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interpretare
il
diritto
europeo,
vuol
dire
una
sola
cosa:
occorre
garantire
l'uniforme
interpretazione
del
diritto
in
tutti
gli
Stati
europei.
È
questa
la
ragione
dell'ulteriore
mio
emendamento,
che
è
una
specificazione
di
quanto
avete
detto,
anche
se
io
propongo
una
sostituzione,
come
anche
altri
senatori,
nel
senso
che
propongo
di
sostituire,
al
comma
1,
lettera
c)
capoverso
«3-‐
bis»,
secondo
periodo,
le
parole:
«della
posizione
adottata
da
un'istituzione
dell'Unione
europea»
con
le
seguenti:
«del
grave
contrasto
dell'atto
o
del
provvedimento
con
l'interpretazione
già
espressa
dalla
Corte
di
giustizia
europea».
Tutto
ciò
nella
consapevolezza
che,
nel
linguaggio
europeo,
la
«posizione
adottata»
vuol
dire
anche
una
sorta
di
normazione
e
di
provvedimenti
dell'istituzione
europea.
Allora,
signor
Vice
Ministro,
riformuli
l'emendamento,
tenendo
conto
del
mio
e
specificando
l'idea
di
quanto
era
scritto
nell'emendamento
del
Governo,
in
modo
tale
da
far
pendant
con
l'altra
sul
«non
aver
tenuto
conto».
Ciò
significa
lasciare
all'interprete
il
dubbio
dell'interpretazione,
che
è
sbagliato
perché
noi
dobbiamo
dare
certezze,
specie
in
questa
materia.
Ho
sentito
parlare,
se
non
ricordo
male,
dal
senatore
Mancuso
e
da
qualche
altro
senatore,
della
necessità
di
inserire
anche
l'imperizia
e
via
dicendo.
Nel
mio
emendamento
5.103,
signor
Vice
Ministro,
al
posto
di
«negligenza
inescusabile»,
ritengo
che
dobbiamo
per
forza
dire:
«ovvero
nei
casi
di
colpa
grave
di
cui
all'articolo
2,
commi
2,
3
e
3-‐bis,
ovvero
quando
il
danno
ingiusto
è
stato
determinato
da
dolo».
Il
dolo
infatti
-‐
ho
letto
anche
l'emendamento
del
relatore
-‐
vuol
dire
qualcosa
che
non
è
legato
a
quelle
sole
ipotesi.
Se
c'è
un
dolo
che
prescinde
da
quell'ipotesi
che
stabilisce
un
determinato
risultato
non
corretto,
vi
è
comunque
responsabilità.
E
allora
per
quale
motivo
limitare
a
negligenza
inescusabile?
Abbiamo
detto
che
l'articolo
2
della
legge
parla
di
dolo
o
colpa
grave
del
giudice.
Abbiamo
individuato,
limitandoli,
i
casi
di
colpa
grave.
La
legge
Vassalli
prevedeva
la
rivalsa
per
i
casi
di
colpa
grave,
e
tutta
la
legge
parlava
di
negligenza
inescusabile.
Il
senatore
Mancuso
giustamente
ha
parlato
di
imperizia:
e
perché
negligenza,
imperizia,
imprudenza
ed
inosservanza
di
ordini
e
discipline,
come
è
previsto
per
qualsiasi
caso
di
colpa
grave,
non
devono
essere
considerate?
Il
mio
emendamento,
quindi,
non
fa
altro
che
tradurre
in
concreto
i
casi
di
colpa
grave
che
abbiamo
individuato
insieme
e
scritto.
Addirittura
l'elencazione
contenuta
nella
legge
Vassalli
era
del
tutto
tassativa;
anche
questa
è
tassativa.
E
allora
mi
domando
perché
adottare
una
formula
del
tutto
sbagliata,
diversa,
di
limitazione
se
si
giustifica,
in
base
alla
sentenza
della
Corte
costituzionale
del
1968,
una
diversità
di
disciplina
rispetto
ai
pubblici
dipendenti,
che
si
ha
attraverso
l'azione
indiretta
e
modalità
di
accertamento
che
hanno
una
loro
valenza.
Signor
Vice
Ministro,
il
mio
intervento
è
nel
merito,
ma
riguarda
anche
il
profilo
della
correttezza
dei
rapporti
con
il
Parlamento.
Il
testo
Buemi
all'articolo
4,
di
cui
proponete
soltanto
oggi
la
soppressione,
non
è
mai
stato
oggetto
di
alcuna
modifica
e
nessun
emendamento
durante
il
dibattito
in
Commissione,
che
è
durato
a
lungo:
addirittura
otto
mesi
perché
avevate
chiesto
il
rinvio.
Vi
era
condivisione
da
parte
di
tutti
e
del
Governo,
che
non
ha
mai
ritenuto
né
di
formulare
emendamenti
né
di
sollecitarli.
Che
dice
questo
articolo?
«La
decisione
pronunciata
nel
giudizio
promosso
contro
lo
Stato
(...)».
Mi
ascolti,
Vice
Ministro,
se
l'articolo
avesse
detto
che
quella
decisione
faceva
stato
nel
giudizio
di
rivalsa
e
nel
procedimento
disciplinare
avrei
votato
contro
o
ne
avrei
chiesto
la
soppressione:
ma
non
dice
questo!
Non
bariamo:
qui
si
dice
una
cosa
ben
diversa!
L'articolo
dice
che
la
decisione
fa
stato
solo
in
ordine
all'accertamento
del
fatto.
Allora,
ritornando
all'articolo
2
cosa
vuole
dire?
Se
la
sentenza
di
condanna
dello
Stato
ha
stabilito
che
un
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