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II.
Attività
nelle
commissioni
2a
Commissione
permanente
(Giustizia)
-‐
Seduta
n.
65
(pom.)
del
03/12/2013
Il
relatore
BUEMI
(Aut
(SVP,
UV,
PATT,
UPT)-‐ PSI-‐MAIE)
si
sofferma
su
alcune
questioni
di
carattere
generale
connesse
ai
provvedimenti
in
titolo.
Egli
osserva
che
il
problema
della
responsabilità
civile
non
può
essere
circoscritto
alla
responsabilità
per
danno
ingiusto
o
all'azione
diretta
ovvero
al
diritto
di
rivalsa.
Sotto
questo
profilo
appaiono
rilevanti
alcuni
dati
di
diritto
comparato.
In
alcuni
Stati
la
sanzione
di
carattere
disciplinare
esclude
la
necessità
di
una
sanzione,
per
così
dire,
"esterna",
sotto
forma
di
responsabilità
civile.
Il
sistema
della
giustizia
dovrebbe
prevedere
forme
di
tutela
fondate
non
solo
sull'annullamento
della
sentenza
nei
successivi
gradi
di
giudizio,
ma
anche
sull'assoggettamento
a
conseguenze
pecuniarie
del
magistrato
che
"ostinatamente"
incorre
in
errore.
Ma
ben
al
di
là
delle
conseguenze
sul
piano
disciplinare
e
di
quelle
penali,
devono
essere
considerate
le
conseguenze
civili,
attivate
a
iniziativa
del
soggetto
leso.
In
altri
termini,
quando
una
sentenza
si
rivela
errata
per
aver
disatteso
precedenti
univoci
della
Corte
di
Cassazione
(organo,
si
rammenta,
investito
della
funzione
di
assicurare
anche
l'uniforme
interpretazione
della
legge),
la
conseguenza
non
può
consistere
solo
nell'annullamento
poiché
in
tal
modo
si
porrebbero
sullo
stesso
piano
i
magistrati
che
incorrono
in
errore
e
quelli
che
esercitano
in
modo
corretto
la
funzione
giurisdizionale.
Conclude
precisando
che
nel
disegno
di
legge
n.
1070,
a
sua
firma,
si
introduce
il
principio
per
cui,
per
i
giudici
di
prima
e
di
seconda
istanza,
il
capovolgimento
di
una
giurisprudenza
consolidata
della
Corte
di
Cassazione
può
comportare
l'obbligo
del
risarcimento
del
danno
in
via
diretta.
L'altro
relatore,
BARANI
(GAL),
illustra
i
disegni
di
legge
in
titolo
soffermandosi
su
quelli
a
sua
firma
volti
a
modificare
l’attuale
disciplina
in
materia
di
responsabilità
civile
dei
magistrati.
La
materia
della
responsabilità
civile
dei
magistrati,
come
è
noto,
è
stata
oggetto
di
referendum
popolare
nel
1987.
L'esito
favorevole
della
votazione
sul
quesito
referendario
avrebbe
dovuto
introdurre
il
principio
per
il
quale
il
giudice
che
arreca
un
danno
al
cittadino,
per
dolo
o
colpa
grave,
ne
avrebbe
dovuto
rispondere
direttamente
sul
piano
civile,
così
come
previsto
per
ogni
funzionario
dello
Stato
ai
sensi
dell'articolo
28
della
Costituzione.
La
successiva
legge
13
aprile
1988,
n.
117,
la
cosiddetta
legge
Vassalli,
ha
però
disatteso
gli
effetti
della
consultazione
referendaria,
assegnando
allo
Stato,
piuttosto
che
ai
singoli
magistrati,
la
responsabilità
verso
coloro
ai
quali
fosse
riconosciuto
di
aver
subito
un
danno
ingiusto
in
sede
giurisdizionale.
E’
quindi
lo
Stato
ad
essere
chiamato
direttamente
in
causa
in
caso
di
errore
del
giudice,
sul
quale
potrà
eventualmente
rivalersi
solo
entro
limiti
molto
severi.
I
diversi
moniti
pervenuti
negli
anni
dalla
Corte
di
giustizia
europea
hanno
posto
in
dubbio
l'adeguatezza
delle
disposizioni
previste
dalla
legge
Vassalli
in
materia
di
responsabilità
civile
dei
magistrati.
In
particolare,
con
la
sentenza
Kobler
del
2003,
la
disciplina
vigente
in
Italia
è
stata
ritenuta
troppo
restrittiva,
in
quanto
rivolta
alla
riparazione
dei
soli
errori
dovuti
a
dolo
o
colpa
grave
del
giudice.
Nel
2006,
con
la
sentenza
Traghetti
del
Mediterraneo
S.p.a.
e,
da
ultimo,
con
la
sentenza
del
24
novembre
2011,
la
Corte
di
giustizia
europea
ha
precisato
che
la
responsabilità
in
questione
deve
sorgere
anche
quando
la
violazione
manifesta
del
diritto
vigente
"risulti
da
un’attività
di
interpretazione
di
norme
di
diritto
ovvero
di
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove",
in
quanto
tale
funzione
rientra
nell’essenza
dell’attività
giurisdizionale.
Venendo
al
merito
del
primo
dei
disegni
di
37