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(Omissis)
Considerato
in
diritto
1.
Il
ricorso
è
infondato.
L'art.
11
d.lgs.
74/2000
sanziona,
come
è
noto,
chiunque,
al
fine
di
sottrarsi
al
pagamento
di
imposte
sui
redditi
o
sul
valore
aggiunto,
ovvero
di
interessi
o
sanzioni
amministrative
relativi
a
dette
imposte,
per
un
ammontare
complessivo
superiore
a
50.000,00
euro,
aliena
simulatamente
o
compie
altri
atti
fraudolenti
sui
propri
o
su
altrui
beni,
idonei
a
rendere
in
tutto
o
in
parte
inefficace
la
procedura
di
riscossione
coattiva.
La
giurisprudenza
di
questa
Corte
ha,
nel
tempo,
chiarito
che,
ai
fini
della
configurabilità
del
reato,
si
richiede
esclusivamente
che
l'atto
simulato
di
alienazione
o
gli
altri
atti
fraudolenti
sui
beni
siano
idonei
ad
impedire
il
soddisfacimento
totale
o
parziale
del
credito
tributario,
non
essendo
necessaria
la
sussistenza
di
una
procedura
di
riscossione
in
atto
(Sez.
3,
n.
39079
del
9/4/2013,
Barei
e
altro,
Rv.
256376;
Sez.
3,
n.
14720
del
6/3/2008,
P.M.
in
proc.
Ghiglia,
Rv.
239970;
Sez.
5,
n.
7916
del
10/1/2007,
Cutillo,
Rv.
236053),
con
la
conseguenza
che,
sotto
il
profilo
psicologico,
deve
sussistere
il
dolo
specifico,
rappresentato
dal
fine
di
sottrarsi
al
pagamento
del
proprio
debito
tributario
e,
sotto
il
profilo
materiale,
deve
porsi
in
essere
una
condotta
fraudolenta
atta
a
vanificare
l'esito
dell'esecuzione
tributaria
coattiva,
la
quale
non
configura
un
presupposto
della
condotta,
in
quanto
è
prevista
dalla
legge
solo
come
evenienza
futura
che
la
condotta,
pena
rientranti
nell’art.
1
del
decreto
legislativo
(cioè
non
superiori
nel
massimo
a
cinque
anni):
nella
specie,
infatti,
il
reato
tributario
di
cui
all’art.
11
D.Lgs.
74/2000
era
stato
riformato
nel
2010,
dopo
la
commissione
del
fatto,
e,
mentre
all'epoca
della
commissione
del
fatto
la
pena
comminata
era
la
reclusione
da
sei
mesi
a
quattro
anni,
dopo
la
riforma
del
2010,
nell'ipotesi
di
imposte
di
ammontare
superiore
a
200.000
euro
(come
nella
specie)
la
pena
edittale
è
diventata
della
reclusione
da
uno
a
sei
anni.
idonea,
tende
a
neutralizzare
(Sez.
3,
n.
14720
del
6/3/2008,
P.M.
in
proc.
Ghiglia,
Rv.
239970,
cit.).
L'oggetto
giuridico
del
reato
in
esame
non
è,
pertanto,
il
diritto
di
credito
del
fisco,
bensì
la
garanzia
generica
data
dai
beni
dell'obbligato,
cosicché
esso
può
configurarsi
anche
qualora,
dopo
il
compimento
degli
atti
fraudolenti,
avvenga
comunque
il
pagamento
dell'imposta
e
dei
relativi
accessori
(Sez.
3,
n.
36290
del
18/5/2011,
Cualbu,
Rv.
251077).
Si
tratta,
dunque,
di
un
reato
di
pericolo,
rispetto
al
quale
la
condotta
penalmente
rilevante
può
essere
costituita
da
qualsiasi
atto
o
fatto
fraudolento
intenzionalmente
volto
a
ridurre
la
capacità
patrimoniale
del
contribuente
stesso,
riduzione
da
ritenersi,
con
un
giudizio
ex
ante,
idonea
sia
dal
punto
di
vista
quantitativo
che
qualitativo,
a
vanificare
in
tutto
od
in
parte,
o
comunque
rendere
più
difficile,
una
eventuale
procedura
esecutiva
(così
Sez.
3,
n.
39079
del
9/4/2013,
Barei
e
altro,
Rv.
256376,
cit.).
Si
è
ulteriormente
rilevato,
considerando
il
tenore
dell'art.
11
d.lgs.
74/2000,
che
esso
contempla,
oltre
alla
alienazione
simulata,
il
generico
richiamo
ad
altri
atti
la
cui
connotazione
comune
è
data
dal
loro
carattere
fraudolento,
da
intendersi
come
comportamento
che,
sebbene
formalmente
lecito
-‐
come
peraltro
lo
è
l'alienazione
di
un
bene
-‐
sia
però
caratterizzato
da
una
componente
di
artificio
o
di
inganno
(Sez.
3,
n.
25677
del
16/5/2012,
Caneva
e
altro,
Rv.
252996).
Si
è
conseguentemente
ritenuto
configurato
il
reato
in
esame
in
ipotesi
di
cessione
simulata
dell'avviamento
commerciale
(Sez.
3,
n.
37389
del
16/5/2013,
P.M.
in
proc.
Ravera,
Rv.
257589),
cessione
di
immobili
e
quote
sociali
alla
convivente
da
parte
di
un
commercialista
(Sez.
3,
n.
39079
del
9/4/2013,
Barei
e
altro,
Rv.
256376,
cit.),
pluralità
di
trasferimenti
immobiliari
(Sez.
3,
n.
19524
del
4/4/2013,
Antonini,
Rv.
255900),
costituzione
di
un
fondo
patrimoniale
ex
art.
167
cod.
civ.
(Sez.
3,
n.
40561
del
4/4/2012,
Soldera,
Rv.
253400),
messa
in
atto,
da
parte
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