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potesse assicurarsi quel vantaggio economico che era oggetto specifico del disegno criminoso77; in tal caso, si assumeva, ove fosse stata accertata la responsabilità dell'indagato, alle pene previste per i reati finanziari di cui al d.lvo n. 74 del 2000 si sarebbe dovuta aggiungere, quale sanzione accessoria, la confisca di beni di valore equivalente a quello costituente il profitto del reato. Secondo la Corte, tuttavia, se il reo avesse provveduto al pagamento dell'imposta, considerato che il profitto suscettibile di confisca corrisponde all'ammontare dell'imposta evasa, col pagamento sarebbe venuto meno qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablatorio, cioè, la stessa ragione giustificatrice della confisca, da rinvenirsi proprio nella necessità di evitare che il conseguimento dell'indebito profitto del reato si consolidi in capo al reo.
La Corte aveva aggiunto che non doveva farsi discendere dalla natura di pena accessoria di tale forma di confisca la conclusione che essa avrebbe dovuto sempre e comunque trovare applicazione (nel caso di accertamento della responsabilità), anche quando l'indagato avesse provveduto a sanare il suo debito verso l'erario. La natura prevalentemente sanzionatoria riconosciuta non doveva cioè condurre ad un indiscriminato automatismo nella sua applicazione, che non tenesse conto che con l'adempimento, sia pure tardivo, dell'obbligazione tributaria, veniva meno quel profitto del reato che la misura ablatoria era destinata ad aggredire.
Diversamente opinando, si sarebbe assistito, secondo la Corte, ad un ingiustificato ricorso alla misura sanzionatoria in quanto l'indagato, oltre ad aver adempiuto al suo debito verso l'amministrazione finanziaria, si sarebbe visto privato, all'esito dell'accertamento della responsabilità penale, anche di beni equivalenti per valore al profitto del reato, ormai dismesso con il versamento dell'imposta evasa.
77 Sez. III, 1 dicembre 2010, n. 10120, Rv. 249752.
Ne discendeva, secondo il Supremo Collegio, che l'adempimento del debito verso l'amministrazione finanziaria faceva venir meno lo scopo principale che si intendeva perseguire con la confisca.
La restituzione all'erario del profitto derivante dal reato eliminava in radice lo stesso oggetto sul quale avrebbe dovuto incidere la confisca. Pertanto il mantenimento del sequestro preventivo in vista della confisca, nonostante l'intervenuta sanatoria fiscale, avrebbe dato luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto col principio che l'espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivato.
Il corollario che se ne faceva derivare era che il mantenimento della misura ablativa era giustificato fino al momento in cui era realizzato il recupero delle imposte evase a favore dell'amministrazione finanziaria con corrispondente deminutio del patrimonio personale del contribuente, momento superato il quale non aveva più ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo78.
È fondato ritenere il principio affermato alla giurisprudenza quello per cui il pagamento integrale del debito impedisce la confisca e, se intervenuto prima dell’adozione della misura ablativa, impone la revoca del sequestro; in caso di restituzione parziale del profitto, il
78 Sez. III. 1 dicembre 2010, n. 10120/11, Rv. 249752; Sez. III, 17 luglio 2012, n. 46726, Rv. 253851; in senso simmetrico si pongono le pronunce secondo cui in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa (Sez. III, 8 gennaio 2014, n. 6635, Rv. 258903; Sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887, Rv. 263409).
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