Page 37 - Microsoft Word - ReatiTributari.doc
P. 37

sentenza n 15374 del 2002 ha statuito che in tema d'imposta sul valore aggiunto, la fatturazione effettuata in favore di soggetto diverso da quello effettivo non è riconducibile ad una ipotesi di fatturazione con "indicazioni incomplete o inesatte" di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 41, comma 3, ne' a quella di omissione dell'indicazione dei soggetti tra cui la operazione è effettuata, prescritta dall'art. 21, comma 2, n. 1, stesso decreto. Di conseguenza deve essere necessariamente riconducibile ad un'operazione inesistente. Invero, tutto il sistema dell'Iva poggia sul presupposto che tale imposta sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili (che a sua volta potrà compensarla con l'Iva versata per l'acquisto di beni e di servizi) mentre il versamento dell'Iva ad un soggetto non operativo apre la strada al recupero indebito dell'Iva stessa. Il principio è stato anche affermato dalla Corte CE, nella decisione n. 78 del 2003. In tale decisione si è sottolineato che l'avvenuta fatturazione di un'operazione con applicazione dell'Iva mediante addebito alla controparte non è elemento assorbente per stabilire che l'Iva resti definitivamente dovuta. Quest'effetto discende, in altre parole, dalla ricorrenza delle condizioni oggettive e soggettive per l'applicazione del tributo, rispetto alle quali l'addebito, isolatamente considerato, non ha che una valenza indicativa del comportamento tenuto dal soggetto passivo. Cercando di astrarre dei principi dall'affermazione della Corte, si può stabilire che l'imposta si applica sulle operazioni che oggettivamente e soggettivamente sono comprese nella sfera di applicazione del tributo; di qui nasce l'obbligo della rivalsa (cioè dell'addebito), in mancanza del quale non può sorgere nella controparte il potere di esercitare la detrazione. Per la realizzazione dello schema attuativo dell'Iva nel suo complesso l'addebito è necessario ma non sufficiente. La soggezione di un'operazione ad Iva, peraltro, non dipende dall'addebito (altrimenti basterebbe ometterlo - o effettuarlo - per condurre l'operazione stessa fuori dal - o rispettivamente dentro il -
campo applicativo dell'imposta) ma esclusivamente dalla ricorrenza delle condizioni normative (desunte da direttive comunitarie e legislazione interna) che riguardano gli elementi oggettivo e soggettivo. Pertanto, non è possibile assegnare all'avvenuto addebito dell'imposta un'efficacia sostitutiva della ricorrenza delle condizioni normative, ne' l'esercizio della rivalsa costituisce prova certa dell'appartenenza dell'operazione al campo di applicazione dell'Iva, ma, al più, semplicemente un elemento indiziario che denota la convinzione delle parti in buona fede di dover ricondurre lo schema contrattuale della cessione o della prestazione all'interno di quel campo. In conclusione non v'è perfetta simmetria tra pagamento dell'Iva e diritto al rimborso. Pertanto esporre dati fittizi anche solo soggettivamente significa creare le premesse per un rimborso al quale per il principio dianzi esposto non si ha diritto. L'indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura, non è circostanza indifferente ai fini dell'Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell'aliquota e, conseguentemente, sull'entità dell'imposta che l'acquirente può legittimamente detrarre...>>.
Orbene, alla luce di tali premesse, non pare così scontata l’ipotesi – prospettata nelle prime osservazioni allo schema di decreto – secondo cui, per effetto del formale riferimento al compimento di “operazioni simulate (anche) soggettivamente”, il legislatore abbia inteso riattrarre nell’orbita applicativa dell’art. 3 anche le situazioni testé evidenziate.
Sotto il profilo testuale, infatti, ai fini della esatta definizione dell’attuale perimetro del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 del d. lgs. 74/2000), occorre pur sempre fare riferimento alla definizione che di tali fatture o altri documenti fornisce la lett. a) dell’art. 1, disposizione che non è stata affatto incisa dalla riforma e che continua a qualificare per tali le “fatture o altri
37


































































































   35   36   37   38   39