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ancora
in
grado
di
dire
se
queste
persone
sono
colpevoli
o
innocenti.
Cito
questo
caso
che
riguarda
due
umili
cittadini,
ma
potrei
citare,
dal
1992
in
avanti,
casi
di
potenti
Ministri
finiti
in
carcere
per
poi
essere
assolti.
Mi
riferisco
al
caso
Mannino
perché
è
stato
emblematico,
ma
potrei
parlare
di
quello
di
Gava
o
dei
novanta
colleghi
democristiani
che,
nel
periodo
1992-‐ 1994,
ebbero
un
avviso
di
garanzia
e
finirono
sulla
graticola,
ma
nel
95
per
cento
dei
casi
sono
stati,
non
prescritti,
ma
assolti
nel
merito
oppure
le
accuse
sono
state
archiviate.
Potrei
parlare
del
Governo
Prodi,
precedente
all'ultimo
Governo
Berlusconi,
con
le
vicende
giudiziarie
di
Mastella.
Parliamo
insomma
di
un
Paese
in
cui,
per
il
semplice
cittadino
o
per
i
cosiddetti
potenti,
è
indubbio
che
vi
sia
un'anomalia
tutta
italiana.
Credo
che
solo
l'Italia
sia
un
Paese
in
cui
la
funzione
della
magistratura
sia
tale
da
condizionare
pesantemente
la
vita
politica.
Ormai
credo
che,
storicamente,
ciò
che
è
successo
dal
1992
in
avanti,
con
la
distruzione
di
cinque
partiti
storici
e
l'evoluzione
successiva,
sia
stata
largamente
determinato
dalle
iniziative
delle
procure.
Mi
sembra
che
questa
sia
una
verità
storica
ormai
accertata.
Gli
stessi
magistrati
dicono
che
è
fisiologico
che
un
processo
duri
sedici,
diciassette
o
diciotto
anni.
Questo
perché
sostengono:
in
primo
grado
abbiamo
ritenuto
che
la
verità
fosse
una;
in
appello
abbiamo
ritenuto
che
la
verità
fosse
un'altra;
la
Cassazione
ha
opinato
di
rinviare
tutto
in
appello;
la
Corte
d'appello
ha
rideciso,
ma
tutto
è
stato
rinviato
di
nuovo
in
Cassazione;
la
Cassazione
ha
rinviato
nuovamente
in
appello.
Ebbene,
se
si
pensa
che
tutto
vada
bene,
che
tutto
sia
regolare,
perché
queste
sono
le
procedure,
allora
io
credo
che
vi
sia
un'anomalia
tutta
italiana
che
in
qualche
modo
vada
affrontata.
Come?
Capisco
le
difficoltà
che
abbiamo
incontrato
approfondendo
il
problema,
perché
anch'io
sono
uno
di
coloro
che
hanno
sempre
pensato:
perché
il
chirurgo,
l'ingegnere,
l'avvocato,
il
dipendente
statale,
chiunque,
risponde
se,
per
colpa
grave,
per
imperizia,
per
negligenza,
causa
dei
danni,
mentre
i
magistrati
non
rispondono?
È
una
domanda
che
l'opinione
pubblica
si
pone.
Mi
viene
ribattuto:
perché
un
magistrato
decide,
e
quando
decide
c'è
sempre
una
parte
soccombente,
quindi
qualcuno
che
può
avere
ragioni
di
doglianza
nei
confronti
del
magistrato.
Colleghi
senatori,
bisogna
che
ce
lo
diciamo
chiaramente:
il
magistrato
in
Italia
non
è,
come
in
altri
sistemi,
una
persona
avulsa
dalla
società,
che
rappresenta
la
legge;
prevalentemente
è
un
signore
che
fa
parte
di
un'organizzazione
sindacale
o
di
una
corrente
politica,
fa
politica,
scrive
libri,
partecipa
a
dibattiti,
in
alcuni
casi
dice
esplicitamente
che
con
l'azione
della
magistratura
vuole
cambiare
la
società
e
la
politica,
quindi
svolge
una
funzione
politica
vera
e
propria.
Il
Consiglio
superiore
della
magistratura
è
organizzato
in
correnti
che
fanno
impallidire
le
correnti
di
partito,
perché
lì
sono
lottizzate
anche
le
sedie,
le
poltrone,
le
scrivanie,
le
matite,
il
personale.
E
quando
si
va
a
stabilire
chi
deve
fare
il
procuratore
o
il
presidente
del
tribunale
da
una
parte
o
dall'altra,
la
lottizzazione
è
scientifica;
altro
che
manuale
Cencelli!
Questa
è
la
vera
realtà
con
la
quale
ci
confrontiamo.
Tornando
al
tema
in
esame,
occorre
chiedersi
se,
come
Nuovo
Centrodestra,
siamo
soddisfatti
e
contenti
dell'esito
di
questa
discussione
e
del
prodotto
legislativo
che
verrà
licenziato
dal
Senato,
davanti
a
queste
patologie
ed
alla
continua
intromissione
del
Consiglio
superiore
della
magistratura
e
dell'Associazione
nazionale
magistrati,
che
tentano
di
condizionare
pesantemente
l'attività
del
Parlamento.
Se
almeno
questi
soggetti
agissero
con
grande
onestà
intellettuale!
Purtroppo,
invece,
abbiamo
dovuto
leggere
«robe
lunari»
e
questo
mi
fa
impressione,
perché
mi
riferisco
a
testi
che
provengono
da
magistrati,
persone
che
dovrebbero
essere
imparziali
ed
amministrare
la
legge.
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