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maggio
1985,
causa
13/83,
Parlamento/Consiglio
(Racc.
pag.
1513).
12
Per
giungere
a
tale
conclusione,
la
Corte
suprema
di
cassazione
rilevava,
da
un
lato,
riguardo
alla
presunta
violazione
degli
artt.
90
e
92
del
Trattato,
che
tali
articoli
permettono
di
derogare,
a
certe
condizioni,
al
divieto
generale
degli
aiuti
di
Stato
al
fine
di
favorire
lo
sviluppo
economico
di
regioni
svantaggiate
o
di
soddisfare
domande
di
beni
e
servizi
che
il
gioco
della
libera
concorrenza
non
permette
di
soddisfare
pienamente.
Orbene,
secondo
tale
giudice,
tali
condizioni
ricorrerebbero
appunto
nella
fattispecie
in
quanto,
nel
corso
del
periodo
contestato
(cioè
tra
il
1976
e
il
1980),
i
trasporti
di
massa
tra
l’Italia
continentale
e
le
sue
isole
maggiori
potevano
essere
assicurati,
attesi
i
loro
costi,
solo
per
via
marittima,
cosicché
sarebbe
stato
necessario
soddisfare
la
domanda,
sempre
più
pressante,
per
tale
tipo
di
servizi
affidando
la
gestione
di
tali
trasporti
ad
un
concessionario
pubblico
che
praticava
una
tariffa
imposta.
13
Secondo
lo
stesso
giudice,
la
distorsione
della
concorrenza
che
deriverebbe
dall’esistenza
di
tale
concessione
non
comporterebbe,
tuttavia,
l’illegittimità
automatica
dell’aiuto
accordato.
In
effetti,
l’attribuzione
di
una
tale
concessione
di
servizio
pubblico
comporterebbe
sempre,
implicitamente,
un
effetto
distorsivo
della
concorrenza
e
la
TDM
non
sarebbe
riuscita
a
dimostrare
che
la
Tirrenia
avesse
tratto
vantaggio
dall’aiuto
accordato
dallo
Stato
per
realizzare
utili
connessi
ad
attività
diverse
da
quelle
per
cui
le
sovvenzioni
erano
state
effettivamente
concesse.
14
Dall’altro
lato,
quanto
al
motivo
relativo
alla
violazione
degli
artt.
85
e
86
del
Trattato,
la
Corte
suprema
di
cassazione
lo
ha
respinto
in
quanto
infondato
poiché,
all’epoca
dei
fatti
della
controversia,
l’attività
di
cabotaggio
marittimo
non
era
ancora
stata
liberalizzata
e
poiché
la
natura
ed
il
contesto
territoriale
limitati
di
tale
attività
non
consentivano
di
individuare
chiaramente
il
mercato
rilevante
ai
sensi
dell’art.
86
del
Trattato.
In
siffatto
contesto,
tale
giudice
ha,
tuttavia,
rilevato
che,
se
era
difficile
identificare
detto
mercato,
una
concorrenza
reale
poteva
nondimeno
esercitarsi
nel
settore
interessato
dal
momento
che
l’aiuto
concesso
nella
fattispecie
riguardava
solamente
una
delle
attività
tra
quelle,
numerose,
tradizionalmente
svolte
da
un’impresa
di
trasporto
marittimo
e
che
era
per
di
più
limitata
ad
un
solo
Stato
membro.
15
In
tali
circostanze,
la
Corte
suprema
di
cassazione
ha,
di
conseguenza,
respinto
il
ricorso
per
cui
era
stata
adita,
dopo
aver
rigettato
anche
le
censure
sollevate
dalla
TDM
riguardo
alla
violazione
delle
disposizioni
nazionali
relative
agli
atti
di
concorrenza
sleale
e
all’omissione
da
parte
della
Corte
d’appello
di
Napoli
di
statuire
sulla
domanda
della
TDM
diretta
a
sottoporre
alla
Corte
le
pertinenti
questioni
d’interpretazione.
Precisamente
tale
decisione
di
rigetto
è
all’origine
del
procedimento
pendente
dinanzi
al
giudice
del
rinvio.
16
Infatti,
ritenendo
che
la
sentenza
19
aprile
2000
fosse
fondata
su
un’errata
interpretazione
delle
norme
del
Trattato
in
materia
di
concorrenza
e
di
aiuti
di
Stato
e
sulla
premessa
erronea
dell’esistenza
di
una
giurisprudenza
costante
della
Corte
in
materia,
il
curatore
fallimentare
della
TDM,
società
nel
frattempo
messa
in
liquidazione,
citava
la
Repubblica
italiana
dinanzi
al
Tribunale
di
Genova
per
ottenere
la
condanna
di
quest’ultima
al
risarcimento
del
danno
che
tale
impresa
avrebbe
subito
a
causa
degli
errori
di
interpretazione
commessi
dalla
Corte
suprema
di
cassazione
e
a
causa
della
violazione
dell’obbligo
di
rinvio
che
graverebbe
a
carico
di
quest’ultimo
organo
giurisdizionale
ai
sensi
dell’art.
234,
terzo
comma,
CE.
246