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minore gravità, anziché l’inverso, mira intuitivamente ad evitare - con una tecnica già ampiamente sperimentata in occasione delle modifiche al decreto-legge n. 429 del 1982 - che la comminatoria di pena più severa venga posta concretamente nel nulla dal giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti ed aggravanti previsto dall’articolo 69 del codice penale).
Giova per altro verso soggiungere come la cornice sanzionatoria edittale così prefigurata non comporti profili di incongruenza in rapporto a quella che caratterizza le fattispecie criminose indicate nel parere della Camera come termini di paragone. Il delitto in rassegna risulta, infatti, punito più severamente delle false comunicazioni sociali e della truffa aggravata ai danni dello Stato (per i quali gli articoli 2621 n. 1 del codice civile e 640 comma 2 del codice penale comminano la reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa) solamente quando vengano sottratte all’imposizione somme non inferiori a trecento milioni di lire, con conseguente evasione di una imposta pari al prodotto tra la relativa aliquota e l’ammontare degli elementi passivi fittizi esposti in dichiarazione. Ciò premesso, va rilevato come non possa proporsi una comparazione con la figura delle false comunicazioni sociali, la quale - se pure può incidere un più vasto fascio di interessi - ha però natura di reato di mera condotta, configurandosi a prescindere dall’effettivo conseguimento, da parte dell’agente, di un ingiusto profitto con altrui danno (e tanto meno dal conseguimento di un profitto di un determinato ammontare). Mentre, per quanto attiene alla truffa aggravata ai danni dello Stato, vale osservare come il relativo paradigma punitivo prescinda sia dall’ammontare dell’ingiusto profitto conseguito che dalla particolare natura dell’artificio utilizzato (la quale, nel delitto tributario in esame, assume connotati di particolare disvalore).
§ 2. DALLA RELAZIONE ILLUSTRATIVA ALLO
SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO 158/2015
L'articolo 2 del decreto modifica l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nel senso di ampliare il novero delle dichiarazioni rilevanti al fine del reato ivi previsto, attraverso la soppressione del riferimento alla annualità delle stesse.
DOTTRINA
§1. DALLA RELAZIONE DELL’UFFICIO DEL MASSIMARIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE
2. Art. 2. - Modifica dell’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
L’art. 2 opera una modifica limitatissima della pari numero disposizione del d. lgs. 74/2000, ampliando il novero delle dichiarazioni rilevanti al fine del reato ivi previsto mediante l’eliminazione dell’aggettivo “annuale”. L’iniziale proposta di introdurre una fascia di mera rilevanza amministrativa dei documenti falsi - sino a diecimila euro dell’importo in essi indicati – è stata abbandonata, vista anche la contraddizione interna con l’abrogazione - operata dalla legge 148/2011 e rimasta confermata nella formulazione odierna - dell’originario terzo comma dell’art. 2, che contemplava una pena più ridotta, da sei mesi a due anni, per il caso in cui gli elementi passivi fittizi fossero inferiori a euro 154.937,07. Sul punto, valga il richiamo alla Relazione di questo Ufficio del Massimario n. III/13/2011 del 20 settembre 2011, nella quale veniva già evidenziata “la vistosa differenza” esistente, quanto meno in astratto, tra il trattamento sanzionatorio riservato al reato di presentazione di una dichiarazione fraudolenta con utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, anche di modestissimo importo, e quello previsto per il delitto di omessa dichiarazione; una differenza che risalta anche nell’odierno assetto, dove se è vero che la
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