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limite:
quello
dell'interpretazione
di
norme
di
diritto
e
della
valutazione
del
fatto
e
delle
prove
caratterizzanti,
dal
punto
di
vista
sostanziale,
tale
disciplina
speciale.
Il
dibattito
che
ha
caratterizzato
i
lavori
della
Commissione
giustizia,
nonché
le
riflessioni
che
hanno
accompagnato
il
percorso
politico
di
questi
anni
in
materia
di
responsabilità
civile
dei
magistrati,
hanno
visto
contrapposti
da
un
lato
la
previsione
costituzionale
di
cui
all'articolo
28,
che
pone
come
principio
generale
la
responsabilità
diretta
dei
pubblici
dipendenti,
e
l'articolo
3
per
la
presunta
differenza
discriminatoria
della
disciplina
speciale
dei
magistrati
rispetto
agli
altri
funzionari
e
dipendenti
dello
Stato.
Dall'altro
lato,
come
sancito
nella
sentenza
della
Corte
costituzionale
del
1989
con
la
quale
è
stata
dichiarata
la
legittimità
della
stessa
legge
n.
117
del
1988,
la
riflessione
doveva
necessariamente
portare
a
sintesi
un
quadro
d'insieme
dei
diversi
valori
costituzionali
da
contemperare
al
fine
di
preservare
la
peculiarità
della
funzione
dell'esercizio
della
giurisdizione,
per
cui
il
magistrato
è
soggetto
solo
alla
legge
con
una
posizione
super
partes,
indipendente,
non
condizionabile
nell'autonoma
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove
e
nella
formulazione
del
giudizio
finale.
È
emersa
con
evidenza,
pertanto,
in
fase
di
esame,
che
la
disposizione
introdotta
dalla
Camera
dei
deputati
con
l'articolo
30
della
legge
europea
2013
di
modifica
della
legge
n.
117
del
1988
eccedeva
il
dispositivo
della
stessa
sentenza
di
condanna
europea
del
2011,
istituendo
una
responsabilità
civile
diretta
dei
magistrati
ai
fini
del
risarcimento
dei
danni
patrimoniali.
È
opportuno
ricordare
al
riguardo
la
giurisprudenza
della
Corte
di
giustizia,
rilevante
ai
fini
della
definizione
della
normativa
in
esame,
e
in
particolare
la
sentenza
Kobler
del
2003
e
la
sentenza
Traghetti
del
Mediterraneo
Spa
del
2006,
con
le
quali
si
precisa
che
la
responsabilità
richiamata
riguardava
la
responsabilità
dello
Stato
membro,
e
non
del
singolo
magistrato,
per
violazione
del
diritto
comunitario
da
parte
di
un
organo
giurisdizionale
di
ultimo
grado
preordinata
a
conferire
diritti
ai
singoli
nei
casi
di
violazione
grave
e
manifesta
in
riferimento
al
grado
di
chiarezza
e
di
precisione
della
norma
violata,
del
carattere
intenzionale
della
violazione,
ovvero
rispetto
alla
posizione
adottata
da
una
istituzione
comunitaria
o
per
mancata
osservanza
dell'obbligo
del
rinvio
pregiudiziale,
ai
sensi
dell'articolo
267
del
Trattato
dell'Unione
europea.
In
ogni
caso
la
violazione
è
manifesta
quando
ignori
la
giurisprudenza
della
stessa
Corte
di
giustizia
in
quella
materia.
Rimane
pertanto,
nella
proposta
in
esame,
la
responsabilità
indiretta
dei
magistrati,
per
dolo
o
colpa
grave,
ovvero
per
grave
violazione
di
legge
con
l'esclusione
della
responsabilità
nella
valutazione
del
fatto
e
delle
prove,
salvo
travisamento.
Rimane
ancora,
tuttavia,
da
definire...
(Brusio).
PRESIDENTE.
Colleghi,
fate
svolgere
con
calma
l'intervento.
Vi
invito
a
prendere
posto
in
considerazione
del
fatto
che
fra
poco
si
voterà
e
ad
evitare
i
capannelli.
Prego
continui,
senatrice
Ginetti.
GINETTI
(PD).
Rimane
tuttavia
da
definire
ancora
il
rapporto
con
la
responsabilità
disciplinare
dei
magistrati.
Quali
altre
previsioni
tassative
di
responsabilità
nell'ordinamento
rimangono
il
diniego
di
giustizia,
di
cui
all'articolo
3
della
citata
legge
Vassalli,
sulla
quale
interviene
la
legge
Pinto
del
2001,
e
la
previsione
della
responsabilità
diretta
dei
magistrati,
sancita
dall'articolo
13
della
citata
legge
n.
117
del
1988,
nell'ipotesi
di
danni
derivanti
da
fatti
costituenti
reato
commessi
nell'esercizio
delle
proprie
funzioni.
L'azione
risarcitoria
del
danno
viene
modificata
dal
testo
in
approvazione
con
l'eliminazione
della
procedura
del
filtro
di
ammissibilità
della
domanda
e
chiarisce
la
natura
obbligatoria
dell'azione
che
lo
Stato
deve
promuovere
nei
confronti
del
magistrato
per
il
recupero
del
risarcimento,
aumentando
il
tempo
utile
per
proporre
la
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