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sequestro preventivo e l’eventuale confisca non potrebbero essere disposti o mantenuti in relazione a quanto effettivamente restituito.
In tale contesto si colloca la norma in esame, che, nonostante la modifica intervenuta nel corso dell’iter parlamentare, non recepisce i principi elaborati dalla giurisprudenza ma fa riferimento all’”impegno di restituire”, cioè all’assunzione dell’obbligo restitutorio del profitto da parte del reo.
La norma non chiarisce in cosa debba consistere “l’impegno”:
a) se esso debba avere carattere formale con l’amministrazione finanziaria;
b) se, per produrre effetti nel procedimento penale, possa essere anche solo unilaterale, cioè solo del soggetto che “rischia” la confisca del profitto o se, invece, come parrebbe logico, debba essere consacrato in un accordo con l’Amministrazione finanziaria che, quindi, fornisca un riscontro formale al giudice penale del’intervenuto obbligo restitutorio, della sua entità, delle sue modalità adempitive;
c) quale sia il termine ultimo entro il quale l’impegno a restituire possa intervenire;
d) se la prestazione restitutoria concordata possa essere adempiuta da un terzo garante o debitore ceduto.
Con specifico riferimento a tale ultimo complesso profilo, in questa sede è sufficiente evidenziare che la Corte di cassazione in passato aveva affermato che la sanatoria della posizione tributaria non determinava il venir meno dei presupposti della confisca per equivalente (e del prodomico sequestro), nel caso in cui il versamento all''Erario dell'imposta evasa fosse eseguito non da parte dall'obbligato principale, bensì da parte terzi garanti, ragione per cui permarrebbe in capo al primo l'indebito vantaggio economico conseguito dall'azione criminosa che giustifica il mantenimento del sequestro, proprio perché ad effettuare il pagamento sono terzi e non il reo, che continua a fruire di tali vantaggi (Sez. VI, 9 aprile 2010, n. 25166, Rv. 247770).
Sul tema, deve essere segnalata anche Sez. III, 8 gennaio 2014, n. 6635, Rv. 258903, secondo
cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto corrispondente all'imposta evasa non può essere mantenuto qualora, a seguito di procedura coattiva di pignoramento presso terzi, intrapresa dall'agente della riscossione ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, il debito di imposta sia stato integralmente adempiuto dal terzo debitore in luogo del contribuente effettivamente obbligato verso l'Amministrazione finanziaria, posto che, per effetto di questa operazione solutoria, non residua all'indagato alcun indebito arricchimento o vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa.
La norma in esame non è inoltre chiara sul se la confisca, in presenza “dell’impegno a versare”, possa o meno essere disposta.
Nonostante la parte finale della disposizione precisi che, in caso di mancato versamento, “la confisca è sempre disposta”, e lasci in tal modo sullo sfondo l’opzione interpretativa secondo cui solo il mancato versamento consentirebbe la adozione della confisca, una opzione interpretativa differente sembra ipotizzabile. L’uso del termine “opera” utilizzato nella prima parte della norma sembrerebbe interpretabile nel senso di ritenere che la confisca debba comunque essere disposta nonostante l’impegno a restituire e che essa, nondimeno, produca effetti (operi) e, quindi, sia eseguibile solo in un momento successivo, cioè in caso di mancato adempimento dell’impegno assunto. In tale contesto si dovrebbe ipotizzare una forma di costante e virtuosa comunicazione tra amministrazione finanziaria e Autorità giudiziaria finalizzata ad informare quest’ultima della esecuzione del programma obbligatorio e, soprattutto, dell’intervenuto inadempimento dell’obbligo restitutorio.
Il corollario che pare potersi fare derivare è, quindi, che comunque il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, adottato prima o dopo l’ “impegno a restituire”, dovrebbe ritenersi legittimo.
Non è chiaro ancora quale sia il termine ultimo entro il quale l’impegno a versare il profitto
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