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fare.
Nel
testo
originario
in
discussione
in
Senato,
con
l'approvazione
di
emendamenti
soppressivi
presentati
da
numerosi
Gruppi,
tra
cui
quello
cui
appartengo,
in
Commissione
è
stato
soppresso
l'articolo
1,
che
conteneva
l'introduzione
della
responsabilità
diretta.
È
stato
così
soppresso
grazie
ad
un
voto
impropriamente
oggetto
di
critiche,
come
se
la
responsabilità
nel
prendere
posizione
su
una
materia
così
delicata
potesse
essere
oggetto
di
condizionamenti
che
nascono
da
accordi
superiori
o
extraparlamentari.
Nel
testo
licenziato
dalla
Commissione
è
stato
rimosso
il
filtro
di
ammissibilità,
il
che
potrebbe
effettivamente
risolvere
la
scarsa
applicazione
della
legge
Vassalli,
anche
se
potrebbe
essere
fonte
di
un
sovraccarico
indiscriminato
di
richieste
(probabilmente
molto
fondate,
ma
molte
magari
anche
infondate).
È
stato
inserito
quanto
richiesto
per
chiudere
la
procedura
di
infrazione,
cioè
la
considerazione
del
diritto
europeo,
benché
con
una
formulazione
che
riprende
pari
pari
nella
parte
finale,
in
modo
un
po'
goffo,
il
testo
della
già
citata
sentenza
della
Corte
europea:
il
giudice
«deve
tenere
conto
della
posizione
adottata
da
una
istituzione
europea»,
non
circoscrivendo
così
cosa
si
intende
con
«istituzioni»
e
utilizzando
un
linguaggio
che
non
è
propriamente
il
più
adatto
per
una
materia
così
delicata.
Non
è
una
definizione
stringente,
ma
valuteremo
comunque,
in
fase
di
discussione
degli
emendamenti,
questo
e
altri
aspetti
forse
non
ben
coordinati
nel
testo.
Mi
preme
fare
qualche
breve
considerazione
finale,
molto
importante
per
me.
L'istituto
della
responsabilità
civile
ha
una
funzione
riparatoria
volta
a
risarcire
chi
è
stato
danneggiato.
Sarebbe
improprio
darle
una
connotazione
etica,
così
come
sarebbe
improprio
spacciare
questo
istituto
come
uno
strumento
per
aumentare
lo
scrupolo
e
le
qualità
delle
prestazioni
del
magistrato
e,
di
riflesso,
risolvere
-‐
così
come
si
vorrebbe
far
credere
ai
destinatari
di
un
uso
mediatico
del
tema
-‐
un
sistema
in
difficoltà
come
l'amministrazione
della
giustizia
e
la
somministrazione
del
diritto
si
snellirebbe
magicamente,
in
virtù
di
una
pressione
sui
magistrati
stessi.
È
tristemente
ovvio
che
non
è
così,
non
sarà
così
e
non
sarebbe
così.
Come
ha
già
detto
la
collega
Stefani
e
come
già
è
stato
detto
in
quest'Aula,
la
giustizia
(non
finiremo
mai
di
dirlo),
in
particolare
quella
civile,
avrebbe
bisogno
di
ben
altro:
da
investimenti
seri
nella
informatizzazione
a
una
migliore
distribuzione
di
risorse
e
tanto
altro,
cui
spetta
prima
di
tutto
all'Esecutivo
provvedere.
Noi,
come
legislatori,
avremmo
altre
priorità.
Il
vice
presidente
della
Commissione
europea
Timmermans
la
settimana
scorsa
ha
inserito
al
primo
posto,
nell'elenco
delle
azioni
urgenti
di
cui
il
nostro
Paese
ha
bisogno,
il
contrasto
alla
corruzione
e
ai
reati
finanziari.
E
noi
qui
temporeggiamo,
rimandiamo
e
aspettiamo.
A
me
sembra
che
alla
giustizia
stia
accadendo
quanto
accade
da
anni
all'istruzione,
un
altro
pilastro
-‐
forse
non
a
caso
-‐
nella
costruzione
del
senso
civico.
Dal
momento
che
non
riusciamo
(o
non
vogliamo)
avere
un
sistema
davvero
efficiente,
parliamo
d'altro,
togliamo
credibilità
e
risorse,
destituiamo
le
funzioni
davanti
all'opinione
pubblica,
non
investiamo
nella
qualità
e
nella
professionalità
di
tutti
coloro
che
concorrono
a
realizzare
gli
obiettivi
costituzionali
propri.
Quindi,
concludiamo
questo
buon
iter
parlamentare
per
necessità,
rendendoci
conto
che
però
le
necessità
di
cui
la
giustizia
oggi
ha
bisogno
sono
altre.
E
provvediamo
rapidamente.
(Applausi
della
senatrice
Bencini).
PRESIDENTE.
È
iscritto
a
parlare
il
senatore
Mancuso.
Ne
ha
facoltà.
MANCUSO
(NCD).
Signor
Presidente,
oggi
l'Aula
giunge
all'approvazione
di
un
provvedimento
importante,
che
disciplina
un
aspetto
controverso
ed
estremamente
delicato,
in
un
sistema
in
cui
il
bilanciamento
dei
poteri
dello
Stato
deve
sempre
restare
in
equilibrio.
Tutte
le
forme
di
professione
e
in
generale
le
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