
e
ricomposizione
di
posizioni
differenti.
Personalmente
devo
dire
che,
nel
bene
o
nel
male,
il
fatto
che
si
sia
eseguito
un
iter
parlamentare
in
cui
il
Governo,
pur
desiderando
a
più
riprese
intervenire
in
modo
più
massiccio
con
un
proprio
disegno
di
legge,
in
realtà
è
stato
attivo
limitatamente
alla
parte
che
gli
compete
ed
è
fissata,
vale
a
dire
fare
proposte
emendative
e
partecipare
costruttivamente
alla
discussione.
Ritengo
dunque
che
questo
iter
parlamentare
sia
una
vittoria
della
democrazia
parlamentare,
perché
abbiamo
visto
una
discussione
nella
Commissione
di
merito,
una
discussione
tecnica
e
politica
su
una
materia
così
complessa,
e
soprattutto
un'espressione
di
voto
dei
singoli
rappresentanti
eletti.
Questo
nonostante
l'eco
negativa
nella
strana
maggioranza
che
ci
governa,
e
che
abbiamo
sentito
risuonare
anche
oggi,
e
nonostante
l'interferenza
della
concomitante
legge
europea;
voglio
qui
ricordare
che
in
un
disegno
di
legge
di
iniziativa
governativa
attraverso
un
voto
segreto
è
stato
inserito,
ribaltando
la
volontà
del
Governo,
la
responsabilità
diretta,
stralciata
poi
in
Senato,
grazie
a
quel
perfetto
bicameralismo
che
questo
stesso
Governo
(che
ne
ha
approfittato
e
ne
approfitta
a
più
e
più
riprese)
vorrebbe
eliminare,
con
un
voto
di
fiducia.
Al
di
là
dell'evidenza
che
questa
mia
breve
narrazione
mette
in
luce
in
termini
di
difficoltà
rispetto
alla
relazione
tra
l'esistenza
di
una
maggioranza
e
la
sua
volontà
politica
di
muoversi
in
una
certa
direzione
e
la
corrispondenza
poi
con
il
voto
dei
rappresentanti
eletti,
il
fatto
che
si
giunga
in
Aula
con
un
percorso
di
questo
tipo,
al
di
là
dei
risultati
e
dei
contenuti,
deve
essere
preso
comunque
come
una
vittoria
di
noi
tutti
che
qui
abbiamo
finalmente
fatto
quello
che
dovevamo
fare
e
che
siamo
chiamati
a
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