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della
normativa
vigente.
Lo
abbiamo
ascoltato,
l'hanno
detto
praticamente
tutti
e
siccome
la
legge
Vassalli
n. 117
è
del
lontano
1988
si
presta
piuttosto
bene
ad
un
bilancio
non
superficiale.
Molti
hanno
citato
quei
dati
dell'Avvocatura
dello
Stato
con
cui
ci
informavano
dell'esito
delle
oltre
409
cause
di
responsabilità
proposte
e
quante
ne
siano
andate
a
buon
fine:
poche,
troppo
poche.
Certo
non
tutte
quelle
cause
erano
state
all'epoca
definite
ma
anche
la
lentezza
è
un
sintomo
di
cattivo
funzionamento.
Insomma
la
legge
Vassalli
chiaramente
non
ha
funzionato
altrimenti
dovremmo
pensare
all'essere
di
fronte
ad
una
sorta
di
infallibilità
della
categoria
che
non
è
nell'esperienza
ma
neppure,
ad
onor
del
vero,
nelle
rivendicazioni
dei
magistrati.
Ci
chiedevamo
se
questa
è
la
migliore
forma
possibile.
Ovviamente
no,
ma
un
punto
che
la
qualifica
non
contiene
quella
responsabilità
diretta
del
magistrato
che
ha
rappresentato
il
reiterato
tentativo
del
centrodestra
di
condizionare
e
limitare
l'autonomia
e
l'operato
del
magistrato
e
che
tuttora
abbiamo
sentita
rivendicata
in
quest'aula.
In
seconda
battuta
rilevo
che
ciò
che
viene
additato
come
sciagura
è
in
realtà
il
suo
maggior
pregio:
eliminando
il
filtro
di
ammissibilità
si
elimina
la
causa
prima
responsabile
del
fallimento
della
legge
Vassalli.
Vi
è
da
chiedersi
come
un
meccanismo,
il
filtro,
pensato
in
deterrenza
di
azioni
temerarie
o,
peggio,
fittizie
abbia
potuto
trasformarsi
in
una
barriera
pressoché
invalicabile
al
punto
da
vanificare
l'efficacia
della
legge
vigente.
Eravamo
perplessi,
avremmo
voluto
discutere
sulla
rinnovata
nozione
di
colpa
grave
o
sul
regime
previsto
dell'azione
di
rivalsa,
ma
non
è
stato
possibile.
Il
testo
approvato
dal
Senato
corre
indenne
in
quest'aula.
L'accordo
trovato
a
Palazzo
Madama
da
una
maggioranza
variata,
un'asse
PD-‐M5S,
ha
tenuto
anche
qui
al
netto
della
verbalità
e
del
colore
finale
del
voto
Si
poteva
cambiare,
non
si
è
voluto
cambiare:
mi
sembra
dunque
chiaro
perché
Sinistra
Ecologia
Libertà
conferma
il
voto
già
dato
al
Senato
e
quindi
annuncio
il
voto
di
astensione
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
Sinistra
Ecologia
Libertà).
PRESIDENTE.
Ha
chiesto
di
parlare
per
dichiarazione
di
voto
l'onorevole
Pagano.
Ne
ha
facoltà.
ALESSANDRO
PAGANO.
Signor
Presidente,
proprio
oggi
il
Presidente
della
Repubblica
Sergio
Mattarella
ha
avuto
modo
di
dire
che
i
magistrati
non
devono
essere
né
protagonisti
né
burocrati
amministratori
di
giustizia.
In
entrambi
i
casi
tali
storture
hanno
un
comun
denominatore:
s'impone
una
propria
visione
nella
gestione
della
giustizia,
una
visione
che
spesso
risulta
pericolosa
per
i
destini
della
società,
tant’è
che
il
Presidente
ritiene
opportuno
sottolinearlo.
Dico
questo
perché
lo
sviluppo
di
un
uomo
in
generale
non
si
realizza,
anzi
si
abbrutisce,
se
esso
pretende
di
essere
autoreferenziale
ovvero
innamorato
delle
proprie
tesi
e
del
proprio
io.
A
maggior
ragione
lo
sviluppo
di
un
popolo
degenera
se
pensa
di
avvalersi
solo
dei
convincimenti
dei
tecnici,
di
questo
tipo
di
tecnici
o,
se
volete,
della
tecnocrazia.
Si
pensi,
per
esempio,
al
presunto
sviluppo
innaturale
e
consumistico
che
ha
prodotto
la
peggiore
delle
tecnocrazie:
la
finanza.
In
questo
caso,
mi
sento
di
citare
le
parole
di
Benedetto
XVI
nella
Caritas
in
Veritate,
quando,
a
proposito
della
tecnocrazia
finanziaria,
ebbe
modo
di
dire:
«Lo
sviluppo
è
impossibile
senza
uomini
retti,
senza
operatori
che
vivono
fortemente
nella
loro
coscienza
l'appello
al
bene
comune».
Penso
che
possiamo
mutuare
questa
frase
per
tutto
e
quindi
mi
sento
di
dire
che
l'assolutizzazione
della
tecnica,
quando
diventa
tecnocrazia,
quando
diventa
esaltazione
delle
proprie
tesi,
genera
confusione
tra
i
fini
e
i
mezzi.
Accade
così
per
l'imprenditore
quando
realizza
la
massimizzazione
o
meglio
vuole
la
realizzazione
della
massimizzazione
dei
profitti;
avviene
così
per
i
politici,
quando
intendono
realizzare
la
politica
come
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