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precedentemente
dichiarati
improponibili.
Si
passa
quindi
all'esame
dell'articolo
3
e
dei
relativi
emendamenti.
Dopo
che
i
senatori
BUCCARELLA
(M5S)
e
Erika
STEFANI
(LN-‐Aut)
hanno
ritirato
gli
emendamenti
3.1
e
3.2,
la
Commissione
respinge
l'emendamento
3.3.
Dopo
una
richiesta
di
chiarimento
del
senatore
CALIENDO
(FI-‐PdL
XVII),
il
presidente
PALMA
(FI-‐
PdL
XVII)
ritira
l'emendamento
3.100.
E'
altresì
ritirato,
dal
senatore
CAPPELLETTI
(M5S),
l'emendamento
4.1,
in
relazione
al
quale
svolge
talune
considerazioni
il
vice
ministro
COSTA.
E'
infine
posto
ai
voti
e
respinto
l'emendamento
4.2.
Si
passa
quindi
all'esame
degli
emendamenti
riferiti
all'articolo
5.
Dopo
che
il
senatore
CAPPELLETTI
(M5S)
ha
ritirato
l'emendamento
5.1,
è
dichiarato
decaduto
per
assenza
dei
proponenti
l'emendamento
5.100.
Il
relatore
BUEMI
(Aut
(SVP,
UV,
PATT,
UPT)-‐ PSI-‐MAIE)
invita
il
presentatore
a
valutare
l'opportunità
di
riformulare
l'emendamento
5.0.100
in
un
testo
2,
sostituendo
la
parola
"obbligo"
con
"dovere",
a
suo
parere
tecnicamente
più
corretta,
trattandosi
di
un
impegno
spettante
allo
Stato.
Si
apre
quindi
un
breve
dibattito
sull'emendamento
da
ultimo
citato
al
quale
prendono
parte
il
vice
ministro
COSTA
e
i
senatori
CASSON
(PD)
e
BUCCARELLA
(M5S)
In
esito
al
dibattito,
il
presidente
PALMA
(FI-‐ PdL
XVII),
firmatario
dell'emendamento
5.0.100,
decide
di
non
accogliere
la
richiesta
di
riformulazione
avanzata
dal
relatore.
L'emendamento
5.0.100
è
così
posto
ai
voti
ed
approvato.
La
seduta,
sospesa
alle
ore
15,10,
riprende
alle
ore
15,20.
Il
presidente
PALMA
propone
quindi
di
accantonare
l'emendamento
5.0.101
a
propria
firma,
nonché
l'emendamento
5.0.1000
del
relatore
con
i
relativi
subemendamenti
che
riguardano,
a
vario
titolo,
la
misura
della
rivalsa.
Trattandosi,
infatti,
di
questione
complessa
in
riferimento
alla
quale
non
si
riscontra
ancora
accordo
tra
i
rappresentanti
delle
varie
forze
politiche,
egli
ritiene
che
un
approfondimento
della
materia
possa
contribuire
a
delineare
meglio
le
diverse
posizioni
politiche.
Si
apre
quindi
un
dibattito
al
quale
prende
parte
per
primo
il
senatore
CALIENDO
(FI-‐PdL
XVII)
richiamando
l'attenzione
sulle
diverse
possibilità
della
definizione
della
misura
della
rivalsa:
si
tratta
di
valutare,
infatti,
se
sia
opportuno
introdurre
una
rivalsa
che
corrisponda
all'intero
ammontare
del
danno
ovvero
limitarla
ad
un
tetto
massimo
in
riferimento
al
quale
il
magistrato
può
rispondere
con
una
parte
del
proprio
stipendio
annuo.
Il
presidente
PALMA,
precisa
che
l'azione
di
rivalsa
nei
confronti
dei
magistrati
è
conseguente
ad
errori
commessi
soprattutto
per
colpa
grave;
questa,
secondo
l'elaborazione
dottrinale,
si
pone
ben
al
di
qua
del
limite
del
dolo.
Ricorda
poi
che
dall'approvazione
della
legge
n.
117
del
1988
ad
oggi,
nell'ambito
dei
numerosi
giudizi
contro
lo
Stato
e
delle
conseguenti
azioni
di
rivalsa
contro
i
magistrati,
solo
quattro
di
queste
hanno
avuto
esito
positivo.
Ciò
a
conferma
che
la
disciplina
sul
risarcimento
dei
danni
cagionati
nell'esercizio
delle
funzioni
giudiziarie
e
sulla
responsabilità
dei
magistrati
merita
di
essere
rivista
e
corretta
da
parte
del
legislatore.
Sembra
comunque
arduo
ancorare
ad
un
qualche
principio
ordinamentale
la
differenziazione
di
disciplina
tra
la
responsabilità
dei
magistrati
che,
per
dolo
e
colpa
grave,
rispondono
attualmente
soltanto
nella
misura
di
un
terzo
del
proprio
stipendio,
e
la
responsabilità
di
tutti
gli
altri
dipendenti
pubblici
che,
secondo
l'articolo
28
della
Costituzione,
è
diretta
e
senza
limitazione
alcuna.
Né,
trova
una
giustificazione
alle
ipotesi,
testé
avanzate
nel
dibattito,
di
limitare
la
responsabilità
dei
magistrati
ad
un
determinato
ammontare
del
danno
con
conseguente
rivalsa
su
una
quota
più
o
meno
alta
dello
stipendio.
Inoltre
conclude
che,
essendo
quasi
sempre
i
magistrati
coperti
da
assicurazione,
non
si
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