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una
manifesta
violazione
del
diritto
vigente
(v.
sentenza
Traghetti
del
Mediterraneo,
cit.,
punto
44
nonché
la
giurisprudenza
ivi
citata).
43
Nella
specie,
si
deve
rilevare
che
la
Commissione
ha
fornito,
alla
luce,
segnatamente,
degli
argomenti
riassunti
supra
al
punto
16,
elementi
sufficienti
da
cui
emerge
che
la
condizione
della
«colpa
grave»,
di
cui
all’art.
2,
commi
1
e
3,
della
legge
n.
117/88,
che
deve
sussistere
affinché
possa
sorgere
la
responsabilità
dello
Stato
italiano,
viene
interpretata
dalla
suprema
Corte
di
cassazione
in
termini
tali
che
finisce
per
imporre
requisiti
più
rigorosi
di
quelli
derivanti
dalla
condizione
di
«violazione
manifesta
del
diritto
vigente».
44
In
risposta
a
tale
argomento
della
Commissione
la
Repubblica
italiana
si
limita,
sostanzialmente,
ad
affermare,
da
un
lato,
che
le
sentenze
della
suprema
Corte
di
cassazione
menzionate
supra
al
punto
16
non
riguardano
una
violazione
del
diritto
dell’Unione
e,
dall’altro,
che
l’art.
2
della
legge
n.
117/88
può
essere
oggetto
di
interpretazione
conforme
al
diritto
dell’Unione
medesimo
e
che
la
nozione
di
«colpa
grave»
di
cui
al
detto
articolo
è,
in
realtà,
equivalente
a
quella
di
«violazione
manifesta
del
diritto
vigente».
45
Orbene,
indipendentemente
dalla
questione
se
la
nozione
di
«colpa
grave»,
ai
sensi
della
legge
n.
117/88,
malgrado
il
rigoroso
contesto
in
cui
essa
si
colloca
all’art.
2,
terzo
comma,
della
legge
medesima,
possa
essere
effettivamente
interpretata,
nell’ipotesi
di
violazione
del
diritto
dell’Unione
da
parte
di
un
organo
giurisdizionale
di
ultimo
grado
dello
Stato
membro
convenuto,
in
termini
tali
da
corrispondere
al
requisito
di
«violazione
manifesta
del
diritto
vigente»
fissato
dalla
giurisprudenza
della
Corte,
si
deve
rilevare
che
la
Repubblica
italiana
non
ha
richiamato,
in
ogni
caso,
nessuna
giurisprudenza
che,
in
detta
ipotesi,
vada
in
tal
senso
e
non
ha
quindi
fornito
la
prova
richiesta
quanto
al
fatto
che
l’interpretazione
dell’art.
2,
commi
1
e
3,
di
tale
legge
accolta
dai
giudici
italiani
sia
conforme
alla
giurisprudenza
della
Corte.
46
Alla
luce
della
giurisprudenza
citata
supra
al
punto
29,
si
deve
concludere
che
la
Repubblica
italiana
non
ha
confutato
in
termini
sufficientemente
sostanziali
e
dettagliati
l’addebito
contestatole
dalla
Commissione,
secondo
cui
la
normativa
italiana
limita,
in
casi
diversi
dall’interpretazione
di
norme
di
diritto
o
dalla
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove,
la
responsabilità
dello
Stato
italiano
per
violazione
del
diritto
dell’Unione
da
parte
di
uno
dei
propri
organi
giurisdizionali
di
ultimo
grado
in
modo
non
conforme
ai
principi
elaborati
dalla
giurisprudenza
della
Corte.
47
Alla
luce
delle
suesposte
considerazioni,
il
secondo
addebito
della
Commissione
deve
essere
accolto
ed
il
ricorso
dalla
medesima
proposto
deve
ritenersi
fondato.
48
Conseguentemente
si
deve
dichiarare
che:
–
escludendo
qualsiasi
responsabilità
dello
Stato
italiano
per
i
danni
arrecati
ai
singoli
a
seguito
di
una
violazione
del
diritto
dell’Unione
imputabile
a
un
organo
giurisdizionale
nazionale
di
ultimo
grado,
qualora
tale
violazione
risulti
da
interpretazione
di
norme
di
diritto
o
di
valutazione
di
fatti
e
prove
effettuate
dall’organo
giurisdizionale
medesimo,
e
–
limitando
tale
responsabilità
ai
soli
casi
di
dolo
o
colpa
grave,
ai
sensi
dell’art.
2,
commi
1
e
2,
della
legge
n.
117/88,
la
Repubblica
italiana
è
venuta
meno
agli
obblighi
ad
essa
incombenti
in
forza
del
principio
generale
di
responsabilità
degli
Stati
membri
per
violazione
del
diritto
dell’Unione
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