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l’eventuale ordine di restituzione del bene posto sotto sequestro importerà, implicitamente, la perdita di efficacia del decreto di affidamento ed il bene dovrà essere restituito all’avente diritto.
E’ in tale ambito che gli eventuali terzi, che assumano la propria buona fede, l’estraneità al reato e la titolarità dei beni informatici, potranno far valere le proprie ragioni. Del resto, anche sotto tale profilo, la norma è colpevolmente carente (v., invece, l’articolo 100, comma 2, del dpr n. 309 del 1990 e la ivi prevista convocazione del terzo per la interlocuzione sul tema).
La rilevata inoppugnabilità anche del decreto con cui l’autorità giudiziaria abbia rigettato la richiesta di affidamento, non esclude, comunque, che questa possa essere reiterata, quando le condizioni ostative poste a fondamento del diniego siano ritenute non più sussistenti (per esempio, perché risultino soddisfatte le esigenze processuali che avevano indotto al rigetto della precedente richiesta).
E’ da ritenere, comunque, che la scarna disciplina procedimentale possa, anzi debba, essere integrata, nei limiti della compatibilità e in assenza di un’esplicita deroga, con quella contenuta nel codice di procedura penale e relativa ai sequestri nonché alla custodia ed alla restituzione delle cose sequestrate (cfr., in particolare, gli articoli 253 e segg., 259 e segg. del Cpp, 82 e segg. delle disposizioni di attuazione del Cpp; nonché l'articolo 149 e segg. del dpr 30 maggio 2002, n. 115, contenente il testo unico sulle spese di giustizia).
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