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commissiva nella quale il supporto fraudolento deve tradursi in espressioni (le operazioni simulate, l’utilizzo di documenti falsi o di altri artifici) oggettivamente distinte dalle mere violazioni contabili, funzionali a dare credibilità alla dichiarazione mendace e dotate dunque di idoneità decettiva; comportamenti la cui capacità ingannatoria, in assenza di elementi tipizzati, è rimessa al libero convincimento del Giudice, chiamato a decidere se gli stessi siano atti ad eludere la normale possibilità di accertamento del mendacio seguendo le regole di ordinaria diligenza.
Nella Relazione illustrativa27 è espresso il timore che, una volta venuto meno il riferimento alla falsa rappresentazione contabile quale requisito di fattispecie, la giurisprudenza possa essere indotta a far rientrare proprio nel concetto di mezzi fraudolenti le suddette violazioni; ciò soprattutto nel caso di indicazione - nelle fatture o nelle annotazioni nelle scritture - di corrispettivi inferiori a quelli effettivi, potendosi in tal caso teoricamente ipotizzare che si sia di fronte alla creazione (e al conseguente utilizzo a supporto della dichiarazione) di documenti ideologicamente falsi: si teme allora che una siffatta interpretazione, lungi dall’ottenere gli auspicati effetti di deflazione del settore penale tributario, comporti una trasformazione dei fatti di evasione attualmente qualificabili come dichiarazione infedele in fatti di dichiarazione fraudolenta (peraltro aventi soglie di punibilità notevolmente più basse) nei confronti della gran parte dei contribuenti tenuti alla fatturazione e alla tenuta delle scritture contabili.
Al riguardo, si può prudentemente ipotizzare che la più volte ribadita28 necessità di un quid pluris per la configurazione del mezzo fraudolento possa difficilmente condurre, solo
27 Rel. Ill., cit., pag. 8.
28 Sez. 3, n. 2292 del 22 novembre 2012, Stecca, Rv. 254136.
per effetto della soppressione dell’elemento della falsa rappresentazione nelle scritture contabili, ad un disconoscimento di un principio espresso nella vigenza della legge 516/1982 ma mai abbandonato, per il quale - siccome ai fini della frode fiscale non è sufficiente semplicemente indicare nella dichiarazione componenti positivi inferiori al reale o componenti negativi superiori, ma occorre invece che nel far ciò si utilizzino "documenti attestanti fatti materiali non corrispondenti al vero" ovvero si pongano in essere "altri comportamenti fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento dei fatti materiali" - la mera sottofatturazione dei ricavi non costituisce comportamento fraudolento29. Peraltro, un ulteriore ostacolo alla interpretazione paventata potrebbe derivare dal riconoscimento della disparità di trattamento tra omessa fatturazione e sottofatturazione, la cui eventuale inclusione nell’orbita del nuovo art. 3 farebbe punire in modo più grave un comportamento che non solo si estrinseca in modo simile alla omessa fatturazione, ma che rispetto a quest’ultima risulta anche essere meno lesivo degli interessi dell'Erario, posto che almeno una parte dei corrispettivi non vengono sottratti alla imposizione.
Non è questa la sede per analizzare le possibili concrete estrinsecazioni dei “mezzi fraudolenti”: a supporto della lettura della norma, può essere utile ricordare come, nella non sempre agevole opera di demarcazione della fattispecie, la giurisprudenza di legittimità abbia sempre guardato alla ricorrenza o meno, nella fattispecie esaminata, di una particolare potenzialità decettiva del mezzo adoperato30.
29 Sez. 3, n. 9486 del 12 maggio 1999, Tomatis, Rv. 214076, cit.
30 La riconosciuta potenzialità ingannatoria ha condotto la Corte a ritenere integrati gli estremi del reato previsto dall’art. 3 nel regime sinora in vigore, nell’ordine:
- nella condotta di chi, ricorrendo ad artifici realizzati mediante gli strumenti informatici di tenuta della contabilità, altera in maniera sistematica le risultanze contabili e la loro rappresentazione (Sez. 3, n. 13641 del
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