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anch’essa
sarebbe
di
natura
da
condurre
ad
un’esenzione
di
fatto
da
ogni
responsabilità
dello
Stato,
poiché,
da
un
lato,
la
nozione
stessa
di
«colpa
grave»
non
sarebbe
lasciata
alla
libera
valutazione
del
giudice
chiamato
a
statuire
su
un’eventuale
domanda
di
risarcimento
dei
danni
causati
da
una
decisione
giurisdizionale,
ma
sarebbe
rigorosamente
delimitata
dal
legislatore
nazionale,
che
enumererebbe
preliminarmente
–
ed
in
modo
tassativo
–
le
ipotesi
di
colpa
grave.
27
Secondo
la
TDM
si
desumerebbe,
dall’altro
lato,
dall’esperienza
acquisita
in
Italia
nell’attuazione
della
legge
n.
117/88
che
gli
organi
giurisdizionali
di
detto
Stato,
in
particolare,
la
Corte
suprema
di
cassazione,
darebbero
una
lettura
estremamente
restrittiva
di
tale
legge,
così
come
delle
nozioni
di
«colpa
grave»
e
di
«negligenza
inescusabile».
Questi
nozioni
sarebbero
interpretate
da
tale
ultimo
organo
giurisdizionale
come
una
«violazione
evidente,
grossolana
e
macroscopica
della
norma»
o
contenente
una
lettura
di
essa
«in
termini
contrastanti
con
ogni
criterio
logico»,
il
che
condurrebbe,
in
pratica,
al
rigetto
quasi
sistematico
delle
denunce
presentate
contro
lo
Stato
italiano.
28
Al
contrario,
secondo
il
governo
italiano,
sostenuto,
su
tale
punto,
dall’Irlanda
e
dal
governo
del
Regno
Unito,
una
normativa
nazionale
come
quella
di
cui
alla
causa
principale
sarebbe
perfettamente
conforme
ai
principi
stessi
del
diritto
comunitario
dal
momento
che
essa
realizzerebbe
un
giusto
equilibrio
tra
la
necessità
di
preservare
l’indipendenza
del
potere
giudiziario
e
gli
imperativi
della
certezza
del
diritto,
da
un
lato,
e
la
concessione
di
una
tutela
giurisdizionale
effettiva
ai
singoli
nei
casi
più
evidenti
di
violazioni
del
diritto
comunitario
imputabili
al
potere
giudiziario,
dall’altro
lato.
29
In
tale
ottica,
ove
dovesse
essere
riconosciuta,
la
responsabilità
degli
Stati
membri
per
i
danni
risultanti
da
tali
violazioni
dovrebbe
dunque
essere
limitata
ai
soli
casi
in
cui
si
possa
identificare
una
violazione
sufficientemente
grave
del
diritto
comunitario.
Tuttavia,
essa
non
potrebbe
sussistere
qualora
un
organo
giurisdizionale
nazionale
abbia
deciso
una
controversia
sulla
base
di
un’interpretazione
degli
articoli
del
Trattato
che
si
rispecchi
adeguatamente
nella
motivazione
fornita
da
tale
organo
giurisdizionale.
30
A
tal
riguardo,
occorre
ricordare
che,
nella
summenzionata
sentenza
Köbler,
pronunciata
successivamente
alla
data
in
cui
il
giudice
del
rinvio
s’è
rivolto
alla
Corte,
quest’ultima
ha
ricordato
che
il
principio
per
il
quale
uno
Stato
membro
è
obbligato
a
risarcire
i
danni
arrecati
ai
singoli
per
violazioni
del
diritto
comunitario
che
gli
sono
imputabili
ha
valore
in
riferimento
a
qualsiasi
ipotesi
di
violazione
del
diritto
comunitario,
qualunque
sia
l’organo
di
tale
Stato
la
cui
azione
od
omissione
ha
dato
origine
alla
trasgressione
(v.
punto
31
di
detta
sentenza).
31
Al
riguardo,
fondandosi
in
particolare
sul
ruolo
essenziale
svolto
dal
potere
giudiziario
nella
tutela
dei
diritti
che
derivano
ai
singoli
dalle
norme
comunitarie,
nonché
sulla
circostanza
che
un
organo
giurisdizionale
di
ultimo
grado
costituisce,
per
definizione,
l’ultima
istanza
dinanzi
alla
quale
essi
possono
far
valere
i
diritti
che
il
diritto
comunitario
conferisce
loro,
la
Corte
ne
ha
dedotto
che
la
tutela
di
tali
diritti
sarebbe
indebolita
–
e
la
piena
efficacia
delle
norme
comunitarie
che
conferiscono
simili
diritti
sarebbe
rimessa
in
questione
–
se
fosse
escluso
che
i
singoli
potessero
ottenere,
a
talune
condizioni,
il
risarcimento
dei
danni
loro
arrecati
da
una
violazione
del
diritto
comunitario
imputabile
a
una
decisione
di
un
organo
giurisdizionale
di
ultimo
grado
(v.
sentenza
Köbler,
cit.,
punti
33-‐36).
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