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corruzione
e
dal
dilagare
della
criminalità
organizzata,
nonché
dalle
lungaggini
dei
tempi
di
definizione
dei
processi.
Venendo
al
merito
dei
disegni
di
legge
in
esame,
ritiene
opportuno
ricordare
che
la
responsabilità
civile
dei
magistrati
è
già
prevista
per
i
casi
di
dolo
e
colpa
grave.
La
legge
n.
117
del
1988
stabilisce
che
quella
disciplina
si
applica
a
tutti
i
magistrati
ordinari,
amministrativi,
contabili
e
speciali,
ma
reca
anche
un'articolata
disciplina
in
ordine
al
risarcimento
del
danno
da
parte
dello
Stato
qualora
si
verifichino
gravi
errori
giudiziari,
con
la
facoltà
di
attuare
il
diritto
di
rivalsa
sul
magistrato
che
ha
commesso
l'errore
cagionando
il
danno
ingiusto.
Ricorda
altresì
che
i
magistrati
sono
soggetti
anche
alle
responsabilità
penale,
disciplinare
e
contabile.
Egli
osserva
che
ogni
ulteriore
aggravamento
della
responsabilità
civile
dei
membri
dell'ordine
giudiziario
può
compromettere
i
principi
dell'autonomia
e
dell'indipendenza
della
magistratura
che,
invece,
costituiscono
valori
costituzionali
da
salvaguardare.
Inoltre,
paventa
il
rischio
di
sottoporre
a
odiose
forme
di
ricatto
i
giudici
e,
in
ultima
analisi,
il
rischio
di
favorire
la
strisciante
tendenza
a
una
giustizia
diversa
a
seconda
del
censo
di
chi
adisce
le
vie
legali.
Per
quanto
riguarda
gli
ammonimenti
provenienti
dalle
istituzioni
europee
e,
in
particolare,
dalla
Corte
di
giustizia
dell'Unione
europea,
precisa
che
l'Italia
è
stata
chiamata
a
dare
applicazione
al
principio
di
diritto
europeo
per
cui
tutti
gli
Stati
membri
sono
responsabili
dei
danni
arrecati
ai
singoli
dalle
pronunce
giurisdizionali
che
violano,
a
vario
titolo,
il
diritto
dell'Unione.
Ciò
non
significa,
secondo
l'oratore,
che
debba
essere
attribuita
una
responsabilità
ai
magistrati.
Il
senatore
GIOVANARDI
(NCD)
osserva
che
tutte
le
forme
di
professione
e,
in
generale,
le
attività
umane
sono
sottoposte
a
forme
più
o
meno
gravi
di
responsabilità.
Non
è
dunque
giustificabile
che
gli
errori
giudiziari
restino
privi
di
conseguenze
e
che
i
loro
responsabili
siano
al
riparo
da
ogni
conseguenza
grazie
alla
responsabilità
dello
Stato,
che
si
ripercuote,
alla
fine,
sui
diritti
dei
cittadini.
Ricorda,
tra
gli
altri,
l'errore
giudiziario
di
cui
fu
vittima
il
compianto
presentatore
televisivo
Enzo
Tortora,
rimasto
privo
di
conseguenze
per
i
magistrati
che
ne
portano
la
responsabilità,
anche
storica
e
umana.
A
suo
avviso
i
richiami
della
giurisprudenza
delle
istituzioni
europee
confermano
inevitabilmente
il
principio
per
cui
non
vi
è
esercizio
di
potere
senza
corrispettiva
responsabilità.
Il
senatore
CALIENDO
(FI-‐PdL
XVII)
ritiene
che
il
dibattito
su
una
questione
complessa
quale
la
responsabilità
civile
dei
magistrati
debba
essere
scevro
da
ogni
pregiudizio
ideologico.
Replicando
alle
osservazioni
del
senatore
Cappelletti,
osserva
che
il
principio
della
responsabilità
civile
dei
magistrati
si
è
imposto
nell'ordinamento
a
seguito
del
referendum
abrogativo
del
1987,
cui
ha
fatto
seguito
la
già
citata
legge
Vassalli
del
1988.
Quest'ultima
ha
introdotto
la
responsabilità
in
via
primaria
dello
Stato
cui
residua
l'esercizio
del
diritto
di
rivalsa
sui
singoli
magistrati.
Tuttavia
l'impianto
di
questo
sistema
non
ha
superato
la
prova
di
un'esperienza
più
che
ventennale,
tanto
che
è
intervenuta
più
volte
la
giurisprudenza
europea
a
tutela
dei
diritti
dei
singoli
cittadini.
Il
senatore
Caliendo
ricorda
che
dal
1988
risultano
proposti
solo
400
casi
di
responsabilità,
dei
quali
appena
27
sono
stati
accertati
e
soltanto
4
risultano
definiti
con
pronuncia
di
condanna.
Pertanto,
salvo
il
principio
del
diritto
di
difesa
e
del
pieno
contraddittorio
tra
le
parti
processuali,
si
rendono
necessarie
ulteriori
garanzie
per
lo
svolgimento
delle
funzioni
giurisdizionali.
Ma
tali
guarentigie
devono
salvaguardare
l'accertamento
della
verità
processuale
e
non
certo
la
persona
del
giudice.
Auspica
che
si
possa
pervenire
all'approvazione
di
un'adeguata
modifica
del
sistema
attuale
di
disciplina
della
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