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effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa... la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è quindi di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito. Infatti, il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca e quindi nelle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., il suddetto sequestro, deve intendersi come comprensivo non soltanto dei beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilità per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma altresì di ogni altra utilità che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attività criminosa>>.
Nell’affermare tali principi, la Corte ha espressamente qualificato come risparmio di spesa il profitto, corrispondente all’imposta evasa, derivante dal reato tributario.
Come intuibile, il recepimento di una tale nozione di profitto conduce ad una allargamento della sfera applicativa della confisca, idonea a colpire ogni utilità, anche indiretta e riflessa, derivante dal reato.
Sul tema sono nuovamente intervenute le Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza emessa il 24 aprile 2014, n. 38343, Rv. 261117, nel processo per i tragici fatti della “Thyssen”, in cui non si verteva su risparmi di spesa derivanti dal mancato pagamento della imposta, quanto, su mancati esborsi, cioè sul denaro che avrebbe dovuto essere speso nel corso degli anni dalla società se questa avesse osservato le prescrizioni in tema di sicurezza sul lavoro.
La Corte di cassazione, nel confermare la confisca delle somme in sequestro, ha sostanzialmente recepito il principio affermato nella sentenza “Gubert” secondo cui “il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca deve intendersi come comprensivo non soltanto dei beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilità per
effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma altresì di ogni altra utilità che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attività criminosa”.
Dalla ricostruzione estensiva della nozione di profitto, e, in particolare, dalla possibilità di far rientrare in essa ogni utilità, anche indiretta e mediata, derivante dal reato sembrerebbe essersi allontanata Sez. Un., 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci, che, pur facendo riferimento al c.d. profitto accrescitivo, pare aver riaffermato la necessità ai fini della individuazione della nozione di profitto che il vantaggio derivi in via diretta ed immediata dal reato.
10.1.2. (segue): sulla natura della confisca di somme di denaro depositate su conto corrente bancario.
Chiarito che in tema di reati tributari il profitto è costituito dal risparmio di spesa in senso assoluto derivante dall’inadempimento di una obbligazione, la questione sulla quale si è diretta l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza è se la confisca delle somme di denaro depositate su un conto corrente bancario debba qualificarsi come diretta o per equivalente: il tema attiene, da una parte, alle caratteristiche intrinseche del bene oggetto dall’ablazione, cioè l’essere il denaro un bene fungibile, e, dall’altra, al nesso di pertinenzialità che, in caso di confisca diretta, deve intercorrere, tra il bene e il reato.
La questione non è meramente classificatoria. Qualificare la confisca delle somme di denaro disponibili su un conto corrente bancario come confisca diretta ovvero come confisca per equivalente produce infatti almeno due decisive conseguenze, alla luce dello stato attuale della giurisprudenza di legittimità.
La prima attiene alla possibilità di aggredire il patrimonio di un ente nel quale sia “rimasto” il profitto del reato fiscale commesso dal suo legale rappresentante.
La seconda riguarda la possibilità di disporre la confisca anche nel caso in cui il reato si estingua per prescrizione.
Si tratta di questioni che per la loro portata
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