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in casi in cui si discute di profitto - risparmio, la confisca delle somme di denaro come confisca per equivalente.
Prima della sentenza Gubert, attraverso Sez. III, 6 ottobre 2011, n. 36293, Leg. rappresentante Hipo Alpe Adria Bank s.p.a, Rv. 251133, in tema di reati tributari, la Corte ha testualmente affermato che l’inciso contenuto nell’art. 322 ter cod. pen. [quando essa non è possibile] è diretto a consentire la confisca per equivalente in ogni caso in cui il bene che costituisce il profitto del reato sia un bene fungibile, come il denaro, perché questo non può essere oggetto di confisca diretta, in quanto non materialmente individuabile.
Negli stessi termini, sempre in tema di reati tributari, Sez. III, 16 maggio 2012, n. 25677, Caneva e altro, in motivazione; Sez. III, 20 marzo 1996, n. 1343, P.M. in proc. Centofanti, Rv. 205466, secondo cui in tema di frode fiscale non è assoggettabile a sequestro preventivo nella prospettiva di una successiva confisca il saldo liquido di conto corrente in misura corrispondente all'imposta evasa non sussistendo il necessario rapporto di derivazione diretta tra l'evasione dell'imposta e le disponibilità del conto dal momento che non può affermarsi che la disponibilità liquida sia frutto dell'indebito arricchimento per una somma equivalente all'imposta evasa.
Sempre prima della sentenza Gubert, nell’ambito di tale orientamento devono essere ricondotte, ancora, Sez. III, 25 settembre 2012, n. 1261, Marseglia, Rv. 254175, in tema di reati tributari; Sez. VI, 23 giugno 2006, n. 25877, P.M. in proc. Maniglia, Rv. 234851, secondo cui <<qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali, ai sensi dell'art. 322 ter cod. pen., è prevista la confisca per equivalente, sia costituito da danaro, l'adozione del sequestro preventivo in vista dell'applicazione di detta misura non può essere subordinata alla verifica che il danaro sia confluito nella effettiva disponibilità dell'indagato giacché, altrimenti, si verrebbe a ristabilire la necessità di un nesso pertinenziale tra la "res" ed il reato che la legge, con l'istituto
della confisca per equivalente, ha inteso invece escludere>>; più recentemente, Sez. II, 29 aprile 2014, n. 21228, Riva Fire, s.p.a., Rv. 259717, in tema di truffa; Sez. VI, 20 dicembre 2013, n. 3635/2014, Riva Fire s.p.a., Rv. 257788.
In tale contesto, significativa è - dopo la sentenza Gubert - Sez. V, 4 giugno 2014, n. 27523, Argento e altro, Rv. 259855.
Nella specie era stato disposto un sequestro preventivo per equivalente di denaro corrispondente al valore derivante dalla mancata corresponsione di oneri previdenziali e contributivi cioè di un indebito trattenimento disposto per il reato di truffa: la Corte di cassazione ha affermato che quando la illecita locupletazione si sostanzia in un mancato esborso, il sequestro dovrà necessariamente avvenire "per equivalente" e ciò, non solo perché il denaro è bene assolutamente fungibile (di talché non avrebbe senso, come è ovvio, il vincolo apposto su quelle specifiche banconote), ma principalmente perché, in tal caso, esso non ha mai avuto una sua dimensione fisica, ma è consistito in una immateriale entità contabile che, proprio perché non ha dato luogo a un esborso, non si è mai "incorporata" in moneta contante.
Non diversamente, proprio in tema di reati tributari, Sez. III, 30 maggio 2014, n. 49631, P.M. in proc. Guarracino, Rv. 261148, in cui la Corte ha testualmente affermato che il denaro del quale è chiesto il sequestro non entra nel patrimonio del reo, andandosi a sommare con gli altri beni di esso facenti parte, ma, semplicemente, non ne esce, perché esso è illecitamente risparmiato, essendo il frutto della mancata corresponsione di imposte dovute.
Sulla base di tale presupposto, la Corte ha chiarito che, allorquando l’illecita locupletazione si sostanzia in un mancato esborso, il sequestro dovrà necessariamente avvenire nella forma per equivalente e ciò, non solo perché il denaro è bene assolutamente fungibile (di talché non avrebbe senso, come è ovvio, l'apposizione di un vincolo su taluni
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