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della
sentenza
30
settembre
2003,
causa
C-‐ 224/01,
Kóbler».
Alla
luce
della
sentenza
da
ultimo
indicata,
al
fine
di
determinare
se
questa
condizione
sia
soddisfatta,
il
giudice
nazionale
investito
di
una
domanda
di
risarcimento
danni
deve
tener
conto
di
tutti
gli
elementi
che
caratterizzano
la
situazione
sottoposta
al
suo
sindacato,
e,
in
particolare,
del
grado
di
chiarezza
e
di
precisione
della
norma
violata,
del
carattere
intenzionale
della
violazione,
della
scusabilità
o
inescusabilità
dell'errore
di
diritto,
della
posizione
adottata
eventualmente
da
un’
istituzione
comunitaria
nonché
della
mancata
osservanza,
da
parte
dell'organo
giurisdizionale
di
cui
trattasi,
del
suo
obbligo
di
rinvio
pregiudiziale
ai
sensi
dell'articolo
234,
terzo
comma,
CE,
nonché
della
manifesta
ignoranza
della
giurisprudenza
della
Corte
di
giustizia
nella
materia
(sentenza
Köbler,
cit.,
punti
53-‐56).
È
opportuno
chiarire
che
proprio
la
giurisprudenza
della
Corte
di
giustizia
dell'Unione
europea,
nell'evidenziare
l'intento
di
assicurare
ai
cittadini
un
rimedio
risarcitorio
completo
per
i
danni
subiti
anche
dall'esercizio
della
giurisdizione,
definisce
come
essenziale
che
sia
lo
Stato
e
non
il
singolo
giudice
a
rispondere
in
modo
diretto
per
eventuali
violazioni
del
diritto
dell'Unione
europea
commesse
nell'esercizio
della
giurisdizione.
Il
testo
oggi
in
esame
mira
proprio
a
sanare
l'infrazione
sollevata
nei
confronti
dell'Italia.
La
proposta
è
composta
da
sette
articoli
che
introducono
modifiche
agli
articoli
2,
4,
7,
9
e
23
della
legge
117
del
1988
sulla
responsabilità
civile
dei
magistrati.
Gli
elementi
principali
sono:
il
mantenimento
dell'attuale
principio
della
responsabilità
indiretta
del
magistrato
(l'azione
risarcitoria
rimane
azionabile
nei
confronti
dello
Stato);
la
limitazione
della
clausola
di
salvaguardia
che
esclude
la
responsabilità
del
magistrato;
la
ridefinizione
delle
fattispecie
di
colpa
grave;
l'eliminazione
del
filtro
endoprocessuale
di
ammissibilità
della
domanda;
una
più
stringente
disciplina
della
rivalsa
dello
Stato
verso
il
magistrato.
L'articolo
1
–
l'unico
che
non
incide
direttamente
sulla
legge
Vassalli
–
indica
l'oggetto
e
le
finalità
dell'intero
progetto
di
legge:
rendere
effettiva
la
disciplina
della
responsabilità
civile
dello
Stato
e
dei
magistrati,
anche
alla
luce
dell'appartenenza
dell'Italia
all'Unione
Europea.
L'articolo
2
interviene
in
più
punti
dell'articolo
2
della
legge
Vassalli,
relativo
alla
responsabilità
del
giudice
per
dolo
o
colpa
grave.
Anzitutto,
al
comma
1
dell'articolo
2
viene
estesa
la
risarcibilità
del
danno
non
patrimoniale
anche
al
di
fuori
dei
casi
delle
ipotesi
di
privazione
della
libertà
personale
per
un
atto
compiuto
dal
magistrato.
La
novità
costituisce
un
adeguamento
a
ormai
costanti
orientamenti
della
giurisprudenza
(si
ricordano
tra
le
altre,
Cass.
SS.UU.,
sent.
26972/2008
e
la
recente
Corte
cost.,
sent.
235/2014)
che
riconducono
la
tutela
risarcitoria
della
persona
al
danno
patrimoniale
e
a
quello
non
patrimoniale,
quest'ultimo
comprensivo
oltre
che
del
danno
biologico
in
senso
stretto,
anche
del
danno
morale
soggettivo
nonché
dei
pregiudizi
diversi
ed
ulteriori
costituenti
lesione
di
un
interesse
costituzionalmente
protetto.
In
base
al
comma
1
così
modificato
il
danno,
patrimoniale
e
non
patrimoniale,
deve
rappresentare
l'effetto
di
un
comportamento,
atto
o
provvedimento
giudiziario
posto
in
essere
da
un
magistrato
con
«dolo»
o
«colpa
grave»
nell'esercizio
delle
sue
funzioni
ovvero
conseguente
a
«diniego
di
giustizia».
Il
comma
2
dello
stesso
articolo
2
della
proposta
di
legge
limita
l'applicazione
della
clausola
di
salvaguardia,
che
attualmente
prevede
che
«non
possono
dare
luogo
a
responsabilità
l'attività
di
interpretazione
di
norme
di
diritto
e
quella
di
valutazione
del
fatto
e
delle
prove».
Pur
confermando
che
il
magistrato
non
è
chiamato
a
rispondere
per
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