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maggior
criticità
della
legge
Vassalli,
ha
esercitato,
di
fatto,
una
funzione
deflativa
finendo
per
ridurre
al
minimo
le
possibilità
di
risarcimento
per
i
cittadini.
Dai
dati
che
lo
stesso
Ministero
della
giustizia
ha
consegnato
alla
Commissione
giustizia
del
Senato
emerge
che
–
dal
1988
ad
oggi
–
su
oltre
400
ricorsi
per
risarcimento
proposti
dai
cittadini,
solamente
7
si
sono
conclusi
con
un
provvedimento
che
ha
riconosciuto
il
risarcimento
per
dolo
o
colpa
grave
da
parte
di
magistrati.
L'articolo
4
modifica
l'articolo
7
della
legge
117/1988
relativo
all'azione
di
rivalsa
dello
Stato
verso
il
magistrato,
spettante
al
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri.
Le
novità
rispetto
all'attuale
disciplina
del
comma
1
dell'articolo
7
sono
le
seguenti:
l'azione
deve
essere
esercitata
entro
2
anni
(anziché,
uno
come
attualmente)
dal
risarcimento
avvenuto
sulla
base
del
titolo
giudiziale
o
stragiudiziale
nei
riguardi
dello
Stato;
la
rivalsa
verso
il
magistrato
è
stata
espressamente
resa
obbligatoria;
per
coordinamento
con
l'abrogazione
dell'articolo
5
è
eliminato
il
riferimento
alla
domanda
di
ammissibilità
dell'azione;
sono
stati
ancorati
i
presupposti
della
rivalsa
al
diniego
di
giustizia,
alla
violazione
manifesta
della
legge
e
del
diritto
della
UE
o
al
travisamento
del
fatto
o
delle
prove,
di
cui
all'articolo
2,
commi
2,
3
e
3-‐bis,
stabilendosi,
tuttavia,
che
l'elemento
soggettivo
della
condotta
dannosa
del
magistrato
debba
essere
esclusivamente
il
dolo
o
la
negligenza
inescusabile.
La
proposta
di
legge
conferma
poi
il
vigente
comma
2
dell'articolo
7
della
legge
117,
sull'inopponibilità
della
transazione
al
magistrato
nel
giudizio
di
rivalsa
e
disciplinare.
Viene
poi
modificato
il
successivo
comma
3:
è
espunto
il
riferimento
alla
soppressa
figura
del
conciliatore;
viene
confermata
la
sola
responsabilità
dolosa
dei
giudici
popolari
(delle
corti
d'assise);
si
prevede
che
gli
estranei
alla
magistratura
membri
di
organi
giudiziari
collegiali
(ad
esempio
gli
esperti
dei
tribunali
dei
minorenni)
rispondono,
oltre
che
per
dolo,
per
negligenza
inescusabile
per
travisamento
del
fatto
o
delle
prove
(attualmente
tale
responsabilità
è
stabilita
per
dolo
e
colpa
grave,
quest'ultima
solo
se
derivante
dall'affermazione,
determinata
da
negligenza
inescusabile,
di
un
fatto
la
cui
esistenza
è
incontrastabilmente
esclusa
dagli
atti
del
procedimento
nonché
dalla
negazione,
determinata
da
negligenza
inescusabile,
di
un
fatto
la
cui
esistenza
risulta
incontrastabilmente
dagli
atti
del
procedimento).
Inoltre,
l'articolo
5
della
proposta
di
legge
interviene
sull'articolo
8
della
legge
117
ridefinendo
i
limiti
quantitativi
della
rivalsa.
Essa
non
può
eccedere
una
somma
pari
alla
metà
di
un'annualità
di
stipendio
(la
normativa
vigente
prevede
un
terzo),
al
netto
delle
trattenute
fiscali,
percepito
dal
magistrato
al
tempo
in
cui
è
proposta
l'azione
risarcitoria.
Questo
limite
non
si
applica
al
fatto
commesso
con
dolo,
nel
qual
caso
ovviamente
l'azione
risarcitoria
è
totale.
L'esecuzione
della
rivalsa,
invece,
se
effettuata
mediante
trattenuta
sullo
stipendio
non
può
comportare
complessivamente
il
pagamento
per
rate
mensili
in
misura
superiore
al
terzo
dello
stipendio
netto
(attualmente
non
può
superare
un
quinto).
L'articolo
6
della
proposta
di
legge
2738
modifica
poi
l'articolo
9
della
legge
Vassalli,
coordinando
la
disciplina
dell'azione
disciplinare
a
carico
del
magistrato
(conseguente
all'azione
di
risarcimento
intrapresa)
con
la
soppressione
del
filtro
di
ammissibilità
della
domanda
disposto
dall'articolo
3,
comma
2.
È,
in
tal
senso,
espunto
dal
comma
1
dell'articolo
9
della
legge
117/1988
il
riferimento
al
termine
di
due
mesi
dalla
comunicazione
del
tribunale
distrettuale
(che
dichiara
ammissibile
la
domanda
di
risarcimento)
entro
il
quale
il
PG
della
cassazione
deve
proporre
l'azione
disciplinare.
L'articolo
7,
infine,
integra
con
un
comma
202