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(Adeguamento al parere del Comitato per l’applicazione delle norme antielusive), collegata evidentemente alla già menzionata riscrittura dell’”abuso del diritto” in ambito fiscale operata dal D. lgs. 5 agosto 2015, n. 128;
- la lettera b) del comma 1 dell’art. 14 dispone l’abrogazione del comma 143 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n.244, disposizione che rimandava alle disposizioni di cui all'articolo 322-ter cod. pen. ai fini della confisca per equivalente nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10- quater e 11 e che ora non trova altrimenti giustificazione alla luce del diverso e organico inserimento organico dell’istituto nel corpo del d. lgs. n. 74/2000.
§ 2. DA “LINEE GUIDA SULLA REVISIONE DEL SISTEMA SANZIONATORIO PENALE TRIBUTARIO IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 11 MARZO 2014 N. 23” (PROCURA DELLA REPUBBLICA DI TRENTO, IN DPC 14/10/2015)
Il raccordo con la disciplina dell’abuso del diritto.
Una considerazione si impone per il raccordo sistematico di queste modifiche rispetto alla recente disciplina dell’abuso del diritto in materia tributaria.
Rileva, in proposito, la realizzata abrogazione dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 74 del 2000, che viene giustificata, nella Relazione di accompagnamento, proprio in ragione della innovata disciplina sull’abuso del diritto in materia tributaria, introdotta dal decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 128, che, come è noto, ha introdotto l’articolo 10 bis nella legge 27 luglio 2000 n. 212.
L’articolo 10 bis cit. fornisce la definizione di abuso del diritto o elusione fiscale, qualificando come tale “una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.
Si considerano a tal fine “operazioni prive di sostanza economica” i fatti, gli atti e i contratti,
anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali; specificandosi che costituiscono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità' dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato.
Si considerano, invece, “vantaggi fiscali indebiti” i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario
Tali operazioni, per l’effetto, non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni. Peraltro, per quanto interessa l’A.G. penale, si afferma che le operazioni abusive, pur se sanzionabili in sede tributaria, “non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie”
La nozione normativa di abuso del diritto recepisce quella già fatta propria dalla giurisprudenza: cfr., in particolare, Sezioni unite civili, 23 dicembre 2008 n. 30055, Min. finanze c. Peruzzi s.p.a., secondo cui, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici.
Viene però esplicitamente superato quell’orientamento giurisprudenziale teso ad accreditare la rilevanza penale dell’abuso del diritto.
In particolare, secondo tale orientamento, si era affermato che, in materia tributaria, nulla
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