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tal
riguardo,
in
quanto
la
nozione
di
«colpa
grave»
figurerebbe
ai
commi
1
e
3
di
tale
articolo,
ma
non
al
secondo
comma
del
medesimo.
15
Per
quanto
attiene
al
secondo
addebito,
la
Commissione
deduce
che
la
giurisprudenza
della
suprema
Corte
di
cassazione,
fermo
restando
che
essa
non
riguarda
disposizioni
connesse
con
l’interpretazione
del
diritto
dell’Unione,
ha
interpretato
la
nozione
di
«colpa
grave»
in
termini
estremamente
restrittivi,
il
che,
in
contrasto
con
i
principi
elaborati
dalla
giurisprudenza
della
Corte,
determina
una
limitazione
della
responsabilità
dello
Stato
italiano,
anche
in
casi
diversi
dall’interpretazione
di
norme
di
diritto
o
dalla
valutazione
di
fatti
e
prove.
16
A
tal
riguardo,
la
Commissione
richiama
due
sentenze
di
detto
giudice,
pronunciate,
rispettivamente,
in
data
5
luglio
2007,
n.
15227,
e
18
marzo
2008,
n.
7272,
secondo
cui
tale
nozione
sarebbe
stata
interpretata,
sostanzialmente,
in
termini
tali
da
coincidere
con
il
«carattere
manifestamente
aberrante
dell’interpretazione»
effettuata
dal
magistrato.
In
tal
senso,
la
Commissione
menziona,
in
particolare,
la
massima
della
seconda
delle
menzionate
sentenze
in
cui
la
suprema
Corte
di
cassazione
avrebbe
affermato
che
i
presupposti
previsti
dall’art.
2,
terzo
comma,
lett.
a),
della
legge
n.
117/88
sussistono
«allorquando,
nel
corso
dell’attività
giurisdizionale,
(...)
si
sia
concretizzata
una
violazione
evidente,
grossolana
e
macroscopica
della
norma
stessa
ovvero
una
lettura
di
essa
in
termini
contrastanti
con
ogni
criterio
logico
o
l’adozione
di
scelte
aberranti
nella
ricostruzione
della
volontà
del
legislatore
o
la
manipolazione
assolutamente
arbitraria
del
testo
normativo».
17
A
parere
della
Commissione,
la
responsabilità
dello
Stato
italiano
per
violazione
del
diritto
dell’Unione
da
parte
di
uno
dei
propri
organi
giurisdizionali
di
ultimo
grado
non
può
essere
quindi
fatta
valere
negli
stessi
termini
stabiliti
dalla
giurisprudenza
della
Corte
e
risulta,
in
pratica,
difficilmente
invocabile.
18
Conseguentemente,
sembrerebbe
che,
malgrado
la
pronuncia
della
menzionata
sentenza
Traghetti
del
Mediterraneo,
il
testo
della
legge
n.
117/88
sia
stato
mantenuto
inalterato
e
che
la
suprema
Corte
di
cassazione
non
abbia
modificato
il
proprio
orientamento
giurisprudenziale
restrittivo,
e
ciò
nonostante
il
fatto
che
detta
sentenza
abbia
operato
una
«rielaborazione
evidente»
della
normativa
di
cui
trattasi.
19
La
Repubblica
italiana
contesta
l’inadempimento
addebitatole.
20
A
suo
parere,
la
Commissione
interpreta
erroneamente
la
legge
n.
117/88.
L’art.
2
di
detta
legge
conterrebbe
unicamente
una
clausola
limitativa
della
responsabilità,
a
prescindere
dall’attività
giurisdizionale
in
questione.
Infatti,
i
presupposti
fissati
al
primo
comma
dell’art.
2
della
legge
medesima,
precisati,
con
riguardo
alla
nozione
di
«colpa
grave»,
al
successivo
terzo
comma,
si
applicherebbero
parimenti
nell’ambito
del
secondo
comma
dell’articolo
stesso,
relativo
all’interpretazione
di
norme
di
diritto
ed
alla
valutazione
di
fatti
e
prove.
21
Contrariamente
a
quanto
sostenuto
dalla
Commissione,
nella
menzionata
sentenza
Traghetti
del
Mediterraneo
la
Corte
non
avrebbe
respinto
l’interpretazione
dell’art.
2
della
legge
n.
117/88
sostenuta
dalla
Repubblica
italiana,
bensì
si
sarebbe
limitata
a
rispondere
alla
questione
pregiudiziale
formulata
dal
giudice
del
rinvio.
22
Inoltre,
in
tale
sentenza,
la
Corte
non
si
sarebbe
espressamente
pronunciata
sull’incompatibilità
della
legge
n.
117/88
con
il
diritto
dell’Unione.
Orbene,
la
legge
italiana
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