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cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto. Anche in questo caso la qualificazione della confisca del denaro costituente profitto del reato tributario in termini di confisca diretta assume decisiva valenza perché consente, alle condizioni fissate dalle Sezioni unite, di disporre la confisca anche in presenza di un reato prescritto.
10.2. Il secondo comma del nuovo art. 12-bis del d. lgs. n.74 del 2000
Il secondo comma dell’art. 12 bis del d. lgs. n. 74 del 2000 prevede che la confisca, di cui al primo comma, “non opera” per la parte che il contribuente “si impegna a versare” all’erario anche in presenza di sequestro, e precisa che, in caso di mancato versamento, la confisca è sempre disposta.
La ratio di tale disposizione sembrerebbe quella di far prevalere le pretese dell’Erario su quelle ablatorie statuali, in modo non dissimile da quanto previsto all'art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2001 (che esclude la confisca all'ente "per la parte che può essere restituita al danneggiato") e in modo coerente con la previsione della causa di non punibilità per estinzione del debito tributario (v. infra, art. 13).
La formulazione della norma è diversa da quella comparsa nello schema di decreto, in cui si faceva riferimento alla "parte che può essere restituita all'Erario".
Si erano segnalati da parte della dottrina i rischi connessi all’allora dato letterale della disposizione e se ne era auspicata una maggiore precisione, così da limitare i relativi problemi interpretativi e applicativi, inerenti - ad esempio - alla possibilità o meno, per il reo, di evitare l'esecuzione della misura ablativa allegando un programma di restituzione rateizzata del debito. Una simile preoccupazione era stata manifestata anche dalle competenti commissioni parlamentari chiamate ad esprimere un parere sullo schema citato: la locuzione "può essere restituita" è stata infatti ritenuta "suscettibile di ingenerare dubbi applicativi" e se ne auspicava la
modifica75.
L'intervento manipolativo è stato operato, ma il risultato non sembra eliminare una serie di profili problematici.
Infatti, “se - da un lato - può apparire ragionevole non assoggettare a sequestro chi dimostri la concreta possibilità e intenzione di restituire all'Erario l'imposta evasa, così che possa godere degli istituti premiali che la stessa riforma introduce e che, altrimenti, rischierebbe di vedersi ingiustamente preclusi; per altro verso, sembra irragionevole permettere al condannato di evitare la confisca semplicemente "impegnandosi a versare all'Erario" ciò che, fino a quel momento, non ha mai versato e che presumibilmente non verserà certo dopo la pronuncia della sentenza. In relazione alla confisca giunta a valle della condanna, quindi, sarebbe stato preferibile che la norma si esprimesse in termini di "parte che è già stata restituita", così da godere di maggiore precisione e da recepire l’approdo giurisprudenziale secondo cui la restituzione all'erario del profitto del reato fa venir meno lo scopo perseguito con la confisca”76.
La Corte di cassazione aveva infatti affrontato la questione relativa al se l'intervenuta sanatoria della posizione tributaria potesse determinare il venir meno dei presupposti della confisca e, quindi, consentire la revoca del sequestro prevenivo disposto in funzione della futura esecuzione di tale misura ablativa. La Corte aveva osservato che col versamento dell'imposta evasa veniva meno la funzione sanzionatoria della confisca e che tale finalità si realizzava attraverso l'eliminazione dell'ingiustificato arricchimento derivante dalla commissione del reato, impedendo che, attraverso l'impiego dei beni di provenienza delittuosa o del loro equivalente, il colpevole
75 Si tratta, in particolare, della condizione di cui alla lett. k) del parere reso dalle Commissioni riunite II Giustizia e VI Finanze della Camera dei Deputati.
76 Cosi testualmente Finocchiaro, La riforma dei reati tributari: un primo sguardo al d. lgs. 158/2015, in diritto penale contemporaneo, 9 ottobre 2015.
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