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annullato con rinvio l’ordinanza di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente eseguito a carico degli amministratori della società, chiamati a rispondere dell’illecito tributario, senza che fosse stata prioritariamente indagata l’esistenza nel patrimonio della società, debitore dell’imposta evasa, di beni direttamente o indirettamente riconducibili al profitto del reato].
E ciò con l’ulteriore precisazione che, poiché in materia di reati tributari non è prevista la responsabilità dell’ente ex decreto legislativo n. 231 del 2001, non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per equivalente” nei confronti della persona giuridica, qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa; a meno che la persona giuridica sia uno “schermo fittizio” attraverso cui l’amministratore abbia agito come effettivo titolare, giacchè, in tale evenienza, la trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente non si atteggerebbe alla stregua di un trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia, rimanendo, cioè, il bene sempre nella sostanziale disponibilità dell’autore del reato e solo in “apparente” vantaggio dell’ente [cfr. Sezioni unite, 30 gennaio 2014, Gubert, nonché, Sezione III, febbraio 2014, Proc. Rep. Trib. Genova in proc. Masi].
Le questioni dubbie. - Ciò detto, vanno affrontati alcuni aspetti problematici indotti dalla nuova formulazione normativa.
La novità più importante e problematica è, in effetti, contenuta nel comma 2 del nuovo articolo 12 bis laddove si prevede che la confisca “non opera” per la parte che il contribuente “si impegna a versare” all’erario anche in presenza di sequestro, precisandosi peraltro che, in caso di mancato versamento, la confisca è sempre disposta.
Si tratta:
1) di interpretare in cosa consista l’“impegno” del contribuente, idoneo ad impedire la
confisca;
2) di verificare, in tale evenienza, gli effetti dell’impegno rispetto al sequestro preventivo finalizzato alla confisca [adottando o da adottare];
3) di stabilire, poi, a fronte di una disciplina silente, se sia individuabile un termine entro il quale l’impegno del contribuente possa legittimamente impedire l’effetto ablativo. L’impegno del contribuente: contenuto.- Quanto al primo profilo, nonostante una formulazione normativa atecnica e corriva, sembra corretto ritenere che, pur operando il principio del libero convincimento, con la conseguente assenza di una prova legale cui possa ritenersi subordinata la dimostrazione dell’impegno, quest’ultimo possa e debba essere valorizzato e considerato per giustificare la non operatività della confisca solo se si sostanzi in un impegno formale e tipico che il contribuente abbia assunto con l’amministrazione finanziaria, attraverso soprattutto il ricorso alle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
Non potrebbe comunque ritenersi satisfattivo un impegno unilateralmente assunto dal contribuente, il quale, quindi, per paralizzare l’effetto ablativo, dovrebbe necessariamente attivarsi con l’amministrazione finanziaria e produrre davanti all’autorità giudiziaria l’accordo in quella sede raggiunto, nelle forme tipiche di cui si è detto. A conforto di tale soluzione, come si vedrà anche infra, sta il carattere “obbligatorio” del sequestro e della confisca, tale da non legittimare scorciatoie probatorie che consentano di eludere l’applicazione di istituti che, come si è visto, soddisfano una importante finalità di tipo sanzionatorio-ablatorio.
Impegno e sequestro. - Vale piuttosto osservare, venendo al secondo profilo, che un accordo in tal senso, laddove positivamente valutato, non solo varrebbe per paralizzare la confisca, ma potrebbe riverberare i propri effetti anche sul sequestro preventivo.
Non ovviamente nel senso che l’impegno
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