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Pur
se
la
precisazione
non
era
necessaria23,
la
disposizione
ricorda
che
in
presenza
delle
circostanze
ricordate
(spesso
differenziate
normativamente
dalle
altre
aggravanti)
non
rileva
l’eventuale
concorrenza
di
circostanze
attenuanti
di
qualunque
natura.
Non
deve,
dunque,
operarsi
il
giudizio
di
bilanciamento.
4.1.3
Alcuni
criteri
orientativi
derivanti
dalle
condizioni
di
applicabilità
Viene
individuato
un
limite
di
pena
detentiva
edittale
“elevato”
che
svela
la
volontà
del
legislatore
di
raggiungere,
per
quanto
possibile,
gli
obiettivi
di
“proporzione
ed
economia
processuale”.
Un
limite
che
comprende
reati
per
i
quali
è
anche
consentita,
ad
esempio,
la
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere
(ex
art.
280,
co
2,
c.p.p.)24.
La
scelta
di
ancorare
l’applicabilità
dell’istituto
al
limite
edittale
della
pena
detentiva,
senza
alcun
richiamo
a
singole
fattispecie
(escludendole
o
includendole),
comporta
che
non
può
desumersi
uno
specifico
criterio
orientativo
dalla
specie
e
genere
della
pena
(detentiva
o
pecuniaria,
contravvenzione
o
delitto)
o
dalla
sua
entità.
Il
legislatore
ha
delineato
l’ambito
di
applicabilità,
rimettendo
l’individuazione
della
causa
di
non
punibilità
attraverso
la
verifica
dei
requisiti
previsti.
La
scelta
comporta
che
non
può
desumersi
un
indice
di
tenuità
dell’offesa
dall’entità
della
pena
edittalmente
prevista,
perché
altrimenti
si
verificherebbe
confusione
tra
esistenza
dei
presupposti
di
applicabilità
dell’istituto
(particolare
tenuità
dell’offesa
in
concreto
secondo
gli
indici
previsti)
e
astratta
23
Cfr.
ad
esempio,
S.C.
sent.
n.
21028/13.
24
La
misura
è
consentita
per
delitti
“per
i
quali
sia
prevista
la
pena
della
reclusione
non
inferiore
nel
massimo
a
cinque
anni”,
quindi
anche
se
puniti
nel
massimo
con
5
anni.
Dunque
la
pena
massima
di
5
anni
costituisce
il
limite
“inferiore
”
di
applicabilità
della
custodia
in
carcere
(vale
a
dire
“a
partire
da”)
e
il
limite
“superiore”
di
operatività
della
causa
di
non
punibilità
(vale
a
dire
“fino
a”).
offensività
desumibile
dai
limiti
edittali
di
pena.
Va
nuovamente
sottolineata
la
differenza
con
la
tenuità
del
fatto
prevista
nel
procedimento
innanzi
al
giudice
di
pace
che
opera
nell’ambito
di
specifiche
fattispecie
(individuate
dall’art.
4
d.lgs.
n.
274/2000),
peraltro
con
limiti
edittali
di
gran
lunga
inferiori
a
quelli
della
nuova
causa
di
non
punibilità.
4.2
Requisiti
di
applicabilità
Individuata
la
“cornice”
edittale
e,
dunque,
il
reato
per
cui
può
operare
l’istituto,
occorre
verificare
la
presenza
dei
presupposti
della
“particolare
tenuità
del
fatto”
normativamente
previsti,
che
devono
ricorrere
congiuntamente:
a)
la
particolare
tenuità
dell’offesa;
b)
la
non
abitualità
del
comportamento.
La
descrizione
dei
due
requisiti
consentirà
di
individuare
numerosi
criteri
applicativi.
4.2.1
a)
La
particolare
tenuità
dell’offesa
L’art.
131-‐bis,
comma
1,
c.p.
richiedendo
un’offesa
non
solo
tenue
(vale
a
dire
non
rilevante),
ma
anche
particolarmente
tenue,
evidenzia
la
volontà
di
ridurre
l’ambito
della
causa
di
non
punibilità
ai
soli
casi
in
cui
l’offesa
stessa
sia
significativamente
poco
rilevante25.
La
volontà
di
delimitare
l’applicabilità
dell’istituto
si
desume
anche
dall’indicazione
di
due
“indici”
che
devono
concorrere
congiuntamente
per
ritenere
la
“particolare
tenuità
dell’offesa”:
a1)
la
“modalità
della
condotta”
a2)
l’“esiguità
del
danno
o
del
pericolo”.
a1)
La
modalità
della
condotta
La
valutazione
della
modalità
della
condotta,
viene,
a
sua
volta,
delimitata:
25
Tale
intenzione
è
confermata
anche
dal
confronto
con
l’analoga
norma
del
processo
minorile,
in
precedenza
citata,
in
cui
si
parla
solo
di
“tenuità”.
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