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infatti,
coinvolge
aspetti
tipici
dell'attività
valutativa,
che
è
connessa
ai
principi
costituzionali
di
indipendenza
e
imparzialità
della
giurisdizione.
Infatti,
come
affermato
dalla
Corte
costituzionale
con
la
sentenza
n. 18
del
1989,
la
garanzia
costituzionale
dell'indipendenza
del
magistrato
è
diretta
a
tutelare
anzitutto
«l'autonomia
di
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove
e
l'imparziale
interpretazione
delle
norme
di
diritto».
L'eventualità
che
l'azione
civile
possa
operare
sul
giudice
come
stimolo
verso
scelte
interpretative
accomodanti
e
decisioni
meno
rischiose
in
relazione
agli
interessi
in
causa,
con
ricadute
negative
sull'imparzialità,
è,
secondo
la
Corte,
impedita
in
radice
proprio
escludendo
che
possa
dar
luogo
a
responsabilità
l'attività
d'interpretazione
di
norme
di
diritto
e
quella
di
valutazione
del
fatto
e
delle
prove.
Tali
parole
rendono
chiara,
oltre
ogni
dubbio,
la
centralità
che,
ai
fini
della
tutela
dell'indipendenza
e
dell'imparzialità
della
giurisdizione,
assume
la
salvaguardia
della
valutazione
del
fatto
e
delle
prove,
alla
pari
dell'interpretazione
del
diritto.
Pertanto,
se
si
vogliono
rispettare
i
citati
principi
costituzionali
occorre
evitare
il
travaso
della
nozione
di
travisamento
in
quelle
di
interpretazione
e
valutazione.
Ove
il
«travisamento»
si
traduca
in
valutazioni
manifestamente
abnormi
del
dato
normativo
o
macroscopici
ed
evidenti
stravolgimenti
di
quello
fattuale,
allora
non
ricorrerà
più
un'attività
definibile
come
interpretazione
o
valutazione.
Solo
allora,
tramite
questa
lettura
costituzionalmente
orientata,
il
travisamento
potrà
legittimamente
costituire
il
presupposto
della
responsabilità
civile,
lasciando
intatta
la
clausola
di
salvaguardia
che
mira
a
garantire
l'autonomia
e
l'imparzialità
del
giudice
nell'attività
di
interpretazione
di
norme
di
diritto
e
in
quella
di
valutazione
del
fatto
e
delle
prove.
Queste
sono
le
ragioni
che
hanno
portato
la
Commissione
a
non
sopprimere
il
travisamento
del
fatto
o
delle
prove
quale
uno
dei
presupposti
della
responsabilità
civile
del
magistrato.
Il
nuovo
comma
3-‐bis
dello
stesso
articolo
2
è
disposizione
chiarificatrice
che
stabilisce
i
presupposti
di
cui
tenere
conto
per
la
determinazione
dei
casi
in
cui
può
rinvenirsi
la
sussistenza
della
violazione
manifesta
della
legge
e
del
diritto
dell'Unione
europea
che,
ai
sensi
del
nuovo
comma
3,
costituiscono
ipotesi
di
colpa
grave
del
magistrato.
Si
tratta
di
una
casistica
non
esaustiva;
la
disposizione
infatti
precisa
che
si
tiene
conto
«in
particolare»:
del
grado
di
chiarezza
e
precisione
delle
norme
violate;
dell'inescusabilità
e
gravità
della
inosservanza.
In
particolare,
per
il
caso
della
sola
violazione
manifesta
del
diritto
dell'Unione
europea,
si
dovrà
tenere
conto
anche:
dell'inosservanza
dell'obbligo
di
rinvio
pregiudiziale
alla
Corte
di
giustizia
dell'Unione
europea;
del
contrasto
interpretativo,
cioè
del
contrasto
dell'atto
o
del
provvedimento
emesso
dal
giudice
con
l'interpretazione
adottata
dalla
stessa
Corte
di
giustizia.
Resta
fermo,
ai
sensi
del
comma
3-‐bis,
l'eventuale
giudizio
di
responsabilità
del
magistrato
per
danno
erariale
davanti
alla
Corte
dei
conti
ai
sensi
del
DL
543/1996.
L'articolo
3
della
proposta
di
legge
aumenta
da
due
a
tre
anni
i
termini
previsti
dai
commi
2
e
4
dell'articolo
4
della
legge
117
per
la
proposizione
della
domanda
di
risarcimento
contro
lo
Stato,
da
esercitare
nei
confronti
del
Presidente
del
Consiglio
(comma
1).
Il
comma
2
dell'articolo
3
abroga
l'articolo
5
della
stessa
legge
117
relativo
al
filtro
di
ammissibilità
della
domanda
di
risarcimento
davanti
al
tribunale.
L'articolo
5
prevede
che
vi
sia
una
delibazione
preliminare
di
ammissibilità
della
domanda
di
risarcimento
verso
lo
Stato
(controllo
presupposti,
rispetto
termini
e
valutazione
manifesta
infondatezza)
da
parte
del
tribunale
distrettuale.
Tale
giudizio,
ritenuto
in
dottrina
e
tra
gli
operatori
del
diritto
uno
degli
elementi
di
201