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individuati beni nummari), ma principalmente perché, in tal caso, esso non ha mai avuto una sua materialità fisica, ma è consistito in una immateriale entità contabile che, proprio perché non ha dato luogo a un esborso, non si è mai reificata in moneta contante74.
Sul tema sono nuovamente intervenute le Sezioni unite della Corte di cassazione che, recependo i principi della sentenza Gubert, hanno ribadito che la confisca di somme di denaro depositate su conto corrente bancario costituenti prezzo o profitto (accrescitivo) del reato deve essere qualificata come confisca diretta (Sez. U., 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci).
10.1.3. (segue): considerazioni riepilogative.
Alla luce delle affermazioni delle Sezioni unite della Corte di cassazione sembrerebbe, allo stato, configurarsi un terzo genere di confisca. Il primo sarebbe costituito dalla classica forma di confisca diretta, avente natura di misura di sicurezza patrimoniale, sottratta allo statuto di garanzia di cui al principio di legalità, e che, attenendo alla res, richiederebbe sempre la prova del nesso di derivazione della cosa dall’illecito.
Il secondo sarebbe costituita dalla confisca c.d. di valore, avente, secondo l’orientamento maggioritario, natura punitiva, riconducibile, quanto alla natura giuridica, nel genus delle sanzioni “penali” e quindi al principio di legalità penale in tutte le sue espressioni di garanzia, come il divieto di interpretazione analogica o il principio di irretrottività. Tale forma di confisca prescinde dalla prova della pertinenzialità della res dall’illecito, essendo sufficiente che il reo abbia la disponibilità della cosa.
Una terza forma di confisca, quella avente ad oggetto somme di denaro, che sembra
74 Nel senso che in tema di reati tributari la confisca del profitto ha natura di valore, tra le altre, Sez. III, 8 gennaio 2014, n. 25166, Rv. 247770; Sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887, Rv. 263409; Sez. III, 6 febbraio 2014, n. 18308, Rv. 261501; Sez. VI, 16 dicembre 2014 n. 6705/15, Rv. 262394; Sez. III, 30 maggio 2014, n. 49631, Rv. 261148.
cumulare le caratteristiche delle prime due, nel senso che manterrebbe la natura giuridica di misura di sicurezza patrimoniale, con gli importanti corollari di essere soggetta all’art. 200 cod. pen. e non al principio di legalità penale in tutte le sue manifestazioni, ma, al tempo stesso, non richiederebbe la prova del nesso di derivazione del bene dall’illecito.
10.1.4. (segue): i corollari che ne derivano.
Qualificare la confisca delle somme di denaro disponibili su un conto corrente bancario, come confisca diretta produce, come già detto, due decisive conseguenze.
La prima attiene alla possibilità di aggredire il patrimonio di un ente nel quale sia rimasto il profitto del reato fiscale commesso dal suo legale rappresentante.
La seconda riguarda la possibilità di disporre la confisca anche nel caso in cui il reato si estingua per prescrizione.
10.1.5. (segue): reati tributari e responsabilità dell’ente ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione sono state chiamate a dirimere la questione
relativa alla possibilità di disporre nei confronti dell’ente la confisca del profitto derivante del reato tributario commesso dal legale rappresentante della persona giuridica; il tema attiene alla possibilità di fare ricorso alla confisca allorquando si sia in presenza di uno sdoppiamento tra l'autore del fatto - ovvero la persona fisica - amministratore della persona giuridica - ed il soggetto nel cui patrimonio viene a maturare il profitto conseguito a mezzo del reato – ovvero la società che ha evaso l'imposta.
In tal caso, qualificare la confisca come diretta o per equivalente significava ammettere o escludere la possibilità di aggredire il patrimonio dell’ente, attesa, da un parte, la natura giuridica di sanzione della confisca prevista dall’art. 19 del d. lgs. n. 231 del 2001 nonché la natura punitiva della confisca di valore, e, dall’altra, la mancata previsione dei reati tributari fra quelli c.d. presupposto per la responsabilità da reato della persona giuridica.
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